Quei freni agli investimenti nel fotovoltaico

Con costi in calo, rese sicure e incentivi generosi, il fotovoltaico italiano attrae ingenti capitali nonostante la crisi. Ma gli investimenti sono frenati dalla lentezza e dal caos dei processi autorizzativi, oltre che dalla mancanza di certezze a lungo termine sulle misure incentivanti post-2010.

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Più che i sussidi, per la crescita del fotovoltaico possono fare politiche chiare e stabili nel tempo, perché di investimenti il mercato italiano ne attira già molti e ne attirerebbe molti di più se non fosse frenato dalle incognite sempre incombenti: leggasi conto energia 2011, ancora latitante, e procedure autorizzative nel caos.
Anche nell’incontro dell’Italian PV Summit dedicato alla finanza il pensiero che circola tra i relatori sembra essere lo stesso: ben venga una graduale riduzione degli incentivi, in cambio però di regole chiare e garantite sul lungo periodo che permettano di investire sui progetti.

Che il fotovoltaico sia uno degli investimenti che dà più benefici in tempi di crisi non è una novità. I punti di forza li hanno ricordati i vari rappresentanti di banche e fondi d’investimento presenti al convegno di ieri: rendimento garantito e rischi quasi nulli dopo la fase di cantiere, tecnologia in continuo miglioramento e con costi in calo, ottima accettazione da parte dell’opinione pubblica e, soprattutto, incentivi generosi, specialmente in Italia.

In quanto a sussidi, infatti, quello italiano è uno dei mercati più attraenti al mondo. Incentivi per alcuni fin troppo alti, che rischiano di diventare insostenibili per il sistema se non ridotti gradualmente. Come ha sottolineato Alessandro Marangoni, citando lo studio Althesys Consultants / Università Bocconi, di cui è uno degli autori, il rapporto costi benefici degli aiuti alle rinnovabili da qui al 2020 è positivo e farà guadagnare al paese 24-27 miliardi di euro. Ma poiché tra le rinnovabili il fotovoltaico è quella che costa di più al sistema, gli aiuti dovranno essere ridotti, come in effetti accadrà, ed evitare così  una perdita.

Tuttavia l’attrazione che il fotovoltaico italiano con i suoi elevati incentivi genera sui capitali, anche esteri, rischia di essere rallentata e restare confinata sul breve periodo dall’incertezza delle politiche di sostegno. Una notevole perdita dato che, come riporta Stefano Sommadossi di Nextenergy, “ogni euro che viene dall’estero ed è investito nel fotovoltaico italiano permette di generare nel giro di 5 anni da 4,5 a 4,9 euro di Pil aggiuntivo”. Gli ostacoli agli investimenti, che vanno ad aggiungersi alla stretta al credito causata dalla crisi economica, sono i soliti e ritornano nelle testimonianze dei vari operatori.

Ad esempio – speiga Pietro Zerauscher del fondo d’investimento inglese Foresight Group – molti progetti sono stati cancellati o rimandati per il fatto che ancora non è stato reso noto il regime di incentivazione che sarà in vigore dal prossimo 1° gennaio 2011, atteso per le prossime settimane (Qualenergia.it, Saglia, in arrivo linee guida e nuovo conto energia).

Altro grande freno è la lentezza dei processi autorizzativi (“in Sicilia abbiamo progetti dal 2007 ancora da autorizzare”- spiegano da Nextenergy) e soprattutto la loro incertezza: torna ancora una volta come esempio negativo quel che è accaduto in Puglia (Qualenergia.it, Puglia e Calabria, rinnovabili e sentenze della Consulta – Il nodo autorizzazioni), dove, a causa dell’incostituzionalità della norma regionale che li aveva autorizzati, si vorrebbero stralciare retroattivamente i permessi agli impianti: “cosa che sarebbe a sua volta incostituzionale”, commenta Zerauscher.
Insomma, commenta concludendo l’incontro Gianni Chianetta presidente di Assosolare “è assurdo che ad andare all’estero a proporre di investire nel fotovoltaico italiano siano i fondi d’investimento privati (il riferimento è all’iniziativa di promozione ‘Invest in Italy’ fatta da Nextenergy in Gran Bretagna, ndr): dovrebbero essere i policy maker stessi a farlo. Ma per questo obiettivo basterebbe che si mettessero in atto regole certe, politiche chiare e stabili nel tempo”; è questo il senso della proposta di Assosolare che chide un conto energia rimodulato ogni 5 anni anziché ogni 3.

GM

5 maggio 2010
 
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