Il diario dalla Cop 16 di Cancun (1)

  • 1 Dicembre 2010

La Conferenza UNFCCC di Cancun, in Messico, si è aperta ufficialmente il 29 novembre, alle 17 ora italiana. Una nota sulla prima giornata inviatoci da Vincenza Ferrara, dell'ENEA, uno dei più importanti climatologi italiani.

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Si è aperta ufficialmente il 29 novembre, alle ore 10 (ore 17 italiane) la Conferenza UNFCCC di Cancun, a cominciare dalla sedicesima COP (Conferenza delle Parti della UNFCCC).

La Conferenza sul clima di Cancun comprende:




  • COP-16: Conferenza delle Parti firmatarie della UNFCCC (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), assemblea suprema decisionale di tutte le materie della UNFCCC e di ratifica delle decisioni CMP-6


  • CMP-6 o (nella vecchia dizione) COP/MOP-6: Conferenza delle Parti firmatarie, sia della UNFCCC sia del Protocollo di Kyoto, assemblea suprema decisionale di tutte le questioni riguardanti il Protocollo di Kyoto


  • SBSTA-33: Sessione dell’organo di supporto tecnico scientifico alla UNFCCC e al protocollo di Kyoto


  • SBI-33: Sessione dell’organo di supporto alla UNFCCC e al Protocollo di Kyoto per l’attuazione degli impegni


  • AGW-LCA-13: Gruppo di lavoro per la redazione del nuovo trattato di lungo periodo sulla base della “Road Map di Bali”.


  • AGW-KP-15: Gruppo di lavoro per emendare il Protocollo di Kyoto e prorogarne la validità fino al 2020.

Dopo i discorsi introduttivi iniziali del Segretario Esecutivo della UNFCCC: Christiana Figueres e del Ministro danese per il clima e l’energia (Presidente della COP-15 di copenhagen) è stato eletto presidente della COP-16: la signora Patricia Espinosa, Ministro degli Affari Esteri del Messico che nel suo discorso di inizio lavori ha chiesto ai delegati un deciso passo in avanti verso un accordo globale legalmente vincolante che dia risposte reali ai problemi reali che pongono i cambiamenti del clima.


Gli interventi successivi da parte dei vari delegati hanno in gran parte auspicato, pur con diverse sfaccettature, la necessità di fare presto, non solo per concludere un accordo globale che tutti aspettano, ma anche la necessità di essere costruttivi anche nella cooperazione tecnologica e finanziaria tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.

Da rilevare alcuni interventi a prevalente carattere pregiudiziale, come quello di Papua Nuova Guinea, che a nome dei paesi della “Coalition of Rainforest Nations” ha detto di non essere disponibile ad accettare gli attuali meccanismi del REDD+ (la lotta contro la deforestazione) che sono carenti di regole che evitino furbizie per acquisire crediti alle emissioni attraverso la lotta alla deforestazione, senza però una reale garanzia di effettiva tutela delle foreste e della biodiversità.

In termini molto più critici si è espresso il Venezuela a nome dei paesi ALBA secondo cui la tanto attesa svolta della nuova Amministrazione USA di Obama, al di là delle enunciazioni di buone intenzioni, non si è ancora vista. Infatti, gli USA, unico paese industrializzato, continuano a rimanere, per gli impegni di breve periodo, fuori dal protocollo di Kyoto (anzi non ne vogliono sentire parlare) e, per gli impegni di lungo periodo, continuano ad insistere nel non considerare il principio della responsabilità comune, ma differenziata.

Altro intervento critico, è stato quello di Grenada a nome dei paesi AOSIS che giudicano insufficiente il lavoro finora fatto perché ritengono prioritarie, e non più dilazionabili, le azioni di adattamento, intese come obblighi dei paesi industrializzati nei confronti dei paesi più poveri. Tali obblighi devono far parte di un trattato di lungo termine (AGW-LCA) legalmente vincolante per tutti.

Infine, il Congo, a nome del gruppo dei paesi Africani ha osservato con molto pessimismo, che attualmente mancano del tutto segnali ed indicazioni politiche che facciano pensare ad una qualsiasi conclusione positiva del processo negoziale in un prossimo futuro.

CMP-6
Nel pomeriggio alle ore 15 (ore 22 italiane) la Presidente COP, la signora Patricia Espinosa ha aperto la sesta CMP (Conferenza delle Parti firmatarie del Protocollo di Kyoto). Sono seguiti alcuni interventi sulle possibili modalità di proroga del Protocollo di Kyoto al 2020, che evitino una frattura legale tra l’anno di conclusione del protocollo (2012) e l’anno di inizio della proroga.

