Uno scenario elettrico per il 2020 (prima parte)

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Sulla base del Piano di Azione per le Energie Rinnovabili, una sintesi di uno scenario per il settore elettrico italiano al 2020 curato da Sergio Zabot e Carlo Monguzzi che presuppone l'adozione di una strategia complessiva che coniughi la riduzione prioritaria dei consumi finali elettrici con l'incremento della produzione da rinnovabili. In questa prima parte il potenziale di risparmio energetico e il fattibile contributo delle energie pulite.

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Il Piano di Azione per le Energie Rinnovabili (PAN) presentato dal Ministero dello Sviluppo Economico in conformità alla Direttiva 2009/28/CE, esprime la strategia del Governo italiano nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e ne descrive le principali linee di azione.
Il documento, elaborato secondo le specifiche fornite dalla Commissione europea, riporta le politiche e le misure già esistenti o previste in materia di fonti rinnovabili, fornendo una descrizione completa e accurata di quanto fatto in passato sia nel comparto della produzione elettrica, sia di quelli del riscaldamento, del raffrescamento, e dei trasporti.

Il PAN assume come “baseline” al 2020, tenendo conto dell’effetto della crisi economica, un Consumo Finale Elettrico Lordo di 407.000 GWh. Tuttavia, supponendo ulteriori misure supplementari di efficienza che dovrebbero esplicitarsi sui 24.000 GWh di minori consumi, il PAN individua un Consumo Elettrico Finale Lordo previsto al 2020 intorno ai 380.000 GWh.
La produzione lorda di energia elettrica da fonti rinnovabili al 2020 è identificata in 98.880 GWh pari al 26% del Consumo Lordo (vedi tabella 1).

Purtroppo il documento non riporta in modo dettagliato i presupposti e le ipotesi di calcolo che stanno alla base delle previsioni di richiesta di energia elettrica sulla rete al 2020, né sono esplicitati i criteri di previsione e di stima dei contributi delle varie fonti.

In particolare gli apporti idroelettrici sembrano particolarmente sottostimati dato che già negli anni dal 2001 al 2003 sono stati superati i 42.000 GWh di produzione netta e che nel 2009 è stato raggiunto il record di ben 47.000 GWh netti prodotti. Inoltre la potenza di riferimento del 2005 differisce sensibilmente da quella riportata da Terna e GSE per lo stesso anno.

Il limite di 9.650 GWh posto alla produzione di solare fotovoltaico rispecchia pedissequamente il limite degli 8.000 MW incentivabili al 2020 e non vengono considerati effetti di “free-riding” dovuti a un probabile raggiungimento della “grid parity” prima del 2020.

Per quanto riguarda i biocombustibili, le ore di funzionamento degli impianti, calcolabili con il raffronto tra energia e potenza sembrano esigue, considerando che molti di tali impianti hanno regimi di funzionamento superiori alle 7.000 ore. Analogamente il funzionamento medio del parco eolico on-shore, fissato in sole 1.500 ore/anno sembra particolarmente esiguo.

Tuttavia, al di là degli adempimenti formali, quali la presentazione del Piano a Bruxelles, ciò che ancora manca è la definizione di un quadro organico di strumenti attuativi stabili e il superamento di tutte le inefficienze che oggi caratterizzano il sistema energetico italiano.

Pertanto, con questo documento intendiamo proporre uno scenario basato sull’adozione di una strategia complessiva che coniughi la riduzione prioritaria dei consumi finali elettrici con l’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili.

Riteniamo, infatti, che riducendo sostanzialmente il fabbisogno globale di energia finale, anche le quote di Fonti Rinnovabili necessarie a raggiungere l’obiettivo saranno minori. Da questo punto di vista, crediamo che la riduzione dei consumi, benché rappresenti una misura NON vincolante del “pacchetto 20-20-20” deve essere assunta come priorità nell’implementazione del Piano di Azione Nazionale.

