Il potenziale dell’energia dal mare

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L'energia dal mare entro il 2050 potrà coprire il 15% del fabbisogno elettrico europeo, dichiara la European Ocean Energy Association. Anche secondo Frost & Sulivan il poteniziale è grande. Ma il cammino per queste tecnologie è ancora lungo e il supporto del settore pubblico sarà essenziale.

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L’energia dal mare entro il 2050 potrà arrivare a coprire il 15% del fabbisogno elettrico europeo. Le tecnologie che sfruttano onde, maree o differenze di salinità e temperature delle acque per produrre energia pulita al momento stanno solo muovendo i primi passi, ma le promesse sono interessanti. Almeno a sfogliare la roadmap per lo sviluppo di queste fonti presentata dalla European Ocean Energy Association (vedi allegato).

Vi si parla di 3,6 GW di potenza installata in Europa entro il 2020 e di ben 188  GW al 2050: oltre13 milioni di tonnellate di CO2 evitate e 470mila nuovi posti di lavoro. Un cammino ambizioso per un settore ancora nella sua fase infantile: secondo l’ultimo rapporto di REN21 (Qualenergia.it, REN21, rinnovabili mondiali verso il sorpasso) al momento in Europa sono installati solamente 6 MW di potenza, divisi in vari progetti più o meno sperimentali, su onde, maree, correnti sottomarine e impianti che sfruttano i gradienti di salinità e temperatura. Paese all’avanguardia nel settore la Gran Bretagna (Qualenergia.it, In Scozia la promessa dell’energia dal mare), dove il primo impianto su scala commerciale a sfruttare le maree fornisce già elettricità a circa mille case.

Nonostante – come riporta la roadmap – diversi paesi europei hanno messo in campo incentivi per promuovere queste tecnologie e molte grandi utility vi stanno investendo, la strada è ancora lunga ed irta di ostacoli. C’è bisogno di forti investimenti per entrare nella fase commerciale, c’è una filiera tutta da costruire ed esiste poi il problema delle infrastrutture elettriche per collegare i futuri impianti. Per accelerare questo percorso – suggerisce la European Ocean Energy Association – sarebbe opportuno creare un’iniziativa industriale europea ad hoc nell’ambito dello Strategic Energy Technology (SET) comunitario, un modo per stimolare quella collaborazione tra pubblico e privato senza la quale il settore rischia di non farcela.

Che valga la pena investire nel settore, d’altra parte, lo dice chiaro anche un altro recente studio sull’energia da onde e maree: quello pubblicato da Frost & Sullivan. A livello mondiale – vi si legge – l’energia da mare ha un potenziale stimato in 6.000 terawattora annui (ossia il doppio di quanto produce tutto il nucleare del mondo) per gli impianti a moto ondoso e di altri 700 TWh per quelli alimentati dalle maree: un mercato che potrebbe arrivare a mille miliardi di dollari. Tra i vantaggi di questa fonte, rispetto alle altre rinnovabili come eolico e solare, c’è la maggiore prevedibilità della produzione.

Anche Frost & Sullivan mette in rilievo le difficoltà da superare. Occorrono almeno altri 5-10 anni, stima il report, prima che le tecnologie escano dalla fase dimostrativa e i costi inizino a scendere. L’ostacolo maggiore sono i grossi investimenti necessari: attualmente il costo di un megawatt di potenza per un impianto a moto ondoso è di circa 2,4 milioni di euro.

Già ora governi e aziende stanno investendo molto nel settore: come nel Regno Unito dove il governo sta riversando decine di milioni di sterline in vari progetti e nella ricerca. Con la crisi finanziaria però c’è stato un rallentamento e alcuni progetti sono stati messi in stand-by o abbandonati: è il caso dell’impianto da 9 milioni di euro per sfruttare il moto ondoso che doveva essere realizzato ad Aguçadoura in Portogallo da Pelamis Wave Power e Babcock & Brown, naufragato con il fallimento di quest’ultima.
Insomma – conclude anche lo studio della società di consulenza – per riuscire a sfruttare l’energia dal mare è fondamentale creare forti partnership tra privati e pubblico.

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