Manovra, i tagli che incombono sui pendolari

Il disegno di legge "Stabilità 2011" conferma i tagli per il Trasporto Pubblico Locale. Si eliminano così le risorse per i treni dei pendolari, ma si trovano le risorse per l'autotrasporto. Gli effetti? Aumenti anche consistenti delle tariffe, nuovi tagli all'occupazione nelle aziende di trasporto e all'industria, più emissioni. Un articolo di Anna Donati, coordinatrice del Gruppo di Lavoro Mobilità Sostenibile del Kyoto Club.

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La manovra finanziaria appena licenziata dalla Camera trova 400 milioni di euro per l’autotrasporto, anche 471 milioni di euro per i cacciabombardieri F-35 e ben 245 milioni per le scuole private, ma conferma i tagli per il trasporto ferroviario regionale a cui manca più di un miliardo.

La manovra “sembra” trovare 425 milioni per coprire il buco, ma in realtà li prende dalle risorse previste per l’acquisto di materiale rotabile per il trasporto regionale. Infatti nel DL 185/2008 erano previsti 960 milioni per le ferrovie, di cui 460 sono andati alla rete, 75 per il potenziamento ferroviario legato all’Expò, e adesso con la manovra si prendono gli ultimi 425 milioni che erano destinati ai treni per i pendolari per tagliare un po’ di meno il servizio. Una vera beffa per quei 2,5 milioni di pendolari che ogni giorno usano il treno per muoversi, e che avevano osato sperare che con l’arrivo del nuovo materiale rotabile a partire dal 2012 sarebbe migliorata la qualità del servizio.

Non solo. Anche queste risorse saranno assegnate alle Regioni ad alcune condizioni: che esse mettano risorse proprie per investimenti e servizi, che vengano aumentate le tariffe e razionalizzati i servizi.

Se da un lato è opportuno e auspicabile un processo di efficientamento della spesa per il Trasporto Pubblico Locale (TPL) e una miglior integrazione gomma-ferro, non è giusto che a pagare siano gli utenti a cui vengono tagliati qualità e quantità dei servizi, mentre si aumentano le tariffe. Così come è impossibile che le Regioni , con i pesanti tagli che stanno subendo per i prossimi anni siano in grado di farcela con risorse proprie, a meno di aumentare le imposte. Mettere insomma le mani delle tasche degli italiani, quello che il Governo Berlusconi dice di non voler fare.

Dal prossimo anno, a meno di novità positive dal passaggio al Senato del ddl stabilità, si annunciano tagli in tutte le Regioni del trasporto per i pendolari, tra 10 e il 20% del servizio e/o robusti aumenti delle tariffe. Addio quindi alla difficile strada verso la mobilità sostenibile e lo sviluppo del trasporto collettivo, tagliando servizi già scarsi e di bassa qualità, se confrontati con il resto delle città europee.

Le Regioni hanno protestato duramente, già a partire dalla manovra estiva di Tremonti, che oltre a tagliare 9 miliardi in due anni alle Regioni, aveva soppresso il comma 302, articolo 1 della Legge Finanziaria 2008, che consentiva alle Regioni a partire dal 2011 di trattenere una quota dell’accisa sul gasolio per il servizio ferroviario regionale. Una misura che valeva 1,181 miliardi e che adesso mette a rischio tutto il trasporto ferroviario regionale, in particolare di Trenitalia secondo quanto concordato nei nuovi Contratti di Servizio con le Regioni.

Un buco a cui non hanno rimediato Governo e Camera, se non con quel vergognoso storno di fondi dai treni verso il servizio di cui si è detto, mentre i tagli generali alle Regioni e Comuni costringeranno anche ai tagli nel trasporto pubblico su gomma, da cui sembrano salvarsi al momento solo 372 milioni complessivi per il trasporto ferroviario regionale.

Le Regioni che continuano a protestare contro i tagli hanno chiesto e non ancora ottenuto un incontro con il Governo e ora sono costrette a programmare comunque i tagli a partire dal nuovo orario ferroviario del 12 dicembre. E spesso organizzano anche iniziative pubbliche con i pendolari. In Toscana, ASSTRA (Associazione Trasporti), Legambiente e Anav (Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori) hanno messo in piedi una campagna con un sito http://www.notaglialtrasporto.it per far sentire la voce dei pendolari.
In effetti di fronte all’enormità del taglio non sembra esserci una adeguata reazione, a partire da Trenitalia. Molti sono convinti che alla fine il taglio rientrerà e forse per la difficoltà di organizzare una azione specifica dei pendolari, gli stessi che subiscono tagli alla scuola, all’occupazione, alla cultura …

E’ probabile che esploda la protesta una volta che sarà evidente il taglio dei servizi di trasporto. ASSTRA ha già elaborato alcuni scenari, sostenendo che solo un taglio dell’ordine del 3-5% può essere assorbito con l’efficientamento. Ma se il taglio è del 10% delle risorse per mantenere tutti i servizi le tariffe dovranno aumentare del 36%, se il taglio è del 20% l’aumento delle tariffe sarà del 78%. Se invece si tagliano i servizi, con il 20% in meno di risorse vanno tagliati ogni anno 392 milioni-km di autobus, tram e metropolitane e questo comporta 540 milioni di passeggeri/anno di meno. A questi vanno sommati il taglio di 7,8 di treni-km di ferrovie regionali (esclusa Trenitalia), che comporta 1,5 milioni di passeggeri in meno.

Secondo ASSTRA, in Italia solo l’ 11,6% degli spostamenti avviene oggi sul trasporto pubblico: con i tagli annunciati stimano che tornerà a scendere la quota modale al 10% in due anni, buttando a mare anni di sforzi per aumentare passeggeri e migliorare il servizio. Questo avrà anche pesanti effetti ambientali nelle città e la congestione, mentre è anche sottovalutato l’effetto sull’occupazione nelle aziende del TPL. Con taglio del 20% dei servizi vi saranno – secondo ASSTRA – 19.720 addetti in esubero e da tagliare, per i quali non è prevista alcuna forma di ammortizzatore sociale specifica. Nuovi disoccupati che graveranno su di una crisi economica già pesante per le famiglie italiane.

Senza dimenticare che tagli in questo settore significa anche fermare l’industria di chi produce autobus, treni, tram con tutto l’indotto collegato e che in Italia ha una presenza significativa, apprezzata anche nel resto del mondo. Un’industria già in difficoltà per la frenata degli ordini dovuta alla crisi economica.

E pensare che qualche buona notizia era arrivata per migliorare il servizio nelle città. Un recente convegno del Ministero dei Trasporti ha fatto il punto sullo stato dei progetti di tram e tram-treno in Italia. Diverse città hanno ormai inaugurato nuove reti come Padova, Messina, Bergamo, Firenze, Cagliari, Sassari, oltre alle reti già in uso di Roma, Milano, Napoli e Torino, che hanno un notevole successo di pubblico. Altre linee sono in cantiere a Venezia, Palermo, Firenze, Milano. Ma se si tagliano le risorse per l’esercizio come faranno a trasformarsi in servizio ai cittadini? E come sarà possibile aumentare il trasporto regionale, come promesso, sulle linee FS liberate dai treni di lunga percorrenza che ora viaggiano sulle nuove linee veloci AV?

Il rischio concreto è che dopo aver speso tante risorse pubbliche in infrastrutture su ferro, adesso i pendolari e il trasporto locale non traggano alcun beneficio per i loro spostamenti, nonostante siano la stragrande maggioranza dei viaggi quotidiani.

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