Lo studio condotto dal Gruppo “eErg” del Politecnico di Milano ha stimato che il potenziale economicamente conveniente di risparmio energetico, inferiore a 6 €cents/kWh, cioè che costa meno che produrre Energia Elettrica, è di 82.000 GWh al 2020, equivalenti a 7 centrali nucleari da 1.600 MW. Secondo il Politecnico, spendendo 5 miliardi di euro si attivano 63.000 posti di lavoro stabili e si producono benefici economici stimati in 65 miliardi di euro al netto degli investimenti (tabella 2). 

Assumendo come Scenario di Riferimento quello indicato dal Ministero dello Sviluppo Economico e calcolato in ottemperanza alle indicazioni fornite dalla Commissione europea, il fabbisogno di energia elettrica richiesta in rete, depurati dei possibili risparmi indicati dal Politecnico di Milano, si attesta intorno i 330.000 GWh.

Per quanto riguarda i contributi che le Fonti Rinnovabili possono fornire al fabbisogno di Energia al 2020, ci riferiamo ai potenziali espressi dalle varie Associazioni di settore.

IDROELETTRICO
In uno studio condotto dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), assieme ad ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente), Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, CIRPS (Centro interuniversitario di ricerca per lo sviluppo sostenibile) si afferma che mini e micro-idroelettrico possono far aumentare la potenza installata di centrali idroelettriche dagli attuali 20.000 MW a 30.000 MW; il maggiore potenziale sarebbe quindi di un 50% circa, considerando solo impianti mini e micro a bassissimo impatto ambientale.

Inoltre, all’interno di un possibile e necessario riassetto del sistema idrogeologico per prevenire ed ovviare agli eventi alluvionali, questi Enti ritengono che si possa attuare un migliore e potenziato sistema idroelettrico di centrali inferiori ai 100 MW, attraverso un sistema di bacini a dispersione ma anche “aggiornando” con più moderne tecnologie, le centrali esistenti, sopratutto quelle ad acqua fluente. Il maggiore potenziale da tali sistemi è individuato tra 8.000 e10.000 MW.

Il potenziale acclamato dal CNR-Enea sembra comunque molto ambizioso, e le difficoltà tecniche, normative e burocratiche sono tali che al 2020 si può presumere che solo una piccola parte di tale potenziale possa essere sfruttato. Riteniamo pertanto, in accordo con gli studi effettuati dalla European Small Hydro Association (ESHA) per l’Italia, che la capacità aggiuntiva realizzabile di mini e micro idroelettrico ammonti a 2.500 MW con una producibilità netta di 4.750 GWh al 2020.

EOLICO
La previsioni dell’Associazione Nazionale Energia del Vento (ANEV) indicano per l’Italia al 2020, mantenendo l’attuale trend di sviluppo, una potenza eolica installata tra 16.200 MW cui corrisponderanno 27.000 GWh di elettricità prodotta. Gli scenari EWEA (European Wind Energy Association) sono ancora più ottimisti e ipotizzano ulteriori 2.000 MW di impianti offshore, 10 volte superiori ai 200 MW stimati dall’ANEV.

L’eolico è sicuramente una tecnologia matura oltre che concorrenziale e secondo i ritmi di sviluppo attuali potrà avere un discreto “peso” sul fabbisogno nazionale. Tuttavia riteniamo che le previsioni ANEV possano essere eccessive, date la problematiche di impatto ambientale e paesaggistico che le installazioni eoliche determinano. Prefiguriamo pertanto, sostanzialmente in linea con il Piano Nazionale, una capacità massima realizzabile al 2020 di 13.000 MW di cui 1.000 MW off-shore, ma con un maggiore utilizzo, che potrebbe portare la produzione netta totale intorno ai 26.000 GWh.

