Celle solari a polimeri sempre più efficienti?

Una soluzione tecnologica che promette di migliorare del 20% l'efficienza delle celle fotovoltaiche a polimeri, in genere con basse rese. Il segreto è in una superficie con rilievi micrometrici che intrappolano la luce. Un'innovazione molto interessante anche per le celle organiche.

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Celle solari realizzate con polimeri e rese più efficienti grazie ad una superficie che “intrappola il sole”. Arriva dalla Iowa State University e dagli Ames Laboratory un’innovazione che promette rese migliori per un tipo di celle fotovoltaiche particolari: quelle fatte non con silicio come nei pannelli tradizionali né con prodotti come silicio amorfo, tellururo o solfuro di cadmio, o arseniuro di gallio, come nei film sottili tradizionali, bensì polimeri, anche a base organica. Rispetto alle classiche celle al silicio, quelle polimeriche sono leggere, flessibili, utilizzano materiali abbondanti e sono molto economiche, ma, tra i punti deboli, hanno efficienze relativamente basse: dalla metà ad un terzo rispetto alle celle in silicio. Ma una soluzione trovata alla Iowa State University migliorerebbe sostanzialmente le loro prestazioni.

“La nostra tecnologia usa in maniera ottimale uno schema per intrappolare la luce”, spiega Sumit Chaudhary, ricercatore di ingegneria elettronica coinvolto nel progetto, “e così l’efficienza della celle viene migliorata del 20%“. L’innovazione, presentata recentemente su Advanced Materials, si basa sul substrato sul quale il film sottile a polimeri viene stampato. Il film sottile a polimeri viene infatti depositato su una superficie con un pattern particolare: dei solchi e dei rilievi di dimensioni micrometriche. I rilievi, che sono alti circa un micrometro, ossia un milionesimo di metro, e hanno una sezione a trapezio, ossia sono piatti sulla cima, riflettono la luce uno sull’altro e la intrappolano in quelle che chiameremo “valli”.

Tutto ciò, aspetto fondamentale, mantenendo le proprietà elettriche della cella. Dai test effettuati l’efficienza con questa soluzione sarebbe appunto migliorata del 20% rispetto a celle analoghe piane e si avrebbe un aumento del 100% della luce catturata con lunghezza d’onda vicino all’infrarosso.

L’idea di migliorare la resa delle celle usando substrati con microrilievi in realtà non è nuova: è infatti già usata anche nelle celle tradizionali al silicio. Ma i precedenti tentativi di applicare questa soluzione a celle ai polimeri finora erano sempre falliti per difficoltà tecniche. Alcuni tentativi avevano prodotto substrati analoghi ma con difetti, come uno spessore troppo sottile di film sui rilievi, con conseguenti perdita di carica e mandando in corto circuito solchi e rilievi, e quindi con una scarsa efficenza della cella. Ora però sembra che si sia trovata la strada giusta.

Un passo avanti importante per una tipologia di moduli, le celle a polimeri e quelle organiche che ha grandi potenzialità ma che deve ancora risolvere alcuni importanti problemi. Queste celle, costruite con materiali economici e disponibili in quantità (principalmente biossido di titanio e tinture a base di pigmenti organici sintetizzati biologicamente) hanno un processo di realizzazione molto semplice e promettono costi per watt fino a 10 volte inferiori a quelli delle cele tradizionali.

Trasparenti e flessibili, aprono ad applicazioni inedite e sarebbero ideali anche per grandi superfici, visto che rendono molto bene anche con una bassa insolazione. Tra i punti deboli quello della stabilità elettrica generale della cella e quindi della sua durata. Un aspetto su cui si sta lavorando (Qualenergia.it, Il cammino del fotovoltaico organico), realizzando celle più durevoli e ancora più facili da produrre. Se grazie ad innovazioni come quella della Iowa State University questi moduli saranno anche più efficienti del 20% il futuro delle celle a polimeri potrebbe molto interessante.

 

 

 

 

 

 

 

 

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