Green economy, un progetto per il paese

Dal titolo di un libro, "La corsa della green economy", un convegno organizzato da Kyoto Club e QualEnergia. Che cos'è la green economy? È davvero l'unica possibilità che abbiamo per sfuggire alla trappola climatica ed energetica in cui ci siamo infilati? Quali i risultati concreti anche in Italia? Se ne è parlato a Solarexpo.

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La corsa della green economy” è il titolo di un libro di Gianni Silvestrini e Antonio Cianciullo (Edizioni Ambiente) che è anche il titolo di un convegno, organizzato da Kyoto Club e QualEnergia alla Solarexpo, la scorsa settimana.
Un convegno che ha affrontato il ritardo culturale e industriale dell’Italia sull’innovazione nel campo delle nergia pulite e non solo, e sull’incapacità della nostra politica e di parte della nostra classe dirigente di avere una visione nuova e moderna, proiettata verso una vera transizione energetica e per un’economia a basso contenuto di carbonio.
Un’idea e una pratica che ci sembra lontanissima non solo da quella del nostro Governo, ma anche rispetto a quella proposta da 72 persone, tra scienziati, politici e imprenditori di area di centro-sinistra, che in una lettera inviata oggi al segretario Bersani chiedono che il Partito Democratico torni a riconsiderare l’opzione “atomo” in Italia, fra l’altro con argomentazioni debolissime rispetto alle problematiche economiche-finanziarie, tecniche e ambientali che il ritorno dell’energia nucleare comporterebbe nel nostro paese.

“Il compito del nostro libro – ha detto Silvestrini nel corso del convegno di Verona – era quello di far capire al cuore di Confindustria e al mondo politico italiano che c’è una rivoluzione in atto e non averlo compreso, o forse averlo fatto in ritardo, rischia di non farci agganciare il treno dei paesi più avanzati”.

Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, fornisce alcuni dati per far capire la tumultuosa crescita di questo settore nel mondo, specie nelle campo delle rinnovabili: “nel 2009 sono stati installati oltre 38 GW di eolico che, in termini di produzione elettrica, significano 12 centrali nucleari. L’industria dell’atomo ci ha messo più di 5 anni per realizzare una simile potenza”. “Il fotovoltaico in un anno molto difficile a causa della crisi economica e del crollo del mercato spagnolo, dopo il boom del 2008, è sorprendentemente cresciuto del 20% e nel 2010 si dovrebbe tornare a incrementi del 40-50%”, ha aggiunto.

Il co-autore del libro Antonio Cianciullo, giornalista de La Repubblica, ha spiegato che “attraverso questa formula della green economy si riescono a mettere insieme pezzi della società che finora erano andati per conto loro: oltre alle ragioni economiche di questo approccio, va trovata l’altra radice forte di questa nuova tendenza, cioè la ricerca del benessere individuale: la green economy, infatti, non intende contrapporre l’interesse dell’industria con quello della qualità della vita delle persone”.

Pasquale Pistorio, presidente onorario di Kyoto Club ed ex vicepresidente di Confindustria, ha parlato con entusiasmo di quanto sia conveniente l’impegno ambientale per un’azienda. “Questo – ha detto – porta sempre ad un ritorno economico importante: gli investimenti in risparmio ed efficienza energetica nella ST Microelectronics, di cui ero amministratore delegato, hanno portato negli anni ad un risparmio, al netto degli investimenti, di 600 milioni di dollari”.

Un esempio emblematico citato da Pistorio riguarda i motori elettrici efficienti che in genere hanno tempi di ritorno di solo un anno e mezzo. Tuttavia per mancanza di cultura o per indolenza da molte industrie non vengono cambiati, quando invece la loro sostituzione, con un costo pari solo al 10% dei costi di energia connessi al ciclo di funzionamento, garantirebbe un notevolissimo vantaggio economico per ogni impresa oltre che un notevolissimo risparmio energetico a livello paese..

Pistorio ha voluto mettere in luce che le vere soluzioni, simbolo della nuova green economy, e in contrapposizione con la scelta ‘ideologica’ del nucleare, sono l’efficienza energetica, dalle potenzialità infinita, e le fonti rinnovabili, che già oggi hanno costi competitivi con l’atomo. “Per avere una politica che abbia un impatto sostanziale in questi settori bisogna mettere sempre insieme tre soggetti e tre strumenti. I tre soggetti sono le istituzioni, le imprese e i cittadini. I tre strumenti sono gli incentivi, le normative, l’educazione. Allora i risultati sarebbero formidabili”, ha concluso.

Ma la green economy non è solo energia rinnovabile o efficienza energetica. Riguarda anche interventi innovativi che puntano all’abbattimento delle emissioni di gas serra e che guardano al ciclo del prodotto. Numerosi esempi ci sono anche in comparti come quello dell’energia tradizionale e dell’industria, come quella chimica.
“Oggi un modo semplice per guadagnare è investire in settori crescita e quello energetico-ambientale è forse l’unico che stia crescendo a ritmi importanti. Per far capire come questi comparti stiano tirando l’economia basti pensare che il nostro fondo dedicato a tali investimenti è stato aperto e chiuso nel 2009, proprio in un anno di gravissima crisi”, ha detto Nino Tronchetti Provera del Fondo Ambienta Sgr.

Esempio di successo è quello della Novamont, operatore italiano di una chimica completamente diversa da quella tradizionale, che parte dalla ricerca sulle materie prime rinnovabili e sulle possibilità di utilizzarle rispettando le condizioni di biodiversità del territorio. “Novamont – ha detto Andrea di Stefano – mette a punto non tanto prodotti ma soluzioni sviluppate con una bioplastica che può dare diverse risposte di sostenibilità”
Un’interessante esperienza italiana di green economy, che nasce dalla provincia italiana, è poi quella del Gruppo Loccioni, presentata nel corso del workshop da Enrico Loccioni. Una realtà marchigiana con 320 occupati, che nasce 40 anni fa e che oggi ha fatto una scelta di innovazione nel campo dell’impiantistica elettrica e ora – dice Loccioni – “ha creato un laboratorio-impresa dove la prima motivazione è creare lavoro e cogliere le opportunità per migliorare la qualità, inclusa quella ambientale. Ora siamo diventati leader di nicchia in molti settori come nei sistemi di alimentazioni dei motori dell’auto, negli elettrodomestici e nel medicale”.

La green economy italiana esiste. È vero, sono casi isolati, ma che potrebbero moltiplicarsi se solo la politica avesse una visione di sistema e puntasse a creare un terreno favorevole per una vera politica industriale di questo tipo. Questa può essere la sintesi del convegno.

 

LB

 

11 maggio 2010

 

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