Il ruolo sottostimato del risparmio energetico

I piccoli interventi sulla domanda elettrica riducono le emissioni anche del 60% in più rispetto a quanto calcolato finora, sostiene uno studio del Grantham Institute. Sono infatti soprattutto le centrali a fonti fossili a rispondere alle variazioni della domanda. Intervenendo sulle abitudini di consumo il Regno Unito potrebbe risparmiare 40 Mt di CO2: come spegnere 10 grandi centrali a gas.

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Spegnere la luce quando non si è in una stanza, alzare di qualche grado il condizionatore, fare la lavatrice di notte o montare lampadine ad alta efficienza: i piccoli accorgimenti nei comportamenti degli utenti del sistema elettrico contribuirebbero a ridurre le emissioni fino al 60% in più di quanto si era stimato finora. A sostenerlo un nuovo studio del Grantham Institute for Climate Change che fornisce un nuovo argomento – se ce ne fosse bisogno – a favore del risparmio energetico.

Lo studio mette in discussione il modo in cui finora si è stimato l’impatto delle piccole variazioni della domanda elettrica sulle emissioni totali. Fino ad ora le emissioni evitate al calare dei consumi, infatti, sono state calcolate moltiplicando i chilowattora risparmiati per le emissioni medie del sistema elettrico nel suo complesso, considerando cioè le emissioni prodotte per ottenere una data quantità di energia in base all’intero mix energetico del sistema elettrico, fatto sia da forme di generazione low-carbon da che fonti fossili.

Importanti fonti low-carbon come l’eolico, l’idroelettrico, il fotovoltaico o il nucleare, come sappiamo, sono però scarsamente modulabili e programmabili: vanno così a contribuire prevalentemente al carico di base del sistema elettrico, mentre a rispondere alle fluttuazioni della domanda sono in gran parte impianti flessibili e programmabili come le centrali termoelettriche a fonti fossili. Tradotto: una centrale a carbone può  essere programmata  sul momento per produrre più o meno a seconda delle esigenze temporanee del sistema. È soprattutto la generazione da questi tipi di impianti, quelli che emettono CO2, a venire ridotta al diminuire della domanda di elettricità.

Risultato: le emissioni evitate con il risparmio energetico sarebbero fino al 60% in più di quanto stimato finora. Nel caso britannico, ad esempio, prima dello studio si era considerato che ogni kWh risparmiato evitasse 0,43 kg di CO2 (ossia le emissioni medie per kWh di quel sistema elettrico); i ricercatori del Grantham Institute invece calcolano che riducendo la domanda di 1 kWh si risparmino 0,69 kg di CO2. Solo attraverso il cambiamento delle abitudini di consumo nel Regno Unito – sottolineano gli autori della ricerca – si potrebbero risparmiare 40 milioni di tonnellate di CO2 all’anno: come spegnere 10 grandi centrali a gas.

Conclusioni quelle dello studio del Grantham Institute che non fanno che riconfermare l’opportunità, anche nel settore elettrico, di iniziare la rivoluzione energetica dal versante in cui il rapporto costi-benefici è migliore: quello della domanda. Un campo nel quale le tecnologie della cosiddetta smart grid – si pensi ai contatori o agli elettrodomestici “intelligenti” (Qualenergia.it, Il frigo intelligente che raffredda il pianeta) – possono fare molto, ma in cui risultati rilevanti possono venire anche semplicemente da cambiamenti nelle abitudini quotidiane di consumo degli utenti: dallo spegnere il Pc quando non lo si usa, al moderare l’uso del condizionatore e così via con una lunga lista di piccoli, ma rilevanti, gesti.

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