Tra gli interventi critici da segnalare quello dell’Egitto che, a nome dei paesi arabi, ha detto che non è possibile dar seguito e approvare un trattato di lungo periodo (AGW-LCA) se prima non si definisce e si approva il nuovo regime del Protocolo di Kyoto emendato e prorogato (AGW-KP) nel quale siano stati individuati tutti gli obblighi che i Paesi industrializzati devono attuare entro il 2020.

Un parere opposto è stato espresso, invece, dal Belgio che, a nome dei paesi della UE, ha detto che gli obblighi da stabilire nel protocollo di Kyoto emendato e prorogato devono essere coerenti con il quadro di riferimento definito dal trattato di lungo periodo (AGW-LCA). Pertanto, prima bisogna chiarire obiettivi e strategie del trattato AGW-LCA e poi definire come tali obiettivi e strategie si attuano sul breve periodo per i paesi industrializzati attraverso il protocollo di Kyoto emendato.

L’Australia, invece, ha sottolineato il fatto che gli obblighi possono essere attuati se fondati su un sistema che sia anche economicamente conveniente. Perciò l’attenzione maggiore va posta sulla riforma dei meccanismi flessibili e sui crediti che si possono acquisire dall’uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e riforestazione.

Alla fine la signora Patricia Espinosa ha annunciato che sabato mattina convocherà un’assemblea plenaria congiunta COP e CMP per discutere dei vari problemi sollevati in sede COP e CMP e per procedere secondo criteri e metodi trasparenti.

AGW-LCA e AGW-KP
Nel frattempo hanno cominciato a lavorare anche il gruppo AGW-LCA (trattato di lungo periodo) e il gruppo AGW-KP (protocollo di Kyoto emendato) sulla base dei documenti già preparati dai rispettivi presidenti dei due gruppi di lavoro. Sono, quindi, iniziati i lavori distribuiti, come nelle precedenti sessioni su diversi contact groups.

Ai margine dell’evento
Mentre all’esterno l’atmosfera è molto caotica per il traffico e per le difficoltà di raggiungere le diverse aule della riunioni, nei corridoi l’atmosfera che si respira tra i delegati è abbastanza depressa perché è comune sensazione quella di essere lì per portare avanti un negoziato di basso profilo nel quale, se tutto va bene, si riuscirà a concretizzare un “pacchetto” di accordi su quelle specifiche tematiche che hanno già riscosso i maggiori consensi.

Tra queste tematiche vi è certamente il REDD+, cioè la lotta alla deforestazione nei paesi in via di sviluppo anche se le pregiudiziali normative e regolamentari espresse dalla “Coalition of Rainforest Nations” possono complicare il raggiungimento in tempi brevi di un accordo.

Ma tra le tematiche a buon punto vi è anche la cooperazione per le azioni di adattamento nei paesi più poveri e la creazioni di un fondo verde anche se, per quanto riguarda gli aspetti di gestione finanziaria delle risorse, rimane ancora dei grossi problemi da superare.

Da segnalare inoltre che negli eventi collaterali la Gran Bretagna ha organizzato un convegno per dimostrare che le attuali regole sui meccanismi flessibili e, in particolare, per il “Clean Development Mechanism” non funzionano come dovrebbero e ha proposto di riformarle non solo per garantire maggior trasparenza e minori furbizie, ma anche per garantire efficaci e duraturi benefici da parte dei paesi in via di sviluppo che lo utilizzano.

La pregiudiziale della “Coalition for Rainforest Nations” sul REDD+
Il meccanismo REDD+, che è un meccanismo per combattere la deforestazione nei paesi in via di sviluppo, deve portare benefici a chi (paesi industrializzati) investe nella lotta alla deforestazione e chi (paese in via di sviluppo) trae beneficio dallo sviluppo forestale e la conservazione della biodiversità.
Questi benefici vengono calcolati attribuendo un valore economico alla lotta alla deforestazione che si traduce in crediti alle emissioni per i paesi sviluppati e in aiuti allo sviluppo sostenibile dei paesi più poveri.
Ma tutto dipende dalle regole che governeranno questo meccanismo.
I paesi della Coalition for Rainforest Nations temono che se la riforestazione non viene effettuata nei modi corretti e in relazione al contesto naturale preesistente la riforestazione, lungi dall’essere un azione di ripristino, rischia di aggiungere altri danni distruggendo il sistema delle foreste pluviali. Pertanto il REDD+ diventa uno strumento che favorisce gli affari dell’economia verde dei paesi industrializzati, ma distrugge il verde, la cultura e l’economia dei paesi in via di sviluppo.
I delegati più oltranzisti hanno detto: “An agreement, as it is now, on REDD at UN climate change conference in Cancún, Mexico will spell disaster for forest peoples worldwide, limiting the rights of indigenous and peasant people over their territories. The real solution is for developed countries to reduce fossil fuel emissions at the source.”


 

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