Il buon gas è bio

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L'utilizzo del biogas da biomasse sta crescendo grazie alla fase congiunturale e agli incentivi Un articolo, pubblicato sulla rivista bimestrale QualEnergia, di Sergio Piccinini, Mariangela Soldano, Claudio Fabbri del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA SpA) di Reggio Emilia.

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La produzione di biogas da biomasse esercita, in questa fase di crisi del settore primario, una forte attrazione su quelle aziende agricole che sono alla ricerca di forme diversificate di reddito.
L’opportunità di incentivazione e la recente approvazione, in via definitiva, per gli impianti di taglia non superiore a 1 MWe della tariffa omnicomprensiva di 0,28 euro/kWh per l’energia elettrica immessa in rete e del coefficiente moltiplicativo di 1,8 per i certificati verdi per gli impianti di potenza elettrica installata superiore a 1 MWe (a patto che le matrici utilizzate siano in filiera agricola corta o da contratti di filiera) stanno determinando un interesse crescente e l’aumento del numero di impianti di biogas in Italia.

Nei Paesi UE la produzione di biogas per il 2008 è stata stimata di circa 7.542 ktep (1 ktep = 1.000 t equivalente di petrolio), di questi il 39% circa deriva dal recupero di biogas da discariche per rifiuti urbani. Il Paese con la maggiore produzione di biogas è la Germania, in particolare nel comparto agro-zootecnico, con una produzione totale stimata nel 2008 pari a 3.676 ktep.
Per quanto riguarda l’Italia, si calcola una produzione di biogas nel 2008 di 410 ktep (circa 4,7 TWh), dei quali circa il 79% è ottenuto dal recupero di biogas dalle discariche per rifiuti urbani. La produzione di energia elettrica da biogas nel 2008 in Italia è stata stimata di 1.600 GWh di cui 309 GWh da impianti in cogenerazione (Eurobserv’er, 2009).

Il CRPA svolge, con costante continuità e negli ultimi mesi all’interno del progetto Europeo SEBE (www.sebe2013.eu), un’attività di indagine degli impianti di digestione anaerobica operativi su tutto il territorio nazionale con particolare attenzione al settore agricolo, zootecnico e agroindustriale, al fine di creare un archivio capace di fornire un quadro quanto più completo possibile della dimensione del settore in Italia e delle principali caratteristiche degli impianti. Dalla precedente pubblicazione dei risultati del censimento degli impianti di biogas in Italia, effettuato dal CRPA nel 2007 (Piccinini, 2008), la situazione si è evoluta sia in termini di numero di impianti, ma anche di tipologia e dimensione, con un maggiore interesse verso la codigestione di biomasse di varia origine. Questo ha portato a un aumento di impianti che trattano colture energetiche, sottoprodotti dell’agroindustria e FORSU (frazione organica da raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, il cosiddetto umido domestico), con conseguente aumento della dimensione delle strutture e delle meccanizzazioni installate, come sistemi di pre-trattamento (pastorizzatori, trituratori, estrusori) e/o separatori del digestato, e della potenza elettrica installata.

IMPIANTI NUMEROSI
Alla data di marzo 2010 sono stati individuati complessivamente 319 impianti di biogas (Tabella 1) di cui 273 operano con effluenti zootecnici, colture energetiche e sottoprodotti/residui agroindustriali (impianti agro-zootecnici). Per questa tipologia il numero degli impianti è aumentato del 77% rispetto al dato (154 impianti) del 2007.

Per quanto concerne il settore dei rifiuti, invece, 14 impianti (tutti operativi) trattano la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) a volte in co-digestione con fanghi di depurazione.

Durante l’indagine è stato individuato anche un numero significativo di impianti, pari a 32, che trattano esclusivamente reflui provenienti dall’agroindustria localizzati soprattutto nelle aree a più elevata vocazione di lavorazione dei prodotti agricoli, come ad esempio in Veneto (10 impianti) ed Emilia-Romagna (7 impianti).
Rispetto all’anno 2007 (Tabella 2) il numero degli impianti operativi è cresciuto del 73% passando da 115 a 199, mentre la potenza elettrica installata come somma fra impianti operativi e in costruzione è passata da 49 a 140 MWe, con una crescita del 186%. La potenza elettrica indicata non comprende il valore di 32 impianti di cui non è disponibile il dato.

Da notare che gli impianti in costruzione rappresentano circa il 36% della potenza installata: la maggior parte di questi ha una potenza elettrica elevata, spesso pari o superiore a 1 MWe e prevede l’utilizzazione di quantità significative di colture dedicate. La potenza elettrica media degli impianti operativi al 2010 è pari a 450 kW circa, la potenza elettrica media degli impianti in costruzione e che entreranno in operatività presumibilmente entro la fine del 2010 è di 690 kW.

Nella mappa rappresentata in Figura 1 è possibile vedere la distribuzione degli impianti di biogas sul territorio nazionale. Risulta evidente una maggiore densità nella zona della Pianura Padana, nella quale è, peraltro, presente anche la maggior parte delle produzioni zootecniche del nostro Paese.

La Regione leader nello sviluppo del settore è la Lombardia con 150 impianti (102 dei quali dal settore agro-zootecnico), come conseguenza anche di una forte politica di incentivazione economica con bandi specifici di finanziamento; segue il Piemonte, il Veneto e l’Emilia Romagna. Il numero di impianti nelle altre regioni del Nord e Centro-Sud d’Italia rimane sempre più contenuto, seppur in discreto aumento. Considerando, complessivamente, i settori agro-zootecnici, FORSU e reflui agroindustriali (319 impianti) la potenza elettrica installata è superiore a 160 MW, di cui 140 MW (87,5%) dal settore agro-zootecnico. Il dato è parziale in quanto mancano informazioni su circa 40 impianti.

