L’Italia tra rinnovabili e nucleare. Radio Radicale intervista Silvestrini

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Lo sviluppo delle rinnovabili rappresenta per l'industria italiana un'interessante opportunità di crescita e innovazione. Il ritorno al nucleare annunciato dal Governo potrebbe invece compromettere lo sviluppo della green economy nel nostro paese. Queste alcune delle riflessioni di Gianni Silvestrini a Radio Radicale.

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Ascolta Audio (mp3 – durata 12’15”)

A luglio sono stati pubblicati sul New York Times alcuni studi sui costi e benefici del nucleare e delle rinnovabili che sottolineano come la curva dei costi del solare, che tra le rinnovabili è la tecnologia più costosa, tende a decrescere nel tempo. Al contrario il costo del nucleare tende a crescere per la necessità di implementare sistemi di sicurezza sempre più adeguati.

Sui costi del nucleare è utile evitare di paragonare quelli del kWh nucleare delle centrali esistenti da dieci o trent’anni, che hanno ammortizzato i loro costi d’investimento, con quelli del kWh di centrali di nuova costruzione, che sono ovviamente più elevati.
Il nucleare, infatti, anche secondo un recentissimo studio del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, risulta la più cara tra le fonti di energia.

Lo scorso anno la potenza elettrica installata da rinnovabile nel mondo ha avuto un boom con percentuali incoraggianti: il 62% in Europa, il 43% negli Stati Uniti e il 33% in Cina. Questo sviluppo rappresenta per l’industria italiana un’interessante opportunità di inserimento tecnologico. Infatti, nel campo di queste tecnologie e di quelle per l’efficienza energetica ci sarà molto spazio per l’innovazione delle piccole e medie imprese italiane.

Un recente studio del Gse e della Bocconi dimostra che con una politica intelligente sul versante dell’industria delle rinnovabili, al momento è molto limitata, si potrebbe raggiungere un fatturato medio annuo di 5,6 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, con un’occupazione indotta di 175mila unità.
Questi numeri dimostrano, quindi, che nel nostro paese c’è la possibilità di dare posti di lavoro e di ritagliarsi uno spazio nella crescita della industria rinnovabile mondiale. Al contrario, puntando sull’atomo il sistema italiano finirà per pagare royalties all’estero per ottenere la tecnologia nucleare.

Sarebbe utile, da parte del Governo, predisporre un piano energetico nazionale che faccia programmazione a lungo termine, ma oggi questa possibilità sembra utopistica. In questo periodo l’Italia è dotata di un eccesso di potenza elettrica installata e bisogna quindi chiedersi cosa accadrà quando, accanto a questa potenza già in eccesso, saranno raggiunti anche gli obiettivi obbligatori del 20% per le rinnovabili al 2020. Il nucleare a quale tecnologia toglierà spazio?

L’intervista di Radio Radicale a Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia.

 

1 settembre 2010

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