La fine del petrolio facile e i conti da pagare

Il disastro della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, più drammatico di quanto la Bp volesse far credere inizialmente, è un forte avvertimento che la nostra dipendenza dal petrolio la pagheremo sempre di più soprattutto in termini di ocupazione, qualità della vita e salute.

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Mentre ancora non si riesce a capire se l’operazione “top kill” che la Bp ha messo in moto da ieri riuscirà a fermare definitivamente la falla nel Golfo del Messico (le ultime notizie non sono rassicuranti), le nuove stime governative parlano di una perdita giornaliera che va dai 12.000 ai 19.000 barili di petrolio, cioè da 1,9 a 3 milioni di litri/giorno. Altro che 1000 o 5000 barili, come aveva inizialmente dichiarato al Bp! Questo vuol dire che in 37 giorni (il 20 aprile, giorno dell’esplosione) sono stati riversati in mare dai 444mila ai 703mila barili, cioè dai 70 ai 112 milioni di litri di petrolio.
Alcuni ritengono queste cifre ampiamente sottostimate, anche forse di 10 o addirittura 20 volte. Inoltre c’è poca chiarezza su cosa stia esattamente uscendo dal pozzo, ora misto a petrolio. Forse gas, che sta risputando il materiale pompato per coprire il pozzo. L’operazione, dicono quelli della compagnia, durerà per altri due giorni.

Per dimensionare l’evento ricordiamo alcune cifre di incidenti petroliferi divenuti tristemente famosi: nel golfo di Alaska la superpetroliera Exxon Valdez di proprietà della Exxon Mobil il 24 marzo 1989 disperse in mare 40,9 milioni di litri di petrolio (257mila barili di petrolio). Quindi la falla Deepwater Horizon ne ha finora espulsi più del doppio.
Gravissimo è anche l’incidente della piattaforma messicana “Ixtoc I”, tra il giugno 1979 e il 23 marzo 1980, da cui sgorgarono in mare circa 3,4 milioni di barili di petrolio. Tuttavia la più grande fuoriuscita di petrolio resta quella provocata durante la prima guerra del Golfo dalle parti in conflitto, nei territori tra Iraq e Kuwait (gennaio 1991): vennero dispersi nell’ambiente circa 11 milioni di barili di petrolio su un’area di 6.800 kmq (poco più dell’Umbria), in alcuni punti con depositi sui terreni di oltre 13 cm.

La tragedia della Deepwater Horizon però non può dirsi ancora conclusa e nessuno ancora può fornire un quadro esatto degli effetti di questo disastro. I danni potrebbero essere incalcolabili e di sicuro avranno ripercussioni per anni, se non per decenni. Molti degli abitanti delle coste perderanno il loro lavoro e saranno costretti ad abbandonare quelle aree alla ricerca di altre occupazioni. Oltre alle migrazioni dovute ai cambiamenti climatici (già in atto), assisteremo allora anche a quelle causate da disastri energetici. Un fatto pressoché nuovo per un paese occidentale e altamente industrializzato. Sicuramente molte decine, forse centinaia di migliaia di vite sono state “intaccate” questa volta per sempre da quello che viene chiamato “lo sterco del diavolo”.

Il disastro del Golfo del Messico potrebbe essere uno spartiacque sull’energia nella mentalità dell’opinione pubblica, come lo è stato l’uragano Katrina per il riscaldamento globale. Ma non è detto però che i tempi di reazioni della politica saranno rapidi, come il fallimento di Copenhagen e le controverse politiche degli Stati stanno lì a dimostrare.

Per Richard Heinberg, direttore scientifico del Post Carbon Institute, l’evento a largo delle coste della Louisiana “sembra essere la rappresentazione della fine dell’era del petrolio“. “Il petrolio facile ed economico è finito – ha scritto – da oggi in avanti lo pagheremo sempre di più, non solo in denaro, ma anche in termini di vite e salute, in una fallimentare politica estera che genera guerre e occupazioni militari, oltre che nella perdita di integrità del sistema biologico che sostiene la vita nel nostro pianeta e dei suoi abitanti”.

“Non abbiamo scelte – dice Heinberg – o ci lasciamo distruggere dal petrolio o poniamo termine quanto prima a questa dipendenza“. Per Heinberg questa strategia di uscita dall’oro nero deve diventare la priorità centrale della nazione americana e dovrebbe coinvolgere tutti, dal Presidente ai cittadini. “Ci sono scelte difficili da prendere e un immenso lavoro da fare”.
Il petrolio ci ha permesso finora crescita economica e vita agiata, ma oltre una certa soglia ogni risorsa iper sfruttata chiede il suo conto.

LB

28 maggio 2010

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