AUMENTO BIO
Di seguito sono riportati i risultati dell’elaborazione aggregata dei dati rilevati per gli impianti di biogas che operano nel settore agro-zootecnico. Per quanto riguarda la ripartizione degli impianti di biogas censiti per tipologia di substrato trattato, il 33% circa, pari a 91 impianti, utilizza solo effluenti zootecnici, mentre il 51%, ovvero 139 impianti, co-digerisce gli effluenti zootecnici con colture energetiche e sottoprodotti agroindustriali. Questo dato è decisamente in aumento rispetto a quello rilevato nel 2007, soprattutto nelle aree agricole a elevata vocazione produttiva di colture industriali o cerealicole: gli incrementi maggiori si sono avuti per gli impianti in co-digestione di effluenti, sottoprodotti agroindustriali e colture dedicate, mentre gli impianti a sole colture dedicate sono aumentati di molto in termini relativi ma non altrettanto in termini assoluti. Parte degli impianti censiti nella precedente indagine, che utilizzavano solo liquami zootecnici, hanno incrementato la potenza elettrica utilizzando colture dedicate e/o sottoprodotti agro-industriali o di altra origine. Interessante il dato sull’età di operatività degli impianti di biogas: poco più della metà, il 54%, sono entrati in funzione negli ultimi 5 anni. In questo numero sono compresi anche alcuni impianti che al momento sono in fase di start-up e quindi operativi a breve e comunque entro l’anno 2010.

Riguardo la potenza elettrica installata, nella maggior parte degli impianti censiti (Figura 2) è compresa tra 500-1.000 kWe (36,6%), seguono gli impianti nell’intervallo fra 101 e 500 kWe (22,3%). Al di sotto dei 100 kW, invece, ovvero nel settore degli impianti alimentati prevalentemente con effluenti zootecnici, il mercato non mostra segnali di interesse significativi (da 44 impianti nel 2007 a 49 impianti nel 2010, quindi un incremento +11,4%).

Ciò a rimarcare le dinamiche di un mercato che nel momento di forte espansione predilige la realizzazione e, conseguentemente, l’incentivazione anche a livello commerciale degli impianti a più elevato investimento e remuneratività, coinvolgendo soprattutto le aziende di grandi dimensioni. Ciò nonostante il mercato si sta rapidamente adeguando anche alle richieste di tante piccole aziende zootecniche che, non avendo terreni sufficienti o la possibilità per produrre colture dedicate da insilare, possono investire nel settore solamente utilizzando i propri effluenti zootecnici.
Si pensi a tale riguardo al divieto previsto dal Disciplinare del Consorzio Parmigiano-Reggiano di detenere e utilizzare insilati di qualunque genere in azienda. In queste realtà sono molte le iniziative imprenditoriali che stanno portando avanti progetti per la realizzazione di impianti interaziendali.

In merito alla tipologia di digestore prevalgono gli impianti CSTR (Completely Stirred Tank Reactor), pari a 155, ovvero digestori con vasche completamente miscelate e coibentate. Questa tecnologia è presente soprattutto negli impianti dove il substrato da digerire ha un contenuto di sostanza secca al carico inferiore al 20%. Il reattore a flusso orizzontale a pistone (PFR, Plug flow reactor) risulta impiegato in 63 impianti (il 23% del totale). Inoltre, c’è un impianto non-agrozootecnico, avviato di recente e alimentato con FORSU, che prevede il processo a secco con biocelle anaerobiche.

INCENTIVI
A seguito dell’approvazione in via definitiva degli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, il settore della digestione anaerobica ha visto, nel corso del 2009 e soprattutto nel 2010, una forte accelerazione. Il numero degli impianti è cresciuto, rispetto all’ultima indagine di CRPA del 2007, del 77% passando da 154 impianti a 273, di cui il 27% in costruzione. Lo sviluppo è stato fortemente indirizzato verso i grandi impianti, pari ad almeno 1 MWe. In questo contesto, comunque, è sempre fondamentale per l’imprenditore avere la consapevolezza che deve esserci un corretto equilibrio fra le biomasse disponibili in azienda o nelle immediate vicinanze e utilizzabili nell’impianto e il terreno necessario alla gestione agronomica del digestato prodotto.

Allo stato attuale, la realizzazione degli impianti vede fortemente coinvolte tecnologie di ditte straniere, in particolare quelle tedesche e austriache. Ciò nonostante, diverse ditte italiane stanno investendo nello sviluppo di proprie tecnologie, sia per piccoli che per grandi impianti.
Nel campo delle produzioni agro-zootecniche la produzione di energia elettrica rinnovabile rappresenta una grande opportunità imprenditoriale, anche per la possibilità di gestire tutto il valore aggiunto della filiera produttiva grazie alla certezza della vendita integrale della produzione e la presenza di un unico acquirente obbligato ad acquistare a un prezzo garantito per un periodo di tempo prefissato e, generalmente, molto più lungo dei tempi di ritorno dell’investimento. E di questa situazione favorevole, gli agricoltori sembrano essersene accorti.

Sergio Piccinini, Mariangela Soldano, Claudio Fabbri del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA SpA)

L’articolo è stato pubblicato sul n. 5/2010 della rivista bimestrale QualEnergia

 

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