Fossili zero, la Danimarca ha un piano

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La Danimarca prepara un piano per abbandonare completamente i combustibili fossili entro il 2050. Si punterebbe su eolico - che dovrà moltiplicarsi per 5 - e biomasse. Niente nucleare e sequestro della CO2, ma fondamentali efficienza, rete intelligente e auto elettriche. Tasse pesanti sulle fonti fossili e incentivi innovativi. Tutto con un costo abbordabile per il sistema-paese.

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Ci si può liberare completamente dalle fonti fossili entro il 2050, sia per quel che riguarda la produzione elettrica, che per i trasporti, che per i consumi termici. La settimana scorsa, riferito alla sola elettricità, era già arrivato l’annuncio del premier scozzese di voler soddisfare entro il 2025 l’intero fabbisogno con le rinnovabili. Ora – mentre il nostro governo continua a cercare di frenare e “difendersi” dagli obiettivi europei per il 2020 – fanno notizia altre nazioni che guardano ancora più avanti  e studiano piani per soddisfare con le rinnovabili l’intero fabbisogno energetico.

È  il caso dell’esecutivo danese, sul cui tavolo in questi giorni è arrivato uno studio (vedi allegato) preparato dalla commissione governativa per le politiche sui cambiamenti climatici. Un documento che spiega come il paese può, entro il 2050, portare la quota delle fonti fossili nel proprio mix energetico dall’80% circa attuale a zero e ridurre così le proprie emissioni fino al 80-95% rispetto ai livelli del 1990.
Una “riconversione totale del sistema energetico” impegnativa ma fattibile se portata avanti con gradualità: le tecnologie per farlo ci sono già tutte, spiega il report, e le centrali a fonti fossili del paese entro il 2050 finirebbero comunque il loro ciclo di vita. Perno del mix energetico sono l’eolico e le biomasse. L’efficienza energetica avrebbe ovviamente una grande parte: i consumi verrebbero diminuiti del 25% sul fabbisogno totale, mentre i trasporti dovrebbero essere riconvertiti quasi totalmente all’elettricità e, in misura minore, ai biocarburanti.

Un nuovo sistema energetico in cui l’elettricità passerebbe dall’attuale 20% dei consumi fino al 70%, una rivoluzione che presuppone una rete elettrica all’avanguardia, capace di gestire grandi produzioni da una fonte aleatoria come l’eolico, che secondo lo studio dovrebbe passare dai 3 GW attuali fino a 10-18,5 GW nel 2050. Fondamentali, ad esempio, le connessioni transnazionali che permettano alla Danimarca di esportare elettricità durante i picchi di produzione eolica e di importarla in altri momenti (Qualenergia.it, Verso la super-rete europea). Già ora la Danimarca usa i bacini idroelettrici di Svezia e Norvegia come gigantesche batterie in cui accumulare, pompando l’acqua in salita, l’elettricità prodotta in eccesso. Anche le auto elettriche o ibride – che dovranno sostituire progressivamente quelle con motore a combustione nella mobilità privata – avranno un ruolo importante nell’infrastruttura elettrica, funzionando, quando sono in ricarica, da buffer per la rete elettrica (Qualenergia.it, L’auto elettrica in soccorso dell’eolico).

Ad integrare l’energia discontinua dell’eolico sarà soprattutto una fonte modulabile come la biomassa, il cui ruolo nel mix, dato che molta dovrà essere d’importazione, dipenderà dall’andamento dei prezzi. Non è previsto invece il nucleare in quanto poco modulabile e dunque non adatto a coesistere con l’eolico, ma soprattutto perché, spiega il report, “non ci sono evidenze che sia economicamente più competitivo rispetto all’eolico off-shore, specie se si includono i costi di stoccaggio delle scorie e di decommissioning”. Giudizio sospeso invece sulla cattura della CO2, che “se divenisse più conveniente” potrebbe essere applicata alle centrali a biomassa (che hanno già un bilancio di gas serra neutro) per una ulteriore riduzione delle emissioni.

Una transizione energetica per la quale si indicano anche alcune misure che il governo danese potrebbe adottare. Si suggerisce ad esempio una tassa sui combustibili fossili da aumentare gradualmente, partendo l’anno prossimo con 5 corone danesi (0,67 euro) a gigajoule (277,7 kWh) per salire progressivamente fino a 20 corone (2,68 euro) al 2020 e a 50 (6,7 euro) al 2030. Sgravi fiscali sono previsti (oltre a quelli già in vigore) per auto elettriche e riscaldamento a biomassa. Mentre una serie di provvedimenti promuoverebbero l’efficienza energetica, che nel settore residenziale andrebbe migliorata del 50%: ad esempio dal 2015 verrebbero bandite le caldaie a gasolio. Interessante poi la proposta di creare per ogni edificio uno speciale “fondo per il risparmio energetico“: un conto su cui i proprietari sarebbero obbligati a versare ogni anno una somma, tanto più alta quanto peggiori le prestazioni energetiche dello stabile, e da cui potrebbero attingere solo per interventi certificati che migliorino l’efficienza energetica.

Quanto costerà alla Danimarca tutto questo? Il documento dedica il capitolo finale appunto alle conseguenze economiche di questa rivoluzione energetica, che, va detto, sono difficili da quantificare, visto che vi incidono molti fattori come il prezzo di CO2, dei combustibili fossili e del kWh dalle varie rinnovabili nei prossimi decenni. Serviranno sicuramente grossi investimenti e probabilmente aumenterà il costo dell’energia per il consumatore rispetto ad uno scenario ‘business as usual’ (seppur di poco 0,1 corone, cioè 1,3 centesimi di euro in più a kWh). Allo steso modo diminuiranno le entrate dello Stato legate alle tasse sull’energia.

Ma questi svantaggi, spiega lo studio saranno compensati dai soldi risparmiati su combustibili fossili e CO2 – che inevitabilmente saranno sempre più cari – oltre che su eventuali sanzioni internazionali. A conti fatti la previsione è che rispetto allo scenario ‘business as usual’ eliminare le fonti fossili costi alla Danimarca mezzo punto percentuale di prodotto interno lordo da qui al 2050 (assumendo comunque che il Pil del paese raddoppi). Se si considera che dal conto sono esclusi i danni evitati ad ambiente e salute rinunciando alle fonti sporche (a proposito vedi su Qualenergia.it, CO2, il meno 30% che fa bene alla spesa sanitaria), non sembra affatto una prezzo proibitivo.

 

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