Wikileaks e i panni sporchi su clima ed energia

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Gli Usa pronti a ricattare e corrompere per il trattato di Copenhagen, gli interessi privati di Putin e Berlusconi sul gas russo, gi infiltrati di Shell nel governo Nigeriano. Tra le rivelazioni dei dispacci segreti diffusi da Wikileaks diverse riguardano la politica energetica e i negoaziati sui cambiamenti climatici.

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Ricatti e spionaggio, aziende che infiltrano governi, primi ministri che fanno affari personali sul gas: la bufera Wikileaks non risparmia il mondo dell’energia né quello dei negoziati sul clima. Anche per questi argomenti però si tratta di rivelazioni che, purtroppo, per i più disillusi non giungono di sorpresa. Che i rapporti tra Berlusconi e Putin in materia di energia seguissero logiche diverse dalla difesa della sicurezza energetica italiana ed europea, ad esempio, su queste pagine lo avevamo già fatto notare (Qualenergia.it, Afghanistan e gas. Berlusconi e Putin contro UE e Usa?). Dai dispacci secreti diffusi da Wikileaks nei giorni scorsi è poi emersa la conferma che a dettare la politica italo-russa in materia di gas è una rete di interessi personali (che Repubblica spiega bene in un’inchiesta a puntate che sta uscendo in questi giorni).


Anche per quel che riguarda i negoziati sul clima le rivelazioni di Wikileaks sono gravi, ma non sbalorditive. Dai cablogrammi pubblicati (consultabili qui o ordinati più praticamente dal sito del Guardian) emerge più che altro la spregiudicata azione semi-sommersa degli Usa per fare approvare il trattato di Copenhagen; un accordo contestato da molti anche perché redatto da poche nazioni a porte chiuse, senza impegni vincolanti e che segnerebbe la morte del trattato di Kyoto, aspetto sgradita ai paesi poveri che con Kyoto erano esentati da impegni.(Qualenergia.it, La delusione).


Gli Usa, dicono i dispacci rivelati (riassunti in questo pezzo del Guardian), avrebbero raccolto informazioni personali per poter ricattare i partecipanti ai negoziati e hanno tentato sistematicamente di “corrompere” alcuni paesi in via di sviluppo con promesse di fondi in cambio del loro appoggio. Maneggi più o meno all’ordine del giorno nella diplomazia internazionale e che non stanno facendo molto rumore a Cancun, dove i negoziati in corso minacciano di concludersi con un nulla di fatto (Qualenergia.it, Il diario dalla Cop 16 di Cancun (2). Prima settimana e aria di flop), confermando così il pessimismo che uno dei documenti del Dipartimento di Stato Usa svelati da Wikileaks attribuiva in proposito al presidente dell’Ue Herman Van Rompuy.


Altra brutta conferma giunta grazie al lavoro di Assange e compagni è quella sullo strapotere politico delle multinazionali del petrolio nei paesi di estrazione e della connivenza da parte del governo statunitense. Uno dei dispacci segreti diffusi vede un diplomatico Usa raccontare come Shell sia riuscita a inserire suoi uomini in tutti i principali ministeri del governo nigeriano e dimostra come tra la compagnia e i diplomatici americani ci fosse un proficuo scambio di informazioni di intelligence riguardo a politici nigeriani che appoggiavano i movimenti per la riappropriazione dei proventi del petrolio. Rivelazioni che riportano alla memoria le responsabilità (mai accertate) di Shell nella sanguinosa repressione degli Ogoni, culminata con l’omicidio di nove militanti Ogoni, tra cui Ken Saro Wiwa, nel ’95.

Il processo iniziato l’anno scorso davanti al tribunale federale di New York contro Shell si è concluso con un accordo extra giudiziale, un risarcimento milionario ai familiari delle vittime. La Shell è stata considerata secondo l’accusa il mandante, delle torture e degli omicidi perpetrati dai militari nigeriani nei confronti del popolo Ogoni (Qualenergia.it, Società petrolifere irresponsabili ). Una storia di terrorismo di Stato che si colloca nel contesto del duro conflitto tra gli Ogoni, il Governo nigeriano, Shell e Chevron (storia ben ben documentata nei report di Human Rights Watch). Gli Ogoni, nel ventennio successivo alle prime scoperte petrolifere fatte nei loro territori (1957), nel sud-est del delta del Niger, erano stati cacciati d’autorità dalle loro terre, poi devastate dall’attività estrattiva, senza alcuna compensazione se non quella, irrisoria, pari al valore dei raccolti delle terre che coltivavano.


La fase più accesa dello scontro era iniziata nel ’92 quando le azioni del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni, che chiedeva compensazioni per 10 miliardi di dollari, si erano rivolte direttamente alle strutture delle multinazionali, riuscendo a danneggiare significativamente le aziende. La risposta del Governo fu una dura politica repressiva, con leggi liberticide, blitz nei villaggi Ogoni, torture e una serie di omicidi e di esecuzioni, tra le quali, nel ’95, quelle per cui ora Shell deve rispondere per complicità, dato che – sostiene l’accusa – l’azienda sarebbe stata mandante e finanziatrice delle azioni.


Anche oggi, come abbiamo ricordato diverse volte su Qualenergia.it, il rapporto della Nigeria con il petrolio è tutt’altro che felice: un disastro ambientale e sociale (Qualenergia.it, Nigeria, un Golfo del Messico dimenticato). Sapere da Wikileaks delle infiltrazioni di Shell nel governo del paese completa il quadro della situazione.

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