Il nucleare è ancora indigesto

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La campagna mediatica pro-atomo nel nostro paese è iniziata. Ma ha davanti un duro lavoro di convincimento: solo il 20% degli italiani vuole nuove centrali e il 55% pensa che i rischi siano maggiori dei possibili benefici. I dati dell'Eurobarometro sulla percezione del nucleare nei paesi europei.

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La campagna pubblicitaria annunciata dal governo Berlusconi per il nucleare sembra essere partita a pieno regime: basta accendere il televisore o sfogliare i giornali per rendersene conto. Una campagna condotta in modo da raggiungere il pubblico generalista: ecco allora che di nucleare si parla addirittura su Grazia, il settimanale femminile edito da Mondadori, con Umberto Veronesi, oncologo e probabile candidato a guidare la futura agenzia per la sicurezza sul nucleare, che spiega quanto l’atomo sia sicuro e desiderabile. Ma il lavoro da fare per chi vuole convincere gli italiani ad accettare nuove centrali è ancora molto. Per ora infatti solo il 20% è a favore di nuove centrali.

È uno dei dati pubblicati di recente nell’ambito del sondaggio Eurobarometer 2010 sul nucleare in Europa (vedi allegato). Dall’indagine emerge che il consenso verso questa tecnologia, lungi da quanto dovrebbe accadere nell’epoca del suo decantato rinascimento, è in calo. Se nel 2006, ad esempio il 62% degli europei riteneva che l’atomo potesse aiutare a combattere il riscaldamento globale, ora (dati rilevati nell’autunno 2009) di questa opinione è solo il 46% della popolazione. I paesi in cui si è persa più fiducia nel possibile contributo del nucleare al rallentamento del global warming? Quelli dove si stanno costruendo, o sono in programma, nuove centrali: Francia, Finlandia e Regno Unito.

Anche le preoccupazioni per la sicurezza delle centrali non sono diminuite significativamente in questi ultimi anni. In contraddizione con quanto ci si potrebbe aspettare dall’immagine di tecnologia pulita con cui vengono venduti i reattori di terza generazione e dall’affievolirsi del ricordo del disastro di Chernobyl, più della metà degli europei, il 51%, continua a pensare che i rischi dell’atomo superino i benefici (erano il 53% nel 2006). Solo il 35% crede che i benefici compensino i rischi. 

Tra i paesi in cui la percentuale di quelli che credono che il nucleare si possa gestire in maniera sicura è calata maggiormente, ci cono nazioni nuclearizzate come Francia e Germania, forse colpite dallo stillicidio di piccoli incidenti, quelli conosciuti, verificatisi negli ultimi anni.

Gli aspetti che suscitano più diffidenza? Gestione delle scorie, con solo il 40% degli europei  “d’accordo” o “parzialmente d’accordo” sul fatto che si possa fare in maniera sicura; rischio di proliferazione nucleare (39% d’accordo o parzialmente d’accordo che le misure per prevenirlo siano adeguate) e rischio di attacco terroristico alle centrali (solo il 30% d’accordo o parzialmente d’accordo con il fatto che le centrali siano sufficientemente protette).

Insomma, in Europa il nucleare dopo mezzo secolo di attività non è ancora stato sdoganato completamente come tecnologia sicura e conveniente. Riuscirà nell’impresa il governo Berlusconi in l’Italia, dove solo il 20% della popolazione è a favore di nuove centrali, il 57% pensa che il nucleare ponga rischi significativi e il 55% che questi rischi siano maggiori dei possibili benefici? Di sicuro servono ancora molti altri editoriali di Veronesi sui settimanali patinati e molte altre apparizioni di nuclearisti come Chicco Testa in programmi generalisti (alcuni giorni fa su Rai Tre).

A questo proposito si legga un incisivo articolo (pdf) di Giuseppe Onufrio (direttore di Greenpeace Italia), pubblicato oggi su “Il Riformista”, dal titolo “Perché le rinnovabil surclassano il nucleare”, in risposta alle posizioni espresse dell’ex presidente di Enel (dal 1996 al 2002) sullo stesso giornale qualche giorno prima.

GM

 
19 maggio 2010

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