Nextcity, fotografie dalle città di domani

Nextcity, ossia le città come devono essere per combattere i cambiamenti climatici. Le esperienze concrete di Lienz, Copenhagen, Stoccolma, Vienna. Se ne è parlato a Greenbuilding, l'evento internazionale dedicato all'edilizia sostenibile che si sta svolgendo a Verona in parallelo con Solarexpo.

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Nextcity, ossia: le città come devono essere per combattere i cambiamenti climatici. E in che modo e in diversi luoghi stanno già nascendo. Lienz, Copenhagen, Stoccolma, Vienna, sono metropoli europee in cui da tempo si è iniziato a progettare e a realizzare quartieri che, partendo dall’esigenza di un uso sostenibile dell’energia, diventano veri e propri modelli di un’urbanistica innovativa e intelligente. Se ne è parlato ieri mattina a Greenbuilding, l’evento internazionale dedicato all’edilizia sostenibile che si sta svolgendo a Verona in parallelo con Solarexpo, la fiera del solare e delle altre rinnovabili.

“Esperienze da un altro pianeta”, come ha definito gli esempi esposti Luca Zingale, direttore scientifico della manifestazione, riferendosi al ritardo in materia di gran parte degli amministratori nel nostro paese, ma che in realtà sono partite già dai primi anni ’90. È il caso dei lavori realizzati a Lienz da Thomas Herzog, architetto di fama internazionale ospite dell’evento. Un modo di costruire che, già vent’anni fa, grazie a tecnologie innovative sviluppate assieme ad istituti di ricerca come il Fraunhofer Institute, prevedeva edifici capaci di minimizzare i consumi energetici ed esaltare la vivibilità degli spazi grazie a soluzioni architettoniche che permettono di utilizzare al meglio illuminazione e circolazione naturali dell’aria. Summa del lavoro di Herzog la “Solar city” di Pichling, quartiere sostenibile di Lienz, che l’architetto insieme ad altri grandi ha iniziato a progettare nel 1992 e che ora è divenuta realtà.

Interessante poi l’esperienza di Copenhagen, portata a Greenbuilding dal responsabile per l’urbanistica della città, Dan Mogensen. La capitale danese dal 1995 al 2005 ha ridotto del 20% le proprie emissioni di CO2 e intende ridurle di un altro 20% entro il 2015. Se il 75% di questa riduzione verrà ottenuta cambiando il modo di produrre elettricità (già ora l’eolico, con alcune turbine acquistate anche tramite azionariato popolare, fornisce il 13% del fabbisogno elettrico), i trasporti e l’edilizia contribuiranno peril 10% ciascuno all’obiettivo. Già ora infatti  a Copenhagen non si costruiscono case che consumino più di 40 chilowatt per metro quadrato e i permessi per costruire sono subordinati ad una verifica dei progetti su 14 punti che riguardano la sostenibilità nei suoi vari aspetti: oltre al bilancio energetico, si va dall’uso dell’acqua alla vicinanza dei residenti ai trasporti pubblici e così via. Aspetti che saranno tutti integrati nel futuristico quartiere di Nordhavn che sorgerà in aree dismesse dell’ex porto nord della città e verrà costruito nei prossimi 40 anni.

Non è da meno Stoccolma (rappresentata al convegno dall’assessore all’ambiente Gustaf Landhal) che vuole azzerare le emissioni procapite entro il 2050. Qui, ad esempio, nella “banlieu” di Järra c’è un progetto massiccio di riqualificazione energetica degli edifici, tutti costruiti tra il 1966 e il 1980, per ridurne il consumo medio da 188 a 80 kWh/mq/anno. Interessante il fatto che la municipalità, che già mette a disposizione diversi “sportelli energia”, preveda per questo progetto di designare per ogni condominio un “responsabile energia” che aiuti i condomini a trovare le soluzioni per risparmiare sulle bollette.

Impressionante dal punto di vista di un’urbanistica sostenibile ed innovativa è poi quel che si è realizzato(ma il progetto è ancora in espansione) nel nuovo quartiere di Hammerby. Sorto bonificando un brownfield (ex area industriale parzialmente contaminata), Hammerby integra soluzioni all’avanguardia a 360 gradi. Anche le acque reflue, ad esempio, qui producono energia: da una parte i residui vengono fatti fermentare per produrre biometano, dall’altra si sfrutta la differenza di temperatura recuperando calore per scambio e reimmettendolo nell’impianto di teleriscaldamento che serve il quartiere. E la mobilità? Tram, battelli, e piste ciclabili, ma pochi parcheggi e niente garage, per scoraggiare l’uso privato dell’auto.

Un’esperienza limite da questo punto di vista è quella di Vienna, città caratterizzata da sostanziosi aiuti pubblici all’edilizia, dati solo a condizione che si rispettino certi criteri di sostenibilità: dei 597 milioni di euro all’anno erogati, di cui 283 per il nuovo, hanno beneficiato l’85% delle nuove case. È qui che si è realizzato il Carfree settlement: un progetto di edilizia popolare da 244 appartamenti realizzati secondo i canoni della sostenibilità ma … con soli 24 posti macchina. Chi ha scelto di viverci si  è infatti  impegnato a rinunciare all’auto privata: gli aiuti che il comune normalmente stanzia per la costruzione di garage sotterranei qui sono stati usati per realizzare spazi comuni e altri interventi di sostenibilità. L’edilizia sostenibile si è così sposata con un modo di abitare più sociale, che sembra piacere: gli appartamenti del Carfree settlment sono andati a ruba.

Insomma un’edilizia nuova fatta di visioni complesse ed integrate basate anche sulla partecipazione degli abitanti. “Una concezione del genere dell’urbanistica – ha commentato nel chiudere il convegno Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club , di Qualenergia e presidente di Exalto – è fondamentale se vogliamo raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati sul medio-lungo termine, come quello di ridurre le emissioni dell’80% entro il 2050. Ma è anche una grande opportunità: 200 milioni di europei vivono in abitazioni costruite negli anni ’60-70 in quartieri spesso degradati. Ripensare alla questione energetica  quindi può essere una spinta per il recupero urbanistico nel suo complesso, ma anche un notevole motore per l’economia, soprattutto in un momento come questo con il settore edile ed immobiliare duramente colpito dalla crisi.”

“A livello statale o sovranazionale qualcosa per fortuna sembra si stia muovendo – ha aggiunto Silvestrini: lo mostrano regolamenti per l’edilizia come quello approvato dalla Gran Bretagna, già imitato da altre nazioni europee, che dal 2016 prevede di avere solo nuovi edifici carbon neutral, o la direttiva europea che indica che tutti gli edifici costruiti dal 2021 siano a fabbisogno energetico “quasi zero”.

La strada dell’edilizia è segnata e va nella direzione delle “nextcity”, come quelle presentate al convegno di Greenbuilding. L’auspicio è che presto se ne convica anche l’Italia, nonostante il ritardo rispetto ad altre realtà europee e, come ha commentato Zingale, “speriamo che nella prossima edizione di Greenbuilding in questo incontro siano presentati anche progetti ed esperienze italiane”.

GM

6 maggio 2010

 
 

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