La casa che corre nel verde (prima parte)

Le green cities e i quartieri sostenibili europei crescono e si moltiplicano puntando su standard elevati e su una sinergia tra innovazioni tecnologiche e sociali. Alcuni casi esemplari in un articolo di Maria Berrini, presidente di Ambiente Italia, pubblicato sulla rivista QualEnergia. In questa parte le esperienze di Friburgo, Amsterdam e Vienna

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Perché le città? Perché è soprattutto nelle città che si possono mettere in pratica, davvero, le azioni che servono a ridurre le emissioni climalteranti. E perché affrontando la crisi climatica nelle città si offre una risposta anche alla voglia di luoghi più accoglienti per vivere e lavorare, percorribili a piedi e in bici, ricchi di verde e spazi di incontro. Si costruiscono distretti dell’innovazione, potenziando le vocazioni delle economie locali nel campo dell’eco-design, del recupero dei rifiuti, dei servizi per la mobilità sostenibile, delle tecnologie rinnovabili, dell’edilizia carbon neutral. Alcune città europee ci stanno provando già da tempo, con costanza, investimenti e volontà politica adeguati allo sforzo da compiere.

Per dimostrarlo, scelgo alcuni casi di città europee che, oltre a essere particolarmente avanzate nelle loro politiche complessive, hanno anche realizzato o pianificato interventi innovativi a scala di quartiere, scegliendo in questo modo un livello di intervento adatto alla sfida e utile per rendere visibili i risultati. In alcuni casi si è trattato di interventi di risanamento su quartieri esistenti, in altri di operazioni di trasformazione radicale di aree dismesse, in altri ancora di interventi su aree libere, realizzati con rispetto del contesto. Ovunque si è trattato di un fortunato intreccio tra innovazioni tecnologiche e sociali, che è servito a innescare un effetto pilota, trascinando con sé altri quartieri, quando non addirittura l’intera città.

Per ragioni di sintesi mi limito a qualche cenno. Dettagli maggiori (che descrivono le strategie ambientali adottate dalle città in cui questi quartieri sono stati realizzati o pianificati) si trovano nel libro “Green Life“, scritto a due mani con Andrea Poggio, per Edizioni Ambiente, e nel catalogo di Editrice Compositori per la Mostra Green Life, curata con Legambiente e organizzata all’inizio del 2010 a Milano, in Triennale.

Innanzitutto partiamo da Friburgo, nel sud della Germania. Il quartiere Vauban (5.000 persone, 2.000 appartamenti) si sviluppa a partire dal 1993, e si completa nel 2006, come recupero di un vecchio sito militare dell’esercito francese. È una bella storia di progettazione partecipata, esito di una fase di protesta e occupazione del terreno, che le autorità cittadine e gli abitanti hanno saputo trasformare in stretta collaborazione. Il primo obiettivo, pienamente raggiunto, è stato quello di agevolare l’insediamento di persone a basso reddito e di creare un quartiere per giovani famiglie (nel 2002 il 20% dei residenti erano bambini con meno di 10 anni) grazie a interventi che hanno puntato a ridurre i costi e massimizzare gli spazi comuni e la qualità del vivere.

A Vauban le case consumano meno di 65 kWh/m2 anno e circa 150 rispettano gli standard previsti per le “passive house” (15 kWh/m2a) o producono più energia del loro fabbisogno. Gli edifici sono collegati a una rete locale di teleriscaldamento connessa a un impianto di cogenerazione ad alta efficienza alimentato con biomasse locali (80%) e gas naturale (20%). Si stima che queste misure consentano un risparmio di circa il 60% di emissioni di CO2. Il numero di collettori solari è in costante aumento e l’energia elettrica prodotta a Vauban in cogenerazione e da fotovoltaico (vedi foto in alto) rappresenta circa il 65% del fabbisogno complessivo. Un numero limitato di posti auto, situati all’esterno del quartiere, una buona accessibilità al trasporto pubblico e un economico sistema di car sharing hanno fatto sì che il 40% delle famiglie di Vauban abbia rinunciato al possesso di un’auto. Molte strade e aree pubbliche del quartiere sono utilizzate come spazio di gioco dei bambini e rappresentano importanti aree di socializzazione. Il successo dell’esperienza di Vauban è dimostrato dal fatto che la domanda di abitazioni è sempre stata, ed è tuttora, di gran lunga superiore all’offerta (vedi viaggi studio organizzati a Friburgo dal Kyoto Club).