GEOTERMICO
Alla fine del 2009, nell’area di Larderello, sono stati superati 840 MW di energia geotermica da parte di Enel Green Power. Secondo l’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR, al 2020 si potrebbe raggiungere l’obiettivo di 1.500 MW installati con una produzione di oltre 10.000 GWh di energia elettrica, pari al 3% dell’energia totale prodotta sul territorio nazionale. Un recente accordo tra Enel e Regione Toscana prevede di superare i 1.000 MW al 2020 con una produzione di oltre 7.000 GWh.
Sebbene il CNR ritenga che si possa raggiungere l’obiettivo dei 1.500 MW installati al 2020, la realizzazione di tali impianti è lunga e difficoltosa. Riteniamo più probabile la sola realizzazione al 2020 dell’accordo tra Enel e la Regione Toscana che prevede 1.000 MW con 7.500 GWh di produzione annua.

SOLARE
Lo studio “SET For 2020” realizzato dall’Associazione europea delle industrie del fotovoltaico (EPIA) ha identificato tre possibili scenari di diffusione del fotovoltaico, determinati da una serie di condizioni diverse:

  • uno scenario di base che prevede una penetrazione del fotovoltaico del 4% entro il 2020. Si tratta di un’ipotesi di crescita “business as usual“. Questo scenario non prevede modifiche al sistema elettrico esistente, ma richiede un totale impegno da parte del settore fotovoltaico nella riduzione dei costi, nel marketing e un più ampio sostegno politico in Europa.
  • uno scenario di crescita accelerata che punta a coprire il 6% del mercato, rispettando ampiamente gli attuali limiti infrastrutturali. Oltre ai requisiti di base, la crescita accelerata richiede modifiche minime al sistema elettrico esistente, una filiera di produzione e distribuzione ottimizzata, una maggiore cooperazione con le utilities e una trainante offerta di prodotti e servizi.
  • infine, uno scenario Paradigm Shift che punta invece ad un obiettivo del 12%. Oltre alle condizioni viste in precedenza, questo scenario richiede, oltre a miglioramenti della catena di produzione e distribuzione e delle strategie operative e di marketing, una rapida e vasta implementazione dei meccanismi di stoccaggio dell’energia e l’utilizzo delle innovative “smart grid” o reti intelligenti. La visione dell’EPIA va oltre il 2020, con una penetrazione del fotovoltaico che supera abbondantemente l’obiettivo del 12%.

Il potenziale del fotovoltaico è sicuramente molto elevato. Lo scenario di base comporta la realizzazione di 15.000 GWh al 2020, mentre il PAN-2010 fissa un obiettivo di 8.000 MW con 9.650 GWh di produzione elettrica. La resa, evidentemente cautelativa, è fissata in 1.200 kWh/kW, valore ragionevole per il Nord-Italia, mentre nel Sud la resa può arrivare tranquillamente a valori intorno i 1.500 kWh/kW. Il PAN prevede inoltre altri 500 MW di solare termodinamico con una produzione di ulteriori 1.700 GWh. Occorre precisare che sebbene il Governo non intenda incentivare più di 8.000 MW di potenza fotovoltaica, al 2015 la tecnologia dovrebbe aver raggiunto la cosiddetta “Grid Parity” per cui riteniamo che una quota di 12.000 GWh, comprensivi di solare a concentrazione sia assolutamente prevedibile e che potrebbe anche essere superata.

BIOENERGIE
Sotto questa voce sono raggruppate le Biomasse, i Biocombustibili e i Rifiuti Biodegradabili detti anche FORSU (Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani). ITABIA (Italian Biomass Association), in un poderoso rapporto pubblicato nel 2008, sostiene che l’Italia può raggiungere alcuni importanti obiettivi per il prossimo decennio e produrre, utilizzando biomasse di vario tipo e origine: 3 Mtep di energia elettrica, pari 35.000 GWh; 9-11 Mtep di energia termica e 4-5 Mtep di biocarburanti, per un totale di energia fossile sostituita pari a 16-19 Mtep;

Le biomasse, il biogas e i biocombustibili hanno grandi potenziali, ancora poco sfruttati. Gli allevamenti che disperdono i reflui sono ancora la grande maggioranza, e le coltivazioni dedicate alla produzione di biocombustibili sono ancora molto limitate. Riteniamo che raggiungere una capacità installata di 7.000 MW, pari a quattro volte quella attuale, sembra fattibile e la produzione di elettricità, comprensiva di tutto l’incenerito può situarsi intorno ai 28.500 GWh. Escludendo dal conteggio l’incenerito non rinnovabile, la produzione di Energia dovrebbe situarsi sui 23.500 GWh.

