Un giro d’affari da 230 miliardi di euro, investimenti annui sul territorio per 16 miliardi, 118 mila occupati. Sono le dimensioni dell’intero settore energetico italiano come descritto nell’ultimo rapporto Censis commissionato da Confindustria Energia (vedi allegato). Un rapporto intitolato “Il valore sociale dell’industria energetica italiana”, zeppo di dati utili per avere un’idea di com’è e come sta cambiando il mondo dell’energia in Italia.
Solo per gli usi civili il paese consuma 68,4 TWh di energia elettrica (comprendendo terziario, agricoltura e industria sono 319 TWh secondo dati GSE, riferiti, come quelli del Censis, al 2008). Sempre riferendosi solo ai cittadini-consumatori il gas naturale usato ogni anno è pari a 30,2 miliardi di metri cubi cui si vanno ad aggiungere 2,2 milioni di tonnellate di Gpl e 2 milioni di tonnellate di gasolio per riscaldamento.
Nei trasporti, vengono consumati 11 milioni di tonnellate di benzina l’anno da 19,4 milioni di automobili, 26 milioni di tonnellate di gasolio da 12,8 milioni di automobili, 4,3 milioni di veicoli commerciali e industriali e 93.200 autobus, e 1 milione di tonnellate di Gpl da 1,1 milioni di veicoli; a metano vanno invece circa 506mila veicoli per un consumo di 670 milioni di metri cubi di gas naturale. Nel 2008 le sole accise per autotrasporto ammontavano a oltre 23 miliardi €.
Le due fonti “minori”, eolico e fotovoltaico, sono anche quelle dalla crescita più vivace e con il maggior numero di aziende attive: 56 per l’eolico mentre il fotovoltaico nel 2008 contava 314 imprese nel settore installazione e 114 tra produttori e trader.
Un sistema energetico in evoluzione, insomma, anche se frenato. Due i fattori critici – si legge nel documento – che potrebbero portare l’Italia a “perdere occupazione e rilevanza sul piano della competitività del proprio settore industriale, data la dipendenza dalle importazioni e i costi della fattura”: la “farraginosità delle procedure autorizzative a livello nazionale e territoriale, unita alla forte conflittualità locale per le infrastrutture,” che possono portare ad una situazione di “blocco degli investimenti sia nell’ambito dello sfruttamento delle risorse energetiche nazionali che in quello delle fonti rinnovabili” e infine “la carenza di adeguate politiche energetiche di medio lungo termine” che può determinare “un impoverimento tecnologico“: il Paese – fa notare il Censis – “potrebbe rinunciare a svolgere un ruolo significativo in alcuni settori della filiera, diventando sostanzialmente solo importatore di prodotti e tecnologie.”