Efficienza, il grande potenziale per le imprese e il paese

Quali e quanti i possibili interventi di efficienza energetica da realizzare nel nostro paese entro il 2020 lo spiega uno studio dell'Istituto di Ricerca Ambiente Italia, in collaborazione con AzzeroCo2, Legambiente e Kyoto Club. Un possibile risparmio di circa 9,1 Mtep, con riduzioni delle emissioni pari a 27,5 Mt di CO2, e qualche idea per rimodulare gli strumenti incentivanti. Intervista a Rodolfo Pasinetti tra i curatori dello studio.

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Quando parliamo di efficienza energetica e dei potenziali interventi da attuare a quali e quanti interventi ci riferiamo? Lo ha spiegato uno studio dal titolo “Efficienza energetica: scenari e proposte per le imprese italiane. Innovare, creare lavoro, combattere i cambiamenti climatici” (vedi allegato), curato dall’Istituto di Ricerca Ambiente Italia, in collaborazione con AzzeroCo2, Legambiente e Kyoto Club, presentato ieri a Roma.

Allora, proviamo a fornire una quantificazione degli interventi possibili: sarebbero quasi 2 milioni quelli sulle strutture edilizie opache e oltre 600.000 sulle strutture edilizie trasparenti; c’è poi da considerare la sostituzione di oltre 3,5 milioni di caldaie, 1 milione di condizionatori e 5 milioni di boiler elettrici; andrebbero sostituiti anche 4,5 milioni lampade al mercurio nell’illuminazione pubblica e 3,5 milioni autoveicoli; infine, servirebbe la rottamazione di 1,5 milioni di azionamenti elettrici (motori elettrici e inverter) e la loro sostituzione con apparecchiature più performanti.

Questi numeri costituiscono un enorme bacino di potenziale intervento ai fini dell’efficientamento energetico che potrebbero consentire un risparmio complessivo di circa 9,1 Mtep, con conseguenti riduzioni delle emissioni pari a 27,5 Mt di CO2. Questi risultati rappresentano il 40% delle riduzioni complessive attribuite al piano nazionale di efficienza energetica del 2007 e il 20% delle riduzioni complessive necessarie per raggiungere l’obiettivo per i settori non sottoposti al sistema europeo dell’emission trading (vedi tabella).

“Il nostro obiettivo non era quello di fare un piano di efficienza energetica, ma di considerare alcuni interventi esemplari che potessero poi essere estesi concettualmente anche ad altri interventi. Abbiamo considerato gli interventi tipici sull’edilizia e poi altri più specifici come l’illuminazione pubblica che, sebbene sia un settore di nicchia, merita di essere trattata perché c’è un forte interesse da parte dell’ente pubblico. Abbiamo considerato inoltre interventi tipici come gli azionamenti elettrici nel campo dell’industria, che hanno oggi un contributo in conto capitale del 20%, e il settore dei trasporti con l’efficienza energetica degli autoveicoli”, ha detto a Qualenergia.it, Rodolfo Pasinetti tra i curatori dello studio.

Pasinetti, nella analisi economica che avete elaborato quali strumenti e incentivi avete considerato?
Siamo partiti dagli incentivi che sono stati in vigore in questi ultimi anni (detrazione del 55%, titoli di efficienza energetica) e da questi abbiamo fatto una stima di un costo per questi interventi che può aggirarsi intorno ai 53 miliardi di euro sui 10 anni, a fronte del quale però ci sarebbe un risparmio, cioè un mancato acquisto del petrolio, quantificabile in circa 69 miliardi di euro, quindi con un saldo positivo di circa 16 miliardi di euro (vedi grafico).

Vale la pena insistere su questi sistemi di sostegno o sarebbe opportuno modularli diversamente?
Sugli strumenti attualmente utilizzati abbiamo fatto anche una stima dei benefici che ne scaturiscono anche alla luce degli obiettivi previsti dal piano di efficienza energetica nazionale. In alcuni casi abbiamo notato che possono funzionare mentre in altri casi non sono efficaci. Ad esempio, nel caso dell’illuminazione pubblica i titoli di efficienza energetica sembrano funzionare, mentre per i motori elettrici non danno risultati rilevanti. Potrebbe essere interessante l’introduzione di una sorta di conto energia spalmabile sulla bolletta del gas, che potrebbe andare a sostituire il 55%, come è allo studio del Ministero dello Sviluppo Economico. Si uscirebbe così dalla fiscalità generale per avere una metodologia di attivazione e di controllo più specifica, come avviene oggi con il fotovoltaico.

Ci sono pressioni delle grandi utility che ostacolano la concreta efficacia di questi incentivi?
Speriamo che per l’efficienza energetica succeda quello che è accaduto per le rinnovabili. All’inizio sembrava ci fossero dei boicottaggi, ma quando la lobby delle rinnovabili ha assunto una certa presenza è riuscita a superare diversi ostracismi, anche di imprese più tradizionali che sono poi entrate nel settore delle energie pulite. La stessa cosa si auspica possa succedere per l’efficienza, con la differenza che questa presenta delle caratteristiche di parcellizzazione sul territorio e tra i comparti coinvolti veramente molto forte. Secondo il mio punto di vista sarà necessaria anche una forte azione di Confindustria, cosa che in effetti sta facendo da alcuni anni. Il suo ultimo rapporto sull’efficienza energetica in Italia, che ritengo molto completo, ne è una riprova (Qualenergia.it, Confindustria punta sull’efficienza energetica).
 

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