Dal modello ‘tutto auto’ alla mobilità sostenibile (parte 3)

L'auto è in crisi ed è sempre più urgente puntare sulla mobilità sostenibile. Questa conversione richiede idee e progetti che dovrebbero essere sostenute dalle istituzioni pubbliche e dal Governo. Quali le linee guida per questa rivoluzione? La terza e ultima parte di un articolo di Anna Donati, responsabile del Gruppo di Lavoro "Mobilità Sostenibile" del Kyoto Club. Infrastrutture e riconversione della spesa.

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La prima parte dell’articolo


La seconda parte dell’articolo


Come negli altri settori della mobilità anche nel campo degli investimenti infrastrutturali serve riorientare la spesa dalle grandi opere inutili e dalla costruzione di nuove autostrade programmate verso le reti per la mobilità su ferro urbana e regionale, in coerenza con la strategia di sostegno verso la mobilità sostenibile. Metropolitane, tramvie e ferrovie suburbane sono il vero buco nero del nostro sistema di trasporti. In Italia ci sono 161 km di metropolitane e 591 km di ferrovie suburbane mentre in Germania sono ben 606 km di metro e 2.033 km di ferrovie urbane e dati analoghi ci sono in Francia, Spagna e Gran Bretagna (vedi rapporto Pendolaria 2010 Legambiente e i recenti dati presentati da Isfort-Federmobilità) E questo è anche un modo concreto per dare occupazione nel settore delle costruzioni per opere utili.

La Regione Campania dal 2000 al 2008 ha investito 3 miliardi nel sistema di metropolitana regionale: questa spesa costante in infrastrutture su ferro ha prodotto anche significativi dati occupazionali. Il CESIT (Centro Studi sui Sistemi di Trasporti) con dati elaborati per ACAM, (l’Agenzia Campana per la Mobilità di cui sono stata direttore per due anni) ha stimato un effetto occupazionale complessivo di 51.917 addetti, che hanno significato ogni anno 6.490 occupati negli interventi della rete metropolitana regionale (ACAM – Regione Campania. “Infrastrutture, Industria e servizi di trasporto e logistica in Campania 2009”. Terzo rapporto annuale). E’ un esempio importante che ha ancora più valore perché collocato nel Mezzogiorno d’Italia dove la disoccupazione è un dramma di proporzioni bibliche. Manca di nuovo il Governo, che d’intesa con le Regioni e le città metropolitane individui una spesa costante e duratura per questi investimenti infrastrutturali riconvertendo la spesa per le grandi opere inutili. 

Non sfugge a nessuno che la principale obiezione che verrà alla riconversione del sistema “tutto auto” verso un sistema di mobilità più appropriato e sostenibile, è che c’è bisogno di ingenti risorse pubbliche e private per poter camminare. E in tempi di risorse pubbliche scarse questo è un problema molto serio.


Una parte della spesa deve essere riconvertita da sussidi perversi che vengono dati adesso a sistemi da disincentivare come l’autotrasporto e le grandi opere inutili da destinare a trasporto combinato e infrastrutture ferroviarie urbane. In alcuni settori innovativi legati ai servizi di trasporto a domanda individuale dovrà essere incoraggiata e sostenuta l’iniziativa privata. Le aziende di trasporti pubblici su gomma e ferro dovranno fare la loro parte per l’efficienza dei costi perché è impensabile aumentare i servizi aumentando i debiti: efficienza, innovazione e rilancio devono essere diverse facce di una stessa strategia. La ricerca scientifica per veicoli innovativi e sui carburanti puliti e rinnovabili dovrebbe far parte di un filone di ricerca su cui investire per il futuro con la ricerca pubblica, così come gli investimenti per autobus e treni dovrebbe far parte di un progetto industriale promosso dal Governo.

Se si innesta un circolo virtuoso probabilmente anche la spesa delle famiglie che oggi destinano circa 115 miliardi ogni anno per l’uso dell’automobile (Automobile Club d’Italia – Censis. “Guidare meno, guidare sempre. XVIII Rapporto ACI-Censis 2010”, dicembre 2010) potrà essere riconvertita verso servizi di trasporto collettivo, verso servizi innovativi legati all’auto, alla bicicletta, al carsharing, sostenendo quindi la redditività di questi servizi offerti alla collettività.
Nel dibattito su Mirafiori c’è un dato che mi colpito e che è proprio alimentato dal sistema perverso di trasporti che non paga i suoi costi reali e scarica sulla collettività le esternalità negative. Il piano di rilancio punta a costruire SUV per il mercato americano, con componenti che provengono dagli Stati Uniti, assemblati a Torino, riportati e rifiniti negli USA e infine pronti per la vendita. Ecco un tipico sistema di trasporti insostenibile che andrebbe scoraggiato, ma questa è una delle tante distorsioni della globalizzazione.


 

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