Per concludere, la produzione netta di energia elettrica da fonti rinnovabili si potrebbe attestare quindi sui 116.000 GWh con un incremento di quasi il 70% rispetto il 2009, e con un’incidenza del 35% sul totale dell’energia elettrica immessa in rete al 2020.

TERMOELETTRICO
Per quanto riguarda la produzione di energia convenzionale ovvero da impianti termoelettrici comprensivi della frazione non rinnovabile destinata ai termovalorizzatori, una quota di poco più di 190.000 GWh dovrebbe essere sufficiente a coprire il fabbisogno al 2020. Questo significa che 50.000 MW di capacità netta disponibile, con un funzionamento medio di 3.800 ore/anno, sono sufficienti a garantire la cosiddetta “Potenza di Planning” al 2020 con una riserva del 40%.

Il problema dell’utilizzo degli impianti termoelettrici rimane un tema aperto. Ipotizzando un incremento delle ore medie di utilizzo degli impianti, da 3.500 a 3.800 ore/anno, potrebbero essere sufficienti, al 2020, 50.000 MW di capacità termoelettrica disponibile da combustibili fossili (carbone e gas). Tuttavia il permanere del meccanismo della formazione del prezzo in Borsa elettrica con il metodo del prezzo marginale, non può che rallentare la dismissione degli impianti più obsoleti e quindi più costosi. D’altra parte l’incremento delle richieste di punta, soprattutto per l’aumento della diffusione di pompe di calore, sia per riscaldamento che per raffrescamento, farà aumentare la realizzazione di impianti dedicati alle punte con bassi utilizzi, ma con prezzi di offerta particolarmente elevati.

Da queste considerazioni ne deriva che è più probabile che le ore medie di funzionamento diminuiscano anziché aumentare e che quindi il parco termoelettrico si assesti su una capacità globale intorno agli 80.000 MW. Infatti, secondo i dati provvisori pubblicati da Terna, la Potenza Efficiente Netta di generazione elettrica è aumentata del 4,7% tra il 2008 e il 2009, con l’entrata in esercizio di circa 2.700 nuovi MW di Cicli Combinati a Gas. Peraltro, tra il 2010 e il 2011, dovrebbero entrare in esercizio altri 3.300 MW di impianti attualmente in costruzione. Nel 2012 dovrebbero “entrarne” altri 1.200 MW già autorizzati ma non ancora in costruzione e poi c’è la fila di altri 15.000 MW ancora in fase di autorizzazione.

Infine, occorre considerare il notevole incremento in atto di impianti di mini-cogenerazione che sta avvenendo al ritmo di un migliaio di MWt per anno e forse più. Secondo i dati del GSE, tra il 2006 e il 2008, ne sono entrati in esercizio un centinaio, per un ammontare di 4.000 MWt con un trend che tende ad aumentare.

IMPORTAZIONI ED ESPORTAZIONI
Sia l’Unione Petrolifera, sia la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile prevedono una riduzione delle importazioni. Secondo i nostri calcoli, le importazioni dovrebbero scendere al 6% del totale dell’energia richiesta sulla rete, pari a 20.000 GWh/anno e una buona parte di questa dovrebbe essere utilizzata per alimentare i bacini idroelettrici tramite pompaggi notturni. Al 2020 le importazioni dalla Francia saranno drasticamente ridimensionate e si ipotizzano quindi importazioni per un massimo di 20.000 GWh pari al 6% dell’energia immessa in rete. Infatti occorre tenere conto delle difficoltà in atto del sistema nucleare francese, che con lo smantellamento previsto al 2020 di una dozzina di reattori, non sarà più in grado di garantire elevati volumi di esportazione.

D’altra parte, con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri francese della legge “NOME” (Nouvelle Organisation du Marché Electrique” – 14 Aprile 2010), il prezzo da pagare per le forniture di Energia Elettronucleare a Electricité de France (EdF) dovrà necessariamente coprire tutti i costi delle centrali in esercizio: della produzione, dello smantellamento, del capitale e del prolungamento della vita dei reattori. Di conseguenza i prezzi di vendita dell’elettricità francese sono destinati a salire consistentemente. Secondo EdF, il prezzo di vendita dell’elettricità di origine nucleare agli “altri operatori” aumenterà fino a 60 euro/MWh al 2020 rispetto l’attuale prezzo regolato di 32 €/MWh e ciò provocherà una forte riduzione delle importazioni attuali.

Per contro sono in progetto e allo studio potenziamenti e nuove connessioni con i Paesi confinanti. Di questi i potenziamenti più prossimi a decollare sembrano essere quelli con la Svizzera, con Lienz in Austria e con la Slovenia. Vi sono poi numerose altre ipotesi di collegamenti attualmente in istruttoria con la Croazia, il Montenegro, l’Albania, nonché un collegamento in corrente continua tra la Sicilia e la Tunisia.
E’ possibile quindi che una parte di importazioni che attualmente provengono dalla Francia, in futuro possano arrivare da questi Paesi, anche se si può ragionevolmente escludere che da qui al 2020 i collegamenti con Croazia, Montenegro e Albania possano essere realizzati.

Per quanto riguarda l’import-export con la Francia, il flusso sarà destinato ad invertirsi se e quando entreranno in esercizio impianti nucleari sul suolo italiano, dato che questi saranno destinati principalmente ad alimentare la rete elettrica francese, anche se ciò è improbabile che avvenga prima del 2025.

POMPAGGI
Gli impianti di pompaggio sono una grande risorsa per accumulare indirettamente energia elettrica con una resa accettabile. La resa, tra l’energia spesa per pompare l’acqua nei bacini a monte e l’energia ricavata dalla caduta dell’acqua nel bacino a valle, può arrivare al 70%.

Leggendo i dati forniti dal MSE ed elaborati dall’Associazione dei Produttori di Energie Rinnovabili (APER) si rileva che il potenziale attuale sia di almeno 7.500 GWh/anno producibili tramite sistemi di pompaggio. Questo valore è già stato ottenuto nel 2002, annata di scarsità di precipitazioni. Negli anni successivi l’energia ricavata da pompaggi è scesa costantemente fino a raggiungere un minimo nel 2009 di 4.157 GWh. Il 2009 peraltro è stato un anno record per la produzione idroelettrica con ben 47.000 GWh, esclusi i pompaggi.

L’ipotesi di ricavare 7.000 GWh da pompaggi al 2020 è quindi fortemente cautelativa, considerando che tale valore può essere ottenuto senza alcun intervento sui bacini a valle, ma semplicemente utilizzando quelli esistenti.

PERDITE SULLA RETE
Le perdite rappresentano un valore importante nell’economia della gestione delle reti di trasporto e di distribuzione dell’energia elettrica. Attualmente ben 20.000 GWh/anno, pari al 6% dell’energia immessa in rete si perde, principalmente per il cosiddetto “effetto Joule”.

Secondo la IEA (dati 2007), tale valore è del 6,35%, contro il 5.6% di Germania, Spagna, Austria, il 4.9% del Belgio, il 7.4% della Francia, il 12,6% della Polonia e il 19% dell’Estonia. In media nell’Europa a 27 (compresi quindi i paesi ex-sovietici) la dispersione è di circa 6.7%.

Sebbene le perdite sulla rete italiana siano nella media europea, il miglioramento di anche un solo punto percentuale può consentire un’economia di circa 3.500 GWh/anno. Miglioramenti delle reti e degli apparati di trasformazione per ridurre le perdite sono possibili e auspicabili.

Domani pubblicheremo la seconda parte del lavoro di Monguzzi e Zabot dedicata al piano di politica energetica necessario ad ottenere gli obiettivi indicati nello scenario definito da i due autori (tabella 3).

 

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