Nonostante ci siano operatori che già lo fanno in maniera egregia ed innovativa, resta comune una certa difficoltà a voler superare in maniera intelligente le difficoltà di integrazione con il territorio che l’impiego delle fonti rinnovabili necessariamente comporta, un atteggiamento di chiusura ideologica verso il loro utilizzo.
Bisogna essere consapevoli del fatto che se si rinuncia a investire nelle rinnovabili, il ritorno alle soluzioni convenzionali è d’obbligo.
Nelle Marche, ad esempio, circa la metà dell’energia elettrica consumata viene importata. In base al Piano Energetico Regionale, approvato quattro anni fa, questa regione potrebbe puntare sull’eolico, sul fotovoltaico, sulle biomasse e sulla cogenerazione e generazione distribuita per passare ad un modello distribuito. Ciò non si riesce a fare. Il risultato è che a fronte delle difficoltà legate alla realizzazione di impianti distribuiti, per produrre energia si è obbligati ad optare per una grande centrale termoelettrica convenzionale.
È necessaria una presa di coscienza, soprattutto da parte delle Sovraintendenze, del fatto che le scelte delle politiche energetiche da implementare non sono mai neutre, ma implicano un’inevitabile assunzione di responsabilità per il futuro.
L’opinione a Ecoradio di Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club e QualEnergia.
22 Luglio 2010
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