PEDONE PADRONE
Negli stessi anni (1994) la città di Friburgo avvia la realizzazione di Reiselfeld, un quartiere grande quasi il doppio di Vauban, che sarà completato nel 2010. Reiselfeld è stato costruito su un’area bonificata che ospitava il più grande impianto di depurazione della città. Il quartiere è composto da 4.200 appartamenti in cui abitano circa 11.000 persone. La struttura delle strade e il sistema della mobilità sono incentrati su ciclisti e pedoni. In tutte le strade è previsto un limite massimo di velocità di 30 km/h, e in alcune è data la priorità assoluta al gioco dei bambini. Un facile accesso al trasporto pubblico è garantito dalle tre fermate presenti all’interno del quartiere lungo l’asse viario principale. Particolare attenzione è stata posta al migliore orientamento degli edifici per minimizzarne i consumi energetici, che non possono superare i 65 kWh/m2 anno.
Tutti gli edifici sono collegati a una rete di teleriscaldamento alimentata da una centrale di cogenerazione e utilizzano fonti rinnovabili come solare, biomassa e geotermia. Le acque piovane sono raccolte separatamente e, dopo essere state sottoposte a un processo di fitodepurazione, vengono convogliate verso la zona umida presente all’interno della grande riserva naturale che si estende ai margini di Reiselfeld. Il verde urbano all’interno del quartiere è stato progettato in modo da formare una rete capace di connettere giardini privati e spazi pubblici. Tutti i servizi sociali necessari (dagli asili, ai centri per i giovani, ai centri sportivi e culturali) sono garantiti.

A metà degli anni Novanta anche Amsterdam decide di riqualificare, destinandola a residenza, un’area che ospitava la società municipale di gestione delle acque. Il quartiere GWL Terrain (625 appartamenti) viene progettato come quartiere completamente “car free”. A eccezione dei mezzi di soccorso, possono entrare solo pedoni e ciclisti. I 130 parcheggi disponibili per i residenti (1 ogni 4 abitazioni) sono esterni all’insediamento.
Solo il 20% dei residenti possiede un’auto, il 30% in meno rispetto alla media cittadina. Questi risultati sono stati ottenuti grazie a una buona accessibilità al trasporto pubblico, un sistema interno di car sharing, piste ciclabili di collegamento con la città e la vicinanza alla stazione centrale (10 minuti in bicicletta). Gli appartamenti sono serviti da una piccola centrale di cogenerazione e scambiatori di calore e sono orientati in modo da massimizzare gli apporti naturali del riscaldamento solare. I tetti verdi presenti sulle coperture dei blocchi principali consentono di migliorare l’isolamento e ridurre il deflusso superficiale delle acque, mentre una rete idrica duale riutilizza l’acqua piovana negli scarichi delle toilette.

LIBERI DALL’AUTO
L’idea dei quartieri car free si diffonde e nel 1996 a Vienna iniziano i lavori per il quartiere Autofreie (senz’auto) Mustersiedlung (completato nel 2000). Il quartiere è un complesso edilizio di 244 appartamenti costruiti per inquilini che si sono contrattualmente obbligati a non possedere un’auto. Lo spazio non utilizzato per le auto (e le risorse risparmiate) è stato dedicato a strutture comuni, come officine per riparare le bici, centri per il car sharing, una sauna, una palestra, spazi gioco per i bambini, un centro per i giovani, giardini pensili. Nonostante la sua densità, gli edifici a sei piani sono orientati in modo tale da consentire un’insolazione diretta anche ai piani terra, rendendo possibile un utilizzo attivo e passivo dell’energia solare. Un’unità di recupero calore sfrutta la temperatura delle acque di scarico in inverno e può convertirsi a impianto di raffrescamento in estate. Le acque grigie sono quindi depurate sul posto e riutilizzate nelle toilette. Il teleriscaldamento supporta, quando necessario, un sistema energetico basato su fonti rinnovabili e una centrale fotovoltaica fornisce energia per i veicoli elettrici in servizio car sharing. Tutti i materiali edilizi sono stati scelti sulla base della minimizzazione dell’impatto ambientale. Gli spazi aperti sono in larga maggioranza realizzati a prato, piantumati con vegetazione del posto e abbelliti da una piccola area umida. Le terrazze sui tetti sono utilizzabili per usi comuni e un’area libera è stata preservata e convertita in parco pubblico.

Sull’onda del successo del primo quartiere senz’auto, a Vienna è stato realizzato – tra il 2006 e il 2008 – un complesso edilizio con 99 appartamenti, con un nome che parla chiaro: Bike City. Bike City è infatti concepito avendo come priorità i bisogni degli utilizzatori di biciclette. Il complesso include un numero di servizi “bike friendly” come un’officina per le riparazioni, spazi per il parcheggio sicuro, grandi ascensori.
Il principale elemento strategico che caratterizza il progetto è stata la scelta di costruire solo il 50% dello standard di parcheggi auto richiesto normalmente (almeno un parcheggio auto per ogni famiglia). In questo modo le considerevoli risorse risparmiate sono state investite nelle strutture a favore delle bici, più piccole e meno costose, e in spazi ludici comuni, come una sauna, uno spazio per il relax, luoghi di incontro e aree verdi. Standard di vita elevati a costi relativamente bassi hanno comportato un forte interesse da parte del mercato, con oltre 5.000 richieste per i 99 appartamenti. Questi numeri hanno spinto la città di Vienna e progettare una Bike City 2 vicino al Danubio, con circa 250 appartamenti. Nelle vicinanze di questo nuovo complesso verrà costruito un hotel specializzato per i ciclisti e un parcheggio scambiatore per facilitare una connessione diretta con il trasporto pubblico. 

 

Vai alla prima parte dell’articolo. L’articolo è stato pubblicato sul numero 4/2010 della rivista bimestrale QualEnergia.
 

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