Il nucleare nel dopo elezioni

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I candidati governatori che hanno giurato sul palco di Roma cambieranno la loro posizione negativa nei confronti del nucleare dopo i risultati delle elezioni regionali? Il ritorno all'atomo in Italia resta comunque una soluzione problematica e strategicamente arretrata, per le risorse che richiederebbe e visto il trend delle rinnovabili in Italia e nel mondo. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Dopo le elezioni gli occhi sono puntati su Piemonte e Lazio, due regioni che vedevano gli sfidanti del centrosinistra fieramente antinucleari e dove anche i vincitori del centrodestra, non sappiamo quanto convintamente, si sono espressi in maniera critica sulla localizzazione nella propria regione. I margini di manovra per la definizione dei siti dovrà poi tener conto di alcune esclusioni “politiche”, come per Puglia, Sardegna e Sicilia.
Quel giuramento dei candidati governatori sul palco di Roma potrà giustificare un cambio di posizione post-elezioni? Vedremo quali saranno le prossime mosse.

Intanto, la scelta nucleare pare non solo problematica sul versante delle localizzazioni, ma sempre meno credibile come opzione strategica. L’elevato costo del kWh atomico dovrà confrontarsi nei prossimi decenni con quello delle fonti rinnovabili che invece è destinato a calare seguendo una curva di apprendimento. Interessi sempre più forti spingono l’acceleratore delle rinnovabili.

Uno studio dei giorni scorsi “100% di rinnovabili: una roadmap al 2050 per l’Europa e il Nord Africa” (Qualenergia.it), elaborato da credibili centri di ricerca e condiviso da importanti imprese europee, delinea uno scenario che consentirebbe di soddisfare la domanda elettrica del nostro continente con energie pulite entro 40 anni.

Quando le nostre eventuali centrali nucleari dovessero erogare un contributo significativo di energia – fra una ventina di anni – si troverebbero in controtendenza rispetto ad un trend di produzione spinta di rinnovabili decentrate e al consolidamento di giganteschi progetti eolici off-shore nel Mare del Nord e solari nel Nord Africa. Lo scenario che si delinea è quello di una elettricità a basso costo in competizione con i carissimi kWh atomici sostenuti con aiuti pubblici.
L’Enel si è giustamente cautelata inserendosi nei giorni scorsi nel progetto Desertec che prevede 400 miliardi di dollari di investimenti nel Sahara, sfruttando così le competenze acquisite nel solare termodinamico e con le tecnologie italiane.

I prossimi anni ci diranno se l’ipotesi nucleare, come probabile, naufragherà sugli scogli dell’opposizione locale e dello scetticismo del mondo finanziario. Certo è che questa scelta rischia di distogliere risorse e tempo dalla vera avventura che è partita, quella delle energie rinnovabili, che come nel caso dell’eolico e del fotovoltaico si è consolidata su scala mondiale anche in un periodo di crisi come l’attuale.

 

 

 

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