L’offensiva della lobby delle fossili in California

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In California un referendum promosso dalle lobby delle fonti fossili vorrebbe affossare la storica legge sul clima di Scwartzenegger, in nome dell'occupazione. Se ciò accadesse sarebbe una grossa sconfitta per la legislazione pro-clima non solo californiana ma di tutti gli Stati Uniti.

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Sarà il 2011 l’anno in cui gli Stati Uniti si doteranno finalmente di una legge per contenere le emissioni? Dall’elezione di Obama, che ha segnato una svolta epocale nell’atteggiamento della superpotenza nei confronti dei cambiamenti climatici, prima ignorati, il mondo intero guarda  con apprensione il tentativo del paese di adottare provvedimenti per ridurre i gas serra. Tentativo che si scontra con la resistenza accanita dei grandi interessi legati alle fonti fossili e con la loro influenza nella politica Usa.

L’ultima battaglia della guerra della lobby delle fonti sporche contro le leggi salva-clima è quella che si sta combattendo in California, Stato da sempre due passi avanti rispetto al resto della nazione sulla questione climatica. Qui, con la scusa di difendere l’occupazione, i gruppi d’interesse legati alle fonti fossili hanno promosso un referendum che vorrebbe bloccare l’entrata in vigore della storica legge californiana contro le emissioni, la AB 32, introdotta nel 2006 dal governatore repubblicano e paladino del clima Arnold Scwartzenegger e che entrerebbe a regime dal 2012.

La “proposition 23” – questo l’emendamento che si vorrebbe far passare con il referendum che si terrà il prossimo 2 novembre – ritarderebbe l’entrata in vigore della legge sulle emissioni fintanto che la disoccupazione nello Stato scenda al di sotto del 5,5% e rimanga almeno per un anno sotto quella soglia. In uno Stato in in cui la quota dei disoccupati è attualmente al 12% e dagli anni ’70 è scesa sotto al 5,5% solo in tre occasioni questo equivarrebbe a stralciare completamente la legge salva clima.


Un’iniziativa referendaria battezzata “California Jobs Initiative” che agita populisticamente lo spauracchio della disoccupazione per fermare misure che, più che far perdere posti di lavoro, intaccherebbero i profitti di petrolieri e utility. Basta dare un’occhiata alla lista pubblica dei contributi economici alla campagna per rendersene conto: milioni di dollari per fermare l’entrata in vigore della AB32 in California stanno arrivando da tutta la lobby Usa delle fossili. “Qualcuno crede veramente che queste compagnie, dal profondo dei loro cuori neri come il petrolio, stiano spendendo milioni e milioni per proteggere i posti di lavoro?”, protesta Schwartzenegger, che, nella sua ultima settimana come governatore sta lottando affinché la storica legge sul clima da lui introdotta non venga annientata.


Gli ultimi sondaggi pubblicati dal Los Angeles Times parlano di un 40% di californiani a favore della “proposition 23” e di un 38% contrari. Se il referendum passasse, bloccando la legge anti emissioni nello Stato Usa simbolo della lotta per il clima, si creerebbe un precedente che fermerebbe le leggi contro i gas serra anche in altri Stati e di certo non aiuterebbe la legge da promulgare a livello federale. Sarebbe una vittoria storica per la lobby delle fonti fossili e questo spiega perché i finanziamenti alla campagna referendaria in California stiano affluendo copiosi da aziende di tutti gli altri Stati, petrolieri texani in primis.


La posta in gioco è alta ed è chiaro che la lobby delle fonti fossili metta in campo le sue forze. Da quando negli Usa si è iniziato a parlare di contenere le emissioni, d’altra parte, le spese di Big Oil e soci per influenzare la politica si sono impennate vertiginosamente. A fare un po’ di conti sui fondi stanziati dalle compagnie e dalle associazioni di categoria delle fonti fossili per far rappresentare i loro interessi ci ha pensato il think-tank Climate Progress. Considerando ovviamente solo i finanziamenti alla luce del sole, ed escludendo spese non indifferenti come quelle per le campagne pubblicitarie e mediatiche, da gennaio 2009 a giugno 2010 le lobby dell’energia convenzionale hanno speso 543 milioni di dollari, quelle delle rinnovabili 17.


Sei delle 7 aziende che hanno investito di più per attività di lobbying sono le grandi del petrolio: ExxonMobil (1), ConocoPhillips (2), Chevron (3), BP (5), Koch Industries (6), e Shell (7), una – la Southern Company (4) – del carbone. Le leggi cui si sono dimostrate più attente sono facili da immaginare: dall’American Clean Energy Security Bill (il cosiddetto Climate Bill) a quelle sulle trivellazioni off-shore. Come proseguirà il cammino Usa per ridurre le emissioni davanti a tale dispiegamento di forze? Accantonato il Climate Bill che avrebbe dovuto istituire un mercato della CO2 riducendola del 3-4% rispetto ai livelli del 1990, l’ultima promessa fatta da Obama in un’intervista a Rolling Stones è che nel 2011 cercherà di far approvare la legislazione a pezzi.

 

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