Le rinnovabili messe al tappeto

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Il Governo manomette il meccanismo dei certificati verdi e mette a rischio finanziario progetti per 5,3 miliardi di euro: le banche sospendono l'esame delle operazioni di finanziamento e bloccano l'erogazione dei fondi. La denuncia di Edo Ronchi e di molti operatori del settore che chiedono di stralciare subito l'articolo 45 della manovra finanziaria.

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Ora la questione prioritaria per lo sviluppo delle energie rinnovabili in Italia e per il raggiungimento dell’obiettivo del 17% al 2020 è quella di stralciare subito l’articolo 45 della recente manovra finanziaria del Governo che affossa il prezzo dei certificato verde e crea al contempo, come ha denunciato ieri Edo Ronchi nel corso di un convegno organizzato da Legambiente (“La spinta dell’Europa alle fonti rinnovabili”), “un rischio di default finanziario per 5,3 miliardi di euro di investimenti nel settore delle rinnovabili”.

Un provvedimento incoerente che toglie un tassello fondamentale al piano d’azione nazionale per la quota di energie rinnovabili al 2020 che il Ministero dello Sviluppo Economico ha fatto uscire in bozza per la consultazione proprio nei giorni scorsi (vedi qui Sintesi Piano d’azione per le rinnovabili– pdf). In attesa di analizzare e commentare nei prossimi giorni il documento completo, che dovrà essere presentato alla Commissione entro il 30 giugno, vale la pena concentrarci sulla questione certificati verdi (CV).

Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ha ricordato che “circa l’80% degli investimenti in nuovi impianti eolici e da biomasse, cioè 3.300 MW, sono finanziati per oltre 5,3 miliardi con business plan che si basano sulla normativa vigente“.
In effetti il mancato ritiro da parte del GSE dei CV in eccesso rispetto agli obblighi dei produttori porterebbe ad un crollo del loro prezzo dagli attuali 88 euro di 25-30“.

Ronchi ha spiegato che questa situazione “produrrà problemi finanziari per gran parte delle iniziative in essere, con pesanti conseguenze negative per il settore in termini di perdita di installazioni e produzione, di benefici occupazionali, ambientali e, anche, di credibilità del paese sui mercati finanziari”.
Su questo punto Francesco Ferrante, senatore del Pd, ha messo in evidenza che “anche se la norma venisse stralciata domani il danno è ormai fatto: come è possibile credere ad uno Stato che cambia in corsa le regole del gioco?” Questo vale anche per gli investitori esteri.

Purtroppo non possiamo dimenticare un simile precedente, quando negli ultimi mesi del 2008 la bozza della Finanziaria 2009 dava inaspettatamente un colpo durissimo alla detrazione del 55%, bypassando, come nel caso attuale, il parere del Ministero dello Sviluppo Economico. In quei mesi, prima della marcia indietro di Tremonti, operatori industriali, tecnici e commerciali dovettero sospendere i loro progetti di investimento e l’incertezza piombò su il vasto settore che si occupava di interventi di efficienza energetica nell’edilizia. E’ bastato solo quell’annuncio per mettere nei guai migliaia di aziende, anche nei mesi successivi. Alla faccia delle politiche rilancio dell’economia!

Oggi la questione è ancora più pesante perché la norma sui CV si sta già facendo sentire. Edo Ronchi ha spiegato che le principali 25 banche nazionali che sono coinvolte su nuovi progetti per le rinnovabili (eolico, biomasse, mini-hydro, ecc.) hanno sospeso l’esame di tutte le operazioni di finanziamento e “nella generalità dei casi – ha detto Ronchi – gli istituti di credito hanno invocato le clausole di grave peggioramento del quadro normativo e bloccato immediatamente qualsiasi nuova erogazione relativa a contratti di finanziamento già in corso”.

Come si è più volte detto, anche nella nostra testata (Nubi sul futuro delle rinnovabili), l’articolo 45 danneggia il meccanismo incentivante, con gravi danni all’economia e all’occupazione, senza dare nessun beneficio nel taglio della spesa pubblica, visto che le risorse per il pagamento dei certificati verdi ritirati obbligatoriamente dal Gse (circa 530 milioni di € nel 2010) vengono “spalmate” sulle bollette elettriche degli italiani nella componente A3.
Ma a fronte di questo mezzo miliardo di euro risparmiato, verrà azzerato il gettito fiscale sia a livello centrale (Irpeg, Irap e Iva) che a livello locale (canoni, Ici e corrispettivi fissati con Comuni che ospitano gli impianti), in un settore che ha avuto nel 2009 un giro d’affari di oltre 4,5 miliardi di euro. Dov’è dunque il vantaggio?

Per Ronchi “si bruceranno in pochi mesi i risultati positivi degli ultimi anni avuti da uno dei pochi settori in crescita, quando tutti gli altri comparti soffrono pesantemente la crisi economica e finanziaria”.

Per molti, a partire da Confindustria (vedi comunicato Kyoto Club) e dallo stesso sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’energia, Stefano Saglia (che ha definito l’articolo 45 “sbagliato”), bisogna annullare la misura della manovra e, alla luce del target 2020, cogliere l’occasione del recepimento della direttiva comunitaria per le rinnovabili da presentare entro dicembre, per rivedere il meccanismo nel suo complesso, pensando anche ad un sistema di incentivazione a tariffa fissa (feed in tariff) sul modello tedesco o spagnolo.

Ora la domanda che molti si pongono è: quale la ratio di questo provvedimento e perché questo governo non fa altro che mettere i bastoni tra le ruote all’energia verde? A molti viene in mente la scelta di concentare risorse e impegno sul ritorno all’atomo (tra 10-15 anni?). Ma forse sono solo cattivi pensieri.

LB

15 giugno 2010

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