Rinnovabili in Portogallo, una scommessa vinta

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In cinque anni il paese iberico è riuscito a portare la sua produzione elettrica da fonti rinnovabili dal 17 al 45%. Contro ogni aspettativa dei leader europei, la notevole spinta del governo portoghese ha permesso di modificare l'assetto delle reti e di erogare equilibrati incentivi che hanno fatto esplodere il mercato. Ora l'obiettivo per il 2020 è di raggiungere quota 60%.

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Il Portogallo, nonostante faccia parte dei cosiddetti PIGS, i quattro paesi europei a rischio di insolvenza finanziaria, in cinque anni è riuscito a portare la sua produzione elettrica da rinnovabili dal 17 al 45%, puntando forte prima su idroelettrico ed eolico (quest’ultima tecnologia è cresciuta del 700%), poi su fotovoltaico ed energia dalle onde.

E’ vero, la bolletta è cresciuta di quasi il 16% nello stesso periodo, forse proprio a causa di questo programma per le rinnovabili, ha dichiarato l’International Energy Agency. Ma i costi iniziali, legati anche agli incentivi, verranno lentamente assorbiti dal sistema e si potrà raggiungere un livello costante già nei prossimi anni, e una decrescita nella prossima decade.
Un articolo su The Guardian sottolinea come nel Regno Unito l’aumento delle bollette elettriche delle famiglie in questi ultimi 5 anni sia stato molto vicino a quello del paese iberico, circa il 14%, ma senza ottenere i risultati in termini di sviluppo delle energie pulite, che nel paese lasciano ancora molto a desiderare (la quota è di appena il 3%).

In Portogallo c’è stato in 10 anni un notevole cambiamento soprattutto in termini di qualità delle reti. Prima appartenevano alle società elettriche private che ovviamente non avevano alcun interesse ad investire in fonti rinnovabili; cosa che avrebbe comportato un notevole impegno economico nell’adattamento delle infrastrutture. Il governo superò quest’impasse acquistando le rete per adattarle ad una generazione elettrica più distribuita e intermittente, tipica delle tecnologie per l’energia pulita. La rete fu resa allora più flessibile e furono migliorate le connessioni nelle aree più remote del paese. Incentivi ben dosati, come ad esempio la feed in tariffs, hanno fatto poi da propulsori del mercato.

Queste scelte stanno incidendo anche sul delicato fattore della “sicurezza degli approvvigionamenti“. Diversi anni fa le importazioni di combustibili fossili del Portogallo rappresentavano quasi la metà del deficit della bilancia dei pagamenti. Ora il governo può affermare che entro il 2014, quando saranno operativi e completati grandi impianti come la centrale eolica di Alto Minho, quella solare di Moura e la centrale di Aguçadora che produrrà energia dalle onde dell’oceano (progetto che comunque ha ancora dei problemi di finanziamento), si potranno chiudere due centrali elettriche convenzionali e ridurre l’operatività di altri impianti alimentati a fonti fossili.
Inoltre, entro la fine del prossimo anno il Portogallo potrebbe diventare il primo paese a inaugurare una rete nazionale di stazioni di ricarica per le auto elettriche, abbassando ulteriormente il livello delle emissioni di gas serra, grazie al sostanzioso contributo delle rinnovabili.

Il New York Times riprendeva ad agosto l’esperienza di successo del paese lusitano, anche per confrontarla con quanto si sta tentando di fare negli Usa, e spiegava come la scommessa del governo sia stata finora vinta anche contro ogni aspettativa della comunità internazionale. Si ricordano ancora i sorrisini beffardi che avvertivano il primo ministro José Socrates di desistere perché “il piano non sarebbe stato competitivo”, che “si trattava di un bel sogno”, che sarebbe stato “troppo costoso”. Tra questi anche il nostro Berlusconi che, essendo particolarmente dedito alla battuta, sarcasticamente si offrì di far costruire a Socrates una fiammeggiante Ferrari elettrica.

Parallelamente con questo sviluppo delle installazioni sta crescendo l’industria nazionale. Per fare un esempio, EDP Renováveis è diventato il terzo più grande operatore per la vendita di energia elettrica da eolico a livello mondiale, tanto da siglare accordi importanti anche in diverse zone degli States.

La transizione energetica impostata dal 2005 da questo governo continuerà nonostante alcune critiche e pressioni interne dovute ai presunti eccessivi costi economici e finanziari. “Finora il programma non ha messo sotto stress il bilancio statale”, ha detto Shinji Fujino, responsabile per l’International Energy Agency della divisione studi nazionali. Ora l’obiettivo per il 2020 del Portogallo è di arrivare al 60% di energia elettrica da rinnovabili. Con le dovute differenze, l’esperienza portoghese e la determinazione politica con la quale è stata intrapresa dovrebbe essere un esempio per molti governi europei, a cominciare dal nostro.

Nel 2008 sul nostro sito (Qualenergia.it, L’ambizioso rinnovabile lusitano) riportavamo una risposta al Guardian del ministro dell’economia e dell’innovazione, Manuel Pihno in merito al fatto che il nucleare venisse trascurato dal programma: “Quando si ha un programma così non c’è bisogno del nucleare. Il vento e l’acqua sono la nostra energia nucleare. Il costo relativo delle rinnovabili in questo momento è molto più basso, ed è dunque lì che vanno messi gli incentivi”. E aggiungeva, “con il cambiamento climatico e l’aumento del costo del petrolio le rinnovabili diverranno sempre più importanti, i paesi che non vi investono pagheranno un caro prezzo nel futuro”.

 

 

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