Solare, innovazione e amministrazione della ricerca

Uno spin-off dell'Università di Udine, Isomorph, ha sviluppato uno specchio lineare a concentrazione per produrre calore, freddo ed elettricità. Hans Grassmann di Isomorph racconta questa esperienza ma anche come potrebbe oggi essere possibile fare ricerca in modo completamente diverso dal passato.

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Uno spin-off dell’Università di Udine, Isomorph ha sviluppato uno specchio lineare a concentrazione che è stato industrializzato, prodotto e commercializzato da Solamente in collaborazione con OCSAM srl. Lo specchio è in grado di produrre una quantità di energia da 2 a 3 volte superiore a quella di un impianto solare classico di pari metratura e costo confrontabile.
Il sistema di specchi combina diverse funzioni in un unico dispositivo ed è in grado di riscaldare l’acqua, produrre elettricità, fornire calore di processo per la produzione di bioetanolo, o combustibili sintetici e raffrescare per mezzo di un refrigeratore ad assorbimento. Il sistema è composto da una matrice di specchi piani, azionati da due soli motori.
Riceviamo su questo prodotto innovativo un articolo di Hans Grassmann di Isomorph srl, che espone anche un sua posizione sulle modalità di fare ricerca oggi. 

La soluzioni al riscaldamento globale e alla nostra dipendenza dal petrolio non sono ostacolate da questioni tecnologiche, ma piuttosto da un problema culturale. Che non si tratti di un problema tecnico lo dimostra la tecnologia dello specchio lineare per il solare a concentrazione. Consiste in una matrice di semplici specchi piani che costano poco (20 Euro/mq). L’ inclinazione di tutta la matrice viene aggiustata da un motore piccolo ed economico (perché si tratta di un movimento molto lento). Gli specchi seguono inoltre il movimento del Sole lungo la direzione Est-Ovest grazie ad un altro motore, che riesce a muoverli tutti simultaneamente.

Il nostro primo esemplare industriale è composto da 24 specchi (per una superficie riflettente totale di 8 mq) ognuno  montato su di un asse in modo tale che tutti riflettano la luce sulla stessa superficie. Il sistema può essere anche molto più grande di 8mq (si possono avere anche 50 o 100 specchi) e più sistemi possono essere fatti lavorare insieme in modo modulare. Tutte le componenti sono semplici e si prestano bene ad una produzione industriale di massa (anche se la produzione è fatta in Europa, invece che in Cina, sembra possibile un prezzo di 200 euro/m2 di superficie riflettente).

Una volta che la luce è concentrata, praticamente quasi tutte le applicazioni che si possono ottenere con una fiamma di gasolio o gas, risultano possibili. Si può riscaldare acqua a 100 gradi, per riscaldare una casa, si possono raggiungere temperature molto più elevate (il limite non è attualmente noto) per processi industriali, anche per far funzionare turbine e motori a vapore per produrre elettricità. O più semplicemente si può aggiungere allo specchio lineare, un sistema fotovoltaico a concentrazione.

Non si parla qui di nuove tecnologie ancora da sviluppare. Per esempio, sistemi fotovoltaici a concentrazione esistono già da anni (si veda la cella “Saturn” di BP Solar), ma non sono mai stati applicati su grande scala perchè troppo costosi. Esistono anche sistemi per immagazzinare l’ energia termica, e nuovi sistemi (magazzini di calore) possono essere sviluppati ed industrializzati con un esiguo investimento. Servirebbero “boiler” che contengano 100 o 200 metri cubi di acqua da riscaldare in estate a 100 gradi per avere poi calore nell’ inverno. O magazzini di sale, che possono avere temperature di centinaia di gradi.

Una tecnologia come quella dello specchio lineare sarebbe già stata possibile 30 anni fa (infatti probabilmente Archimede aveva avuto la stessa idea 2000 anni fa). I gruppi “verdi” della prima generazione, che hanno mostrato grande interesse per l’ambiente, volevano però risolvere tutti problemi utilizzando una comune buona volontà ( “consumate meno energia, effettuate la raccolta differenziata dei rifiuti..”). Pur essendo sulla buona strada, non consideravano la possibilità di risolverli con una nuova tecnologia. Erano anzi indifferenti verso la tecnologia, per non dire di peggio. Ma per lo sviluppo della Cina e dell’ India, la buona volontà non basta.

Oggi la necessità di sviluppare nuove tecnologie è un dato di fatto, accettato da tutti e per il quale si investono cifre considerevoli. Ma è anche vero che questi soldi fanno gola a molti, ed offrono la possibilità di acquistare potere e vantaggi personali. Perciò, questo flusso di denaro viene controllato da una amministrazione gigante, che lo distribuisce in modo “top down”: un “comitato centrale” decide cosa si fa, e dopo i soldi vengono affidati ai grandi centri e alla rete delle amministrazioni scientifiche, che magari aprono nuovi centri di ricerca, affidati a qualche barone che è riuscito a farsi finanziare grazie al suo potere e alle sue amicizie, non necessariamente grazie alla qualità del suo lavoro. È un male diffuso in tutto il mondo, non solo in Italia.

Perché non vengono chiusi, di questi centri, quelli che si sa essere inutili, risparmiando così 300 milioni di euro per anno che si potrebbero destinare a giovani scienziati più bravi? Ogni anno, ai mille scienziati più bravi si potrebbero dare 300.000 euro ciascuno. Il giovane decide cosa fare, ed è responsabile delle sue scelte. Non ho mai incontrato nessuno, che avesse un argomento contro questo scenario. Non si tratta di un problema tecnico o amministrativo, ma solo culturale.

Si tratta di mettere il bene dell’ umanità come uno degli scopi della scienza. Non è che l’ amministrazione diventerebbe superflua, cambierebbe solo la sua funzione: nel nuovo scenario l’ amministrazione non deciderebbe cosa devono fare i giovani nel momento della loro massima creatività, ma farebbe funzionare il nuovo sistema – per esempio controllando che veramente siano i più bravi a vincere, combattendo corruzione e nepotismo, documentando il successo dei vari progetti. Ci sarebbe tanto da fare, ma questi sono compiti amministrativi che l’ amministrazione potrebbe risolvere con i suoi mezzi. “Che fisica fare”, invece, è una domanda alla quale non si può rispondere con mezzi amministrativi.

Sogni? No. La Isomorph srl dimostra che questo può funzionare. Per sviluppare lo specchio lineare la Isomorph non ha mai ricevuto neanche un euro di soldi pubblici. Nessuno ha mai detto alla Isomorph, cosa fare. Tutto il lavoro è stato svolto dai giovani collaboratori della Isomorph (studenti, laureandi, dottorandi). La Isomorph era nient’ altro che uno spazio libero, libero dal potere della amministrazione di oggi. Lo specchio lineare è il risultato della fisica libera.

Hans Grassmann (Isomorph srl)

22 marzo 2010

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