Rinnovabili e occupazione verso il 2020

Perseguire gli obiettivi Ue sull'energia porterà almeno 60mila nuovi posti di lavoro in Italia, sottolinea uno studio Ires-Cgil. Ma ci sono stime anche più ottimistiche: fino a 250mila nuovi occupati. Perché si avverino occorre risolvere i problemi che le rinnovabili incontrano nel nostro paese: normativa e incentivi incerti e una rete inadeguata.

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Gli obiettivi Ue 2020 sull’energia significano per l’Italia almeno 60mila posti di lavoro in più, addirittura 250 mila nelle stime più ottimistiche. Che la green economy faccia bene all’occupazione non è certo una novità, tanto che molti governi, Usa in testa, l’hanno scelta come via principale per uscire da questa crisi.
Ieri, a due mesi dalla scadenza entro cui il nostro paese dovrà comunicare all’UE il piano nazionale per per gli obiettivi 2020, l‘Osservatorio Energia Ires-Cgil ha presentato un nuovo studio che sintetizza le ricadute sul mercato del lavoro italiano che efficienza energetica e rinnovabili stanno avendo ed avranno (vedi allegato).

Mentre in tutto il paese sono sempre di più le aziende che chiudono o fermano la produzione, con le ovvie conseguenze sociali, il settore dell’energia, si scopre, in controtendenza, che continua la sua crescita. Nell’ultimo anno le imprese energetiche sono cresciute del 16,8% dopo essere aumentate del 12% l’anno precedente (del 20% considerando quelle gestite da donne). Nel Lazio nel corso del 2009 sono più che raddoppiate (+126%), in Puglia le imprese energetiche sono cresciute del 20%, nelle Marche del 19, in Basilicata del 18, in Emilia Romagna del 15%. Complessivamente nell’ultimo anno il numero delle imprese del settore è cresciuto di 700 unità, un fenomeno – si spiega – dovuto non solo all’iniziativa dei grandi operatori quali Enel, Edison, Sorgenia, ecc., ma ai numerosi nuovi entranti che vanno da imprese di media dimensione, a tante aziende piccole e artigianali, fino a quelle familiari.

Incoraggianti sono anche le prospettive verso il 2020. Lo studio Ires-Cgil mostra le potenzialità di sviluppo delle fonti rinnovabili presenti a livello nazionale e nelle regioni del Mezzogiorno, a partire dallo sviluppo della geotermia in Campania, del solare, dell’eolico e delle biomasse. Il contributo netto all’incremento occupazionale diretto da oggi al 2020 è di 9.000 unità solo nel Sud e a livello nazionale dovrebbe raggiungere 12.000 unità nette permanenti. Se consideriamo anche l’ occupazione indiretta e quella temporanea, secondo le proiezioni IRES, si raggiungerà al 2020 la cifra di 60.500 nuovi posti di lavoro.

Accanto alle proprie, Ires-Cgil fa una sintesi delle varie stime che sono finora circolate in merito all’impatto sull’occupazione. Alcune sono addirittura più ottimistiche. Il GSE e il gruppo di ricerca su economia e politiche ambientali della Bocconi (Iefe), ad esempio, prevedono che i nuovi occupati in rinnovabili, efficienza energetica e indotto da qui al 2020 arrivino a 250mila, la maggior parte dei quali (100mila) nella filiera delle biomasse, seguite da eolico (77.500) e fotovoltaico. Secondo l’ultimo studio della Commissione europea, Employ-Res, gli impiegati diretti e indiretti in Italia al 2020 saranno 120mila. Qualora si consideri il dato al netto dei posti di lavoro che si perderanno nei settori delle fonti fossili l’aumento di occupazione previsto oscilla tra le 67.500 unità previste da Astra e le 97.500 unità previste da Nemesis.

Come mai le stime di Ires-Cgil sono meno ottimistiche rispetto a quelle degli altri? “Se le policy per l’accelerazione dell’accumulazione di capitale nelle rinnovabili non sono accompagnate anche da un avanzamento tecnologico (innovazioni, ricerca e sviluppo), l’impatto netto delle politiche incentivanti sull’occupazione può essere inferiore a quanto stimato dagli altri modelli.” In termini di valore aggiunto il centro studi stima che l’industria italiana potrà realizzare un fatturato medio annuo compreso tra i 2,5 e i 5,5 miliardi di euro l’anno per i prossimi dieci anni.

“Tuttavia – si sottolinea – per valori inferiori a 3,5/4 miliardi di euro l’anno, dall’analisi dei dati emerge che la dinamica della produttività non appare sufficiente a garantire l’autonomo e duraturo sviluppo del settore. Resta quindi centrale il ruolo che giocano gli incentivi, a partire da quelli riguardanti il fotovoltaico. L’approvazione da parte del governo del nuovo conto energia e delle linee guida nazionali riguardanti gli iter autorizzativi restano fattori determinanti a garanzia della continuità dell’attuale fase di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili”. Come pure centrale è il problema rete “la realizzazione di reti intelligenti – le cosiddette smart grid – comporterà in Italia investimenti stimati attorno a 1,5 miliardi di euro. Anche in questo caso le ricadute occupazionali attese potrebbero risultare molto consistenti.”

GM

24 marzo 2010

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