Come costruire un’Europa delle Rinnovabili

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Puntare a coprire il fabbisogno elettrico con il 100% di fonti rinnovabili al 2050 è una visione discussa a livello europeo non certo come un'utopia. Per arrivare a questo obiettivo si deve puntare su una maggiore coesione e unità di intenti tra paesi e soprattutto su massicci investimenti nella rete e nello stoccaggio.

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“Che l’Europa possa soddisfare al 2050 il 100% della sua domanda di elettricità con fonti rinnovabili non deve essere considerata un’utopia ma una visione”, ha detto la tedesca Michaele Schreyer, ex membro della Commissione Europea questa settimana nel corso di una conferenza tecnico-politica a Berlino.
I fattori della riuscita stanno soprattutto nella capacità dei Paesi Membri di lavorare insieme a questo obiettivo e di aumentare massicciamente gli investimenti nelle reti e nello stoccaggio di elettricità da rinnovabili.

Michaele Schreyer, che partecipa ad un panel che si occupa proprio di valutare la fattibilità di questo obiettivo, ritiene, insieme al suo gruppo, che l’obiettivo sia economicamente e tecnicamente realizzabile.
Nell’occasione la German Advisory Council on the Environment ha spiegato, a proposito, che l’Europa e il Nord Africa avrebbero un potenziale sfruttabile di elettricità da rinnovabili pari a 140.000 TWh, cioè più di 20 volte il massimo della domanda possibile.

Le recenti previsioni degli obiettivi al 2020 dei Paesi Membri (Qualenergia.it – Rinnovabili 2020, Italia maglia nera europea) dimostrano, tranne qualche eccezione, che si è sulla strada giusta del cambiamento, ha riferito Claude Turmes, parlamentare europeo dei Verdi presente all’incontro. “Più del 60% degli investimenti mondiali nel settore energetico nel 2009 – ha detto Turmes – sono andati alle fonti rinnovabili e, globalmente, dal 2000 sono stati installati 80 GW di impianti solari ed eolici, mentre nello stesso periodo circa 31 GW di impianti alimentati a petrolio, gas e nucleare sono stati distaccati dalla rete”.

Uno dei problemi da risolvere riguarda proprio la scarsa coesione dell’UE nell’affrontare la tematica energetica, a prescindere da quello che poi appare sulla carta. Ad esempio, mentre la Francia continua a puntare sul nucleare per ridurre le sue emissioni, al contrario la Germania trova invece un accordo per uscirne entro il 2021 e poi vediamo che alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale intendono indirizzarsi su impianti a carbone per produrre elettricità a bassi costi, in barba al taglio della CO2.
Bruxelles non è riuscita finora a coordinare queste scelte nazionali, tanto che in questi anni abbiamo visto un proliferare di accordi bilaterali tra i paesi europei e i giganti energetici di Russia, Cina e India.

Ralf Fuecks, direttore della Fondazione Heinrich Boell, nel corso del convegno ha sottolineato come una vera collaborazione sia lontana dal divenire realtà, ma che questo approccio renderebbe più convenienti i costi della generazione elettrica da fonti rinnovabili. Anