Clima d’America (seconda parte)

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Global warming e rinnovabili nell'epoca di Obama. Una situazione interna molto diversificata. In questa seconda parte dell'articolo gli incontri al National Renewable Energy Laboratory, i laboratori del Pdil, il National Oceanic and Atmospheric Administration e il Governatore del Colorado. Un reportage dagli Usa di Sergio Ferraris per la rivista QualEnergia.

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Prima parte dell’articolo


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Lasciata la Capitale approdiamo a Golden, in Colorado, dove dal 1974 si trova il National Renewable Energy Laboratory (Nrel) che appare come un grande cantiere. Vicino ai laboratori esistenti, infatti, si stanno costruendo nuovi edifici per ospitare le ricerche rese possibili dal pacchetto degli stimoli “green” di Obama. «I finanziamenti al Nrel oscillano in base alle priorità nazionali, fissate dalla politica. – ci dice Ted James, analista politico e di mercato dello Strategic Energy Analysis Center (Seac) – Con Bush il Nrel era praticamente dimenticato ma ora, con la nuova amministrazione che punta molto sulle rinnovabili, tutto sta cambiando». Comunque al Nrel anche durante l’amministrazione repubblicana non sono rimasti fermi e a dimostrazione di ciò si possono osservare all’ingresso dei laboratori una serie di prodotti fotovoltaici tra i più innovativi oggi sul mercato. «Le principali priorità di questa amministrazione per quanto riguarda l’energia sono la sicurezza dell’approvvigionamento, i prezzi e l’ambiente. – afferma Jeff Logan, un altro analista del Seac – Con il nucleare e l’idroelettrico fermi dagli anni Ottanta, eolico e fotovoltaico sono prioritari, specialmente in un momento in cui la Cina spende tre volte ciò che investono gli Stati Uniti in rinnovabili e si avvia a diventare un leader nella costruzione di aerogeneratori».


Gli USA sono, secondo i due analisti, una delle nazioni di punta per le rinnovabili, ma c’è incertezza per quanto riguarda il futuro, poiché oltre allo scenario già descritto se continuerà l’incertezza circa la politica federale in materia d’energia e clima, i singoli Stati continueranno a muoversi in un contesto di scarsa coerenza, nonostante 29 abbiano già degli standard per le rinnovabili e 6 possiedano degli obiettivi definiti. «Anche se al Congresso passasse una legge sul clima e sulle rinnovabili, producendo un limitato impatto sui mercati nel breve termine, il dibattito interno sul ruolo che giocheranno le tecnologie low-carbon negli Usa continuerà», concludono i due analisti del Seac.

Il Nrel ha una struttura che gli consente di avere un mix equilibrato tra la ricerca a breve e quella a lungo termine (il budget complessivo 2010 è di 312,7 milioni di dollari, 82,4 solo per le quali ci sono quest’anno 63,7 milioni), mentre il fatto di possedere al suo interno sia un settore di analisi energetica, sia quello di commercializzazione e sviluppo di prodotto, lo rende “appetibile” alle aziende che lo utilizzano come una vera e propria piattaforma di ricerca. Ed è proprio questo il caso del fotovoltaico con i laboratori del Pdil (Process Development and Integration Laboratory) nei quali i ricercatori del Nrel, delle industrie private e delle università possono accedere a una serie di sistemi e facilities per lo sviluppo di processi e integrazione che toccano tutti i settori del fotovoltaico. «Stiamo raggiungendo risultati notevoli nella ricerca sul thin film. – afferma John Pern, ricercatore senior del Pdil – In alcune prove sperimentali abbiamo raggiunto un’efficienza del 20% per questo tipo di celle che pensiamo di stabilizzare al 16% durante la fase di reindustrializzazione».


Altro settore sul quale stanno puntando molto al Nrel è quello delle biomasse, attraverso la messa a punto di una centrale di trattamento delle biomasse in grado di utilizzare indifferentemente residui di sottobosco, legno di pioppo, residui di mais, rifiuti e così via, per ottenere etanolo. «La nostra intenzione è quella di realizzare impianti commerciali 1.000 volte più grandi di questo, che oggi tratta una tonnellata al giorno di materia prima ottenendo 300 litri di etanolo. Questo processo, una volta messo a punto, dovrebbe diventare competitivo nel giro di due – tre anni. – afferma Richard Elander, supervisore della R&S al Nrel – Oltre a ciò stiamo sviluppando enzimi competitivi e una filiera per ottenere biocombustibili dalle alghe».


Fin qui le tecnologie applicate alle rinnovabili; ma ciò che tiene banco negli USA, al contrario che da noi, è la realtà dei cambiamenti climatici e allora dal Nrel ci spostiamo al National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), dove in materia di atmosfera e previsioni hanno qualcosa da dire. Il primo laboratorio che visitiamo è quello che studia il rapporto tra le eruzioni solari e una serie di eventi sulla Terra tra i quali quelli atmosferici e ciò sembra essere implicitamente una sconfessione per chi sostiene che il global warming possa derivare dall’attività solare. «L’impatto delle tempeste solari è vario. – afferma Bill Murtagh, coordinatore del centro per le previsioni meteorologiche spaziali – Si va dal blocco ai sistemi Gps – con tutto ciò che questo può rappresentare per settori come quello agricolo e petrolifero -, fino alla messa fuori uso delle reti elettriche».


Il punto centrale degli studi del Noaa per i cambiamenti climatici è di sicuro il monitoraggio della CO2. «È ancora troppo presto per avere dei modelli accurati dal nostro sistema “Carbon tracker” che è iniziato nel 2007. – afferma Lori Bruhwiler, ricercatrice del gruppo di studio sul ciclo della CO2 e dei gas serra – Ciò che tengo a sottolineare è il fatto che al Noaa non analizziamo i problemi singolarmente ma in una prospettiva globale, cosa che ci sarà molto utile a breve nel monitorare i risultati degli sforzi di mitigazione». Il lavoro del Noaa comunque è imponente. Ogni anno arrivano a Boluder 24.000 campioni d’atmosfera raccolti in maniera specifica per il monitoraggio della CO2 e negli Stati Uniti si fa anche la profilazione verticale dell’atmosfera, per avere dati certi sull’accumulo della CO2 alle diverse quote. Ma il global warming per il Noaa è d’origine antropica o no? Gli scienziati di Boulder non si pronunciamo mai direttamente, ma affermazioni come: «Difficile che lo scetticismo possa avere solide basi scientifiche», suonano come delle secche smentite alle tesi dei falchi della Heritage.


Se la risposta non è sufficiente, infine, basta visitare il teatro del Noaa – al quale accedono migliaia di studenti l’anno – dove su una sfera sospesa a mezz’aria nel buio è possibile proiettare a tre dimensioni qualsiasi cosa riguardi il nostro Pianeta, dalla deriva dei continenti, agli eventi estremi, passando appunto per la concentrazione della CO2. E l’evoluzione futura del global warming Alexander E. Mac Donald, direttore dell’Earth System Research Laboratory del Noaa, la lascia per ultima quando inserisce la simulazione sulla concentrazione della CO2 e dell’aumento della temperatura dei prossimi 130 anni (717 ppm); di fronte a una grande macchia rossa sull’Antartico e su buona parte del Nord America, più 10°C, conclude: «Le serie storiche le avete viste. Queste sono le previsioni in base ai nostri modelli. Potete trarre da soli le conclusioni»

Lasciamo il Noaa decisamente scossi, e guardano con occhi diversi i tanti esempi di uso irrazionale dell’energia che nel viaggio da Boulder a Denver ci si prospettano davanti. Verande di hotel riscaldate con sistemi a gas da 50 kWt, centri commerciali dove ci sono quasi 30°C, si cammina con le infradito e i pantaloncini corti mentre poco dopo nevica (il clima del Colorado ad aprile agli occhi di un europeo sembra già impazzito) e ancora moltissimi pick up General Motors da quattro tonnellate, quelli che hanno messo in ginocchio il colosso dell’auto a stelle e strisce, anche se – complice la crisi – le berline di media cilindrata europee e giapponesi si cominciano a vedere: sono tutti elementi che non spingono a essere ottimisti.


Ottimismo che però ritroviamo negli uffici del Governatore del Colorado che si occupano d’energia, dove incontriamo il responsabile delle reti di trasmissione Morey Wolfson. «Il Governatore democratico Bill Ritter (ora in carica. N.d.R.) ha sconfitto i repubblicani che prima guidavano lo Stato con un programma che collega economia, energia e ambiente, recependo i risultati di una consultazione popolare promossa dagli attivisti per le rinnovabili (tra cui lo stesso Wolfson. N.d.R.) che chiedevano il 10% dell’elettricità del Colorado prodotto da rinnovabili entro il 2015. – ci dice Wolfson che ora è anche consulente per le rinnovabili di Ritter – Ora il target è stato alzato al 30% (solo la California lo ha più alto. Il 33%. N.d.R.) entro il 2020, cosa che farà del Colorado il secondo Stato dell’Unione per utilizzo delle rinnovabili dopo la California, oppure il primo, se escludiamo l’idroelettrico».


Il vulcanico Ritter, con l’evidente spinta di Wolfson, non si ferma qui. «Abbiamo stipulato un accordo senza precedenti per spegnere 900 MWe di generazione elettrica a carbone entro il 2015. Sostituendoli con il gas naturale. – prosegue Wolfson – Certo questo fatto non è il Nirvana, ma il gas naturale non contiene anidride solforosa e ha il 50% di CO2 in meno. Questa politica, inoltre, spingerà le rinnovabili e renderà migliore anche l’aria che respirano i tre milioni di abitanti di Denver. Non è un caso che Obama abbia firmato gli stimoli per le rinnovabili proprio qui a Denver», prosegue con un pizzico d’orgoglio.


Buona ventosità, 300 giorni l’anno di Sole e dislocazione geografica sono alcuni degli elementi sui quali il Colorado punta per lo sviluppo delle rinnovabili e che devono aver convinto i danesi della Vestas a investire un miliardo di dollari in tre stabilimenti per realizzare aerogeneratori, creando 2.500 posti stabili di lavoro. «Dagli studi che abbiamo fatto emerge che le zone favorevoli per il fotovoltaico e l’eolico sono lontane dalle linee elettriche e dai punti d’utilizzo. – conclude Wolfson – Per questo motivo abbiamo deciso di puntare sulla ristrutturazione della rete utilizzando le smart grid. Non è possibile pensare alle rinnovabili senza mettere mano alla rete».


Il messaggio di Ritter è stato recepito immediatamente dalle aziende che si sono lanciate al volo sull’occasione, come la TendrilENDRIL, azienda creata a Boulder grazie a un mix di esperienze provenienti dalla Silicon Valley e dalle utility elettriche, che lavora solo sulle smart grid e ha lanciato sul mercato Vision, una specie di iPad per gestire tutti i consumi d’energia della propria casa, il rapporto con il distributore d’elettricità e i comportamenti energetici individuali in base alle previsioni dei costi. Chissà cosa ne pensano alla Heritage Foundation di un piccolo dispositivo domestico che in un colpo solo coniuga libertà energetica, rinnovabili, difesa del clima e libero mercato.


(articolo pubblicato sul numero 3/2010 della rivista bimestrale QualEnergia)


 

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