Ancora brutte notizie dal fronte nucleare

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Slittano ancora i lavori della centrale nucleare di Olkiluoto, in Finlandia. Negli Stati Uniti nel 2035 la quota di elettricità atomica calerà decisamente visto che molti impianti saranno a fine vita. L'opzione nucleare secondo l'Annual Energy Outlook dell'amministrazione Usa sarà la più costosa tra 10 anni come tra 25.

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Uno scarno comunicato ha annunciato l’ennesimo slittamento dei lavori della centrale nucleare di Olkiluoto in Finlandia. Doveva essere il fiore all’occhiello per il lancio internazionale del reattore francese EPR, il modello che Enel intenderebbe installare anche nel nostro paese. Invece ritardi ed extracosti si susseguono, tanto che, se tutto andrà bene, il reattore inizierà a funzionare solo nel 2013, con quattro anni di ritardo rispetto alle previsioni.

Anche da oltreoceano si delinea uno scenario poco rassicurante, malgrado gli incentivi messi a disposizione da Bush e confermati da Obama. L’Annual Energy Outlook 2010 appena pubblicato delinea il possibile ruolo del nucleare Usa nei prossimi decenni ipotizzando un calo deciso della quota dell’elettricità atomica. Nel 2035 si passerebbe, infatti, dall’attuale 20% al 13% nel caso in cui a tutti i reattori venisse concesso un prolungamento fino a 60 anni della vita degli impianti (vedi figura in basso: Centrali nucleari Usa che raggiungeranno i 60 anni di attività prima del 2035. Fonte: U.S. Energy Information Administration / Annual Energy Outlook 2010).

Il calo sarebbe inferiore, con una quota nucleare del 17%, se venisse consentita l’attività dei reattori anche oltre il sessantesimo anno di attività. In nessun caso, quindi, i pochi nuovi reattori previsti sarebbero in grado di mantenere l’attuale share.

In realtà, è improbabile che si realizzino prolungamenti di vita così estesi per diverse ragioni, incluse quelle degli elevati costi di gestione. Si consideri che tra il 1974 e il 1998 ben 14 reattori nucleari sono stati chiusi prima del previsto a causa della loro non economicità. D’altra parte, i costi di adattamento per aumentare la vita di un impianto sono notevoli, tanto che in Francia l’EDF ha per ora rinunciato a chiedere l’estensione della vita all’autorità di controllo.

Ma c’è un secondo dato interessante nell’Outlook 2010 dell’Amministrazione Usa e riguarda proprio le valutazioni sui costi. Al 2020 l’elettricità prodotta da un nuovo impianto nucleare, secondo il rapporto, risulterebbe la soluzione più costosa seguita da quelle di carbone, vento e gas.

Al 2035 la classifica dei costi vedrebbe ancora al primo posto il nucleare, seguito dal carbone, dal gas e dal vento che a quella data risulterebbe la scelta tecnologica più vantaggiosa (vedi grafico: Costi di produzione di energia elettrica – c$/kWh – da nuove centrali realizzate negli Usa nel 2020 e nel 2035, espressi in $ 2008. Fonte: U.S. Energy Information Administration / Annual Energy Outlook 2010).

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