Prospettive radiose per il fotovoltaico britannico

Con la nuova tariffa feed-in nel Regno Unito potrà nascere un nuovo promettente mercato per il fotovoltaico. L'installato si moltiplicherà per 5 già nell'anno in corso e al 2015 si raggiungerà 1 GW di potenza inatallata; entro il 2020 si potrà arrivare a 6 W. Prospettive allettanti per gli operatori, ma ancora manca la parte alta della filiera.

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Il fotovoltaico britannico ha davanti un futuro interessante. Grazie alla nuova tariffa feed-in l’installato si moltiplicherà per 5 nel 2010 e, partendo praticamente da zero, al 2015 verrà raggiunto il gigawatt di potenza cumulativa. Nel 2020 si potrà arrivare a 6 GW. Sono queste le previsioni dell’ultimo report sul settore della società di consulenza PricewaterhouseCoopers nel Regno Unito (vedi allegato).

A fine 2009 erano solo 32 i megawatt fotovoltaici installati in Gran Bretagna, per lo più piccoli impianti domestici da circa 3 kW. Briciole, se confrontati con i numeri dei paesi europei in testa alla classifica del fotovoltaico, come Germania e Spagna e ora anche Italia.

Fino all’inizio di quest’anno Londra aveva come strumento principale per arrivare all’obiettivo nazionale 2020 (ottenere dalle rinnovabili il 30% del fabbisogno elettrico) un obbligo di produzione da rinnovabili per i fornitori di elettricità, una misura che penalizzava le fonti pulite più costose. E’ anche per questo che nel Regno Unito l’eolico contribuisce per il 50% della potenza installata da rinnovabili e il fotovoltaico solo per lo 0,3%. Con la tariffa incentivante in vigore da questo aprile, però, il solare si candida a dare un contributo più sostanzioso.

Dal 1° aprile 2010, dunque, anche la Gran Bretagna si è dotata di una tariffa feed-in per il fotovoltaico sul modello del nostro conto energia: il cosiddetto Clean Energy Cashback (Qualenergia.it, Parte l’era del solare anche nel Regno Unito). Un incentivo molto generoso che, ad esempio per gli impianti sotto i 4 kW su edifici già esistenti, arriva a riconoscere per 25 anni 46 centesimi di euro per ogni chilowattora prodotto, a cui si vanno ad aggiungere – oltre al risparmio in bolletta – circa 3,3 centesimi per ogni kWh prodotto, ma non consumato. Tradotto: il fotovoltaico diventa un investimento appetitoso anche sotto il pallidino sole britannico.

Il ritorno economico dell’investimento in Gran Bretagna con il Clean Energy Cashback è stimato da PricewaterhouseCoopers in 7-9% per gli impianti domestici e del 5-7% per quelli su scala commerciale. Si prevede che le installazioni saranno realizzate in prevalenza sui tetti di utenze domestiche pur essendoci buobe opportunità anche per i grandi impianti.

Ma la filiera del fotovoltaico britannico è pronta per questa esplosione? Niente affatto. Sono meno di una manciata le industrie attive nella produzione di celle e moduli FV in Gran Bretagna (vedi allegato per i dettagli), ma soprattutto è iper-frammentata e ampiamente sottodimensionata la parte a valle della filiera, quella che si dovrà occupare della progettazione e dell’installazione degli impianti.

Quindi il momento in cui gli operatori devono muoversi è proprio questo. Per la parte a monte della filiera, raccomanda PricewaterhouseCoopers, essi dovranno identificare e sviluppare i loro settori di mercato, investire nel brand, sviluppare alleanze con reti di installatori. Per la parte a valle occorrerà investire sulla formazione di personale, costruire relazioni con utility ed enti pubblici, ma anche fare campagne di comunicazione per sensibilizzare gli utenti.

Anche per le banche e gli altri investitori non mancano i consigli: identificare gli attori più promettenti su cui puntare, sviluppare prodotti e portafogli di investimenti che sfruttino al massimo le potenzialità della tariffa feed-in e, infine, collaborare con industria, consumatori e associazioni per fare sì che ottenere un finanziamento per un impianto fotovoltaico sia il più semplice possibile. Insomma, occorre agire bene ed in fretta per approfittare di un mercato che sta nascendo ora e che promette molto.

GM

9 giugno 2010

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