Meno 30% di CO2 in Europa, si può fare. Silvestrini a Ecoradio

Dai dati elaborati dall'Agenzia europea dell'ambiente (Eea) emerge che l'Ue ha ridotto le emissioni di CO2 del 17,3% rispetto al 1990. L'obiettivo di una riduzione del 20% entro il 2020 è vicino. Molti paesi europei premono per ridurre ulteriormente le emissioni, l'Italia continua ad adottare una politica di retroguardia in tema ambientale. L'opinione di Gianni Silvestrini a Ecoradio.

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Ascolta audio (mp3): durata 2’50”

I recenti dati 2009 dei gas serra elaborati dall’Agenzia europea dall’ambiente (Eea) indicano che l’Ue ha ridotto le emissioni di CO2 del 17,3% rispetto al 1990. In base ai risultati ottenuti, e ricordando che siamo molto vicini all’obiettivo di riduzione di CO2 pari al 20% entro il 2020, si può pensare a un incremento degli obiettivi di riduzione fissati per il 2020 (Qualenergia.it, Taglio della CO2, se la crisi ci dà un’occasione).

Molti paesi europei hanno già pensato a obiettivi più ambiziosi: la Germania, per esempio, ha un obiettivo del -40%, la Svizzera del -49%. Francia, Gran Bretagna e Germania hanno chiesto ufficialmente un innalzamento della riduzione dei gas climalteranti pari al 30%.

Obiettivi più incisivi sono anche quelli richiesti da molte industrie europee, tra cui figura una sola azienda italiana, la Barilla. La posizione del Governo e del Ministero dell’Ambiente del nostro paese è, invece, diversa. Posizione che risulta poco comprensibile, dal punto di vista degli interessi delle industrie italiane, se pensiamo che in paesi come la Germania, nonostante siano stati in molti a sottolineare la decisione di prolungare la vita delle centrali nucleari, si siano prefissati anche obiettivi basati sulle fonti rinnovabili, che cambiano totalmente il quadro elettrico del paese: nel 2020 infatti si avrà il 35% di elettricità verde, il 50% al 2030, il 65% al 2040 e l’80% al 2050. Uno scenario, quindi, in cui gran parte della produzione elettrica proverrà da fonti rinnovabili, grazie alle quali le emissioni di anidride carbonica caleranno rapidamente.

È questo il quadro internazionale con cui il nostro paese deve confrontarsi. Risulta perciò sempre più inspiegabile la politica italiana di retroguardia su un tema così delicato per le strategie industriali e ambientali del nostro paese. L’Italia continuerà a rimanere su posizioni arretrate che non aprono a possibilità cui, invece, è interessato il resto dell’Europa?

L’opinione di Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia, a Ecoradio.

 

15 settembre 2010

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