Senza accordo sul clima petrolio alle stelle, parola di IEA

Mettere in atto le politiche sul clima e tagliare i sussidi alle fonti fossili si tradurrebbe in una diminuzione del 10% sulla domanda di greggio al 2035, decisiva in un mondo minacciato dalla scarsità di petrolio. Più lenta e debole la risposta al cambiamento climatico, più grande il rischio di carenza di petrolio e di alti costi per i paesi che lo consumano, avverte il World Energy Outlook 2010 della International Energy Agency.

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Senza una politica coordinata a livello mondiale per ridurre le emissioni di gas serra il prezzo del petrolio rischia di prendere il volo, con conseguenze immaginabili. Arriva dall’International Energy Agency (IEA) un altro argomento che dovrebbe spingere a cercare di raggiungere al più presto l’accordo mondiale per il clima. L’avvertimento è contenuto nell’World Energy Outlook 2010, lo studio sulla situazione energetica mondiale che l’agenzia prepara ogni anno e che sarà presentato martedì 9 novembre.


Un documento che – a quanto riporta il Financial Times che ne ha visionato una bozza – esprime previsioni significative su come il sistema energetico mondiale cambierà a seconda che si adottino o meno politiche su scala mondiale per rallentare il global warming. Una delle questioni fondamentali su cui il raggiungimento o meno di un accordo internazionale peserà è appunto quella della scarsità di petrolio. Secondo l’IEA mettendo in atto nuove politiche di riduzione delle emissioni la domanda di greggio al 2035 si ridurrebbe del 10%, e ciò si tradurrebbe in un prezzo del barile di circa 20 dollari in meno.


“Il messaggio dell’analisi è chiaro: più lenta e debole sarà la risposta al cambiamento climatico, più grande il rischio di carenza di petrolio e i costi economici per i paesi che lo consumano”, avverte l’IEA citata dal Financial Times. In uno scenario di “new policies”, che intende mettere in pratica quanto convenuto a Copenhagen in materia di emissioni e di eliminare progressivamente i sussidi alle fonti fossili come promesso dai G20, la domanda di greggio al 2035 sarebbe di 99 milioni di barili al giorno (mbpd). In uno scenario di implementazione debole, ossia con le politiche attuali, invece la domanda prevista per quell’anno sarebbe di 107 mbpd. Una differenza che si rifletterebbe significativamente sul prezzo del barile: 113 $ nel primo scenario, 135 nel secondo. Ma sarebbe anche opportuno capire se mai si potranno raggiungere questi ambiziosi livelli di produzione. Oggi sembrerebbe improbabile.


Quello della futura scarsità di greggio è un problema che da un paio d’anni la IEA ha fatto emergere con chiarezza nei suoi studi, in una svolta rispetto all’atteggiamento tranquillizzante tenuto in precedenza. Il primo World Energy Outlook a lanciare l’allarme era stato quello del 2008 (Qualenergia.it, La cruda realtà dell’energia mondiale): stimava una domanda in crescita fino a 106 mbpd entro il 2030. E faceva notare il grande incremento dell’estrazione necessario (“pari a 4 volte la produzione dell’Arabia Saudita”)  solo per compensare il declino di produzione dei giacimenti attualmente operativi.


Dati significativi erano emersi anche dall’edizione 2009: vi si prevedeva una domanda in aumento fino a 105 mbpd al 2030, mentre le previsioni sulla produzione sono state riviste al ribasso: se nel 2005 l’agenzia prevedeva che questa poteva crescere fino a 120 mbpd al 2030, l’anno scorso questa stima era stata portata a 105 mbpd. Insomma, il petrolio basterebbe appena e la situazione sarebbe ancora più preoccupante secondo le accuse di alcuni esperti e membri interni dell’agenzia secondo i quali l’IEA, per non scatenare il panico finanziario, ha mentito sulle previsioni della produzione. Secondo questi non sarebbe realistico riuscire ad estrarre 105 mbpd al 2030, ma al massimo 90-95 mbpd (Qualenergia.it, L’IEA mente sulle riserve petrolifere?).


Chiaro che quello della scarsità di petrolio sia uno spettro che spaventa l’International Energy Agency che vede nella lotta per il clima un modo per scongiurarla. Già nel World Energy Outlook 2009 si auspicava una decarbonizzazione dell’economia anche per evitare problemi di sicurezza energetica. La raccomandazione sembra rinnovata anche nelle anticipazioni del rapporto di quest’anno dateci dal Financial Times. Se non si mettessero in atto le politiche di riduzione delle emissioni di cui si è parlato a Copenhagen e al G20 e la domanda aumentasse fino a 107 mbpd al 2035, anzichè fermarsi a 99, infatti la crisi petrolifera sarebbe assicurata.


E se poi non ci discosteremo di molto dalla soglia attuale di 87-88 milioni di barili giorno? Se ci trovassimo nel pieno del picco del petrolio? I problemi sarebbero lì, dietro l’angolo.

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