L’obiettivo europeo sulle rinnovabili 2020, come sappiamo, è calcolato sul totale dell’energia rispetto agli usi finali: calore, raffrescamento, produzione elettrica e trasporti. Nel nostro paese il 49% del totale di energia va per gli usi termici, il 31% per i trasporti e solo il 20% per produrre elettricità.
“Il problema è che si è affrontato la questione clima-energia con una visione elettrocentrica, perché nell’elettricità ci sono grandi gruppi capaci di fare lobby, cosa che manca negli usi termici”, commenta Xavier Noyon, segretario generale di ESTIF, l’associazione europea per il solare termico. L’associazione sta spingendo a livello europeo per misure a favore di questa tecnologia: ad esempio, oltre che per gli obblighi in edilizia, già approvati, sta premendo per un’etichetta energetica sugli impianti di riscaldamento analoga a quella degli elettrodomestici, ma posta sull’impianto nel complesso e non sulle singole componenti. Una grande spinta per il solare termico, spiega poi Noyon, sarebbero tariffe feed-in (analoghe, dunque, al conto energia) per la produzione di calore da rinnovabili: una formulazione si sta studiando in Gran Bretagna.
Senza misure di sostegno, d’altra parte, chiarisce il segretario di ESTIF , il solare termico non può farcela. Obiettivo realistico per il 2020 secondo l’associazione è che il solare termico possa arriavre a soddisfare al 2020 il 3,6% del fabbisogno di calore alle basse temperature (contribuiva per lo 0,2% nel 2006). Servirebbe un tasso di crescita del 36% annuo. Mentre sul medio periodo il settore sta andando bene – riferisce Robert Welling di TiSun illustrando i dati del mercato europeo – va detto che nell’anno appena concluso crisi e aumento del costo delle materie prime hanno pesato: una contrazione dell’11% seppur con alcune eccezioni, quali Portogallo e Belgio (+40%). Primo mercato resta la Germania (38% del fatturato nell’Ue 27), distaccate di molto restano Italia e Spagna (entrambe 9%).
Nel nostro paese si stima che nel 2009 si siano installati 400mila metri quadrati di collettori, portando il totale a 2 milioni, ma nonostante questo restiamo molto indietro in quanto a installazioni procapite. C’è dunque molto da fare. “Servirebbero incentivi affidabili sul lungo termine, obblighi solari in edilizia, semplificazioni amministrative, informazione del pubblico e formazione degli installatori”, dichiara Valeria Verga segretario generale di Assolterm.
Molto nel nostro paese ha fatto invece la detrazione fiscale del 55%. “Con 0,9 €/kWh installare i pannelli solari termici è l’intervento con il miglior rapporti costo-benefici tra quelli incentivati”, commenta Valeria Verga. “Sono 37.100 gli impianti incentivati nel 2008 per un risparmio di 288 GWh annui – ha spiegato Giampaolo Valentini dell’ENEA – e circa 34mila la stima provvisoria per il 2009”. Un successo che rischia di non potersi ripetere l’anno prossimo: “il futuro della detrazione del 55% dopo il 31 dicembre 2010 non è affatto garantito – avverte Valentini – se il Ministero dello Sviluppo Economico sembra favorevole ad un rinnovo della misura, quello delle Finanze è alquanto critico”.
“Una visione piuttosto miope”, commenta Valentini. “In realtà i costi dell’incentivazione sono ben minori dei benefici monetari e ambientali che comporta”. Per spiegarlo riferisce i dati di un recente studio CRESME: se la stima del costo della manovra per lo Stato dal 2007 al 2010 è di 6.446 milioni di euro, i benefici monetari dati dal risparmio in bolletta (3.200 mln €), dal maggior gettito fiscale (3.310 mln €) e dall’incremento del reddito ritraibile da patrimonio immobiliare (3800 mln €), ammontano a 10.310 mln di euro, questo senza contare i benefici più difficilmente quantificabili come le emissioni evitate e lo stimolo ad occupazione, innovazione e tessuto produttivo. Numeri su cui Tremonti e colleghi si spera meditino attentamente.
GM
6 maggio 2010