Il premio finlandese per l’innovazione tecnologica – nato nel 2004, quando è andato a Tim Berners-Lee, l’inventore del world wide web e assegnato ad anni alterni – in questa edizione è stato vinto appunto dall’inventore delle celle fotovoltaiche organiche (dye-sensitized solar cell), celle a film sottile costruite usando una combinazione di diossido di titanio e di tinture organiche che promettono di abbattere i costi rispetto alle tradizionali in silicio mono o policristallino, ma anche rispetto ai film sottili attualmente sul mercato.
Scoperte negli anni ’70 e da allora oggetto di continua ricerca, questo tipo di cella che imita il processo della fotosintesi clorofilliana, secondo il comitato internazionale del concorso ha tutte le carte in regola per ritagliarsi un ruolo da protagonista nel mondo del fotovoltaico. Un riconoscimento che arriva proprio mentre questa tipologia di celle comincia ad essere commercializzata.
Senza scendere nelle problematicità tecniche, si possono comunque evidenziare alcuni vantaggi di queste celle. Primo fra tutti il prezzo dato dalla semplicità di costruzione e dai materiali utilizzati. Si parla di un costo per watt di circa un decimo rispetto ai moduli tradizionali e circa la metà rispetto a quelli a film sottile. I film sottili in commercio sono realizzati in gran parte con cadmio e tellurio, materiali piuttosto rari; le celle organiche sono invece costruite con materiali economici e disponibili in quantità: principalmente (oltre al vetro) biossido di titanio e tinture a base di pigmenti organici sintetizzati biologicamente, a partire ad esempio anche dai mirtilli o dalle melanzane. Oltre a questo, la costruzione è semplice (vedi video), molto meno dispendiosa in termini di energia consumata rispetto alle tecnologie concorrenti e inoltre non vengono utilizzate sostanze tossiche.
A questo si aggiungano alcune caratteristiche tecniche che rendono le celle organiche potenzialmente interessanti: con un’efficienza in laboratorio dell’11% (paragonabile a quella dei film sottili più efficienti), sono l’ideale per applicazioni estensive. Ottengono ottimi risultati con bassa insolazione e grazie al tipo di costruzione disperdono il calore più in fretta, di modo che le alte temperature ne compromettono le prestazioni in maniera minore rispetto alle altre tecnologie. Uno dei problemi da risolvere è legato, oltre alla stabilità elettrica generale della cella, all’uso di elettroliti liquidi (ma si stanno studiando alternative come gel e altri materiali) che ghiacciano alle basse temperature, bloccando così la produzione elettrica.
Le celle organiche sono inoltre flessibili, resistenti e possono essere anche trasparenti, aspetto che apre al fotovoltaico una serie di applicazioni inedite. Già in commercio ci sono capi d’abbigliamento e borse corredati di celle fotovoltaiche organiche, mentre molto si potrebbe fare nell’integrazione edilizia. L’esempio lo fornisce lo stesso Grätzel, illustrando la tecnologia al Guardian: una pellicola trasparente per i vetri; un’applicazione già possibile anche usando gel fotovoltaico al silicio amorfo, ma con una grossa differenza: se il costo a watt del gel al silicio si aggira sui 2 euro, quello della pellicola a celle organiche previsto da Fujikura, la ditta giapponese che la sta per commercializzare, sarebbe sui 36 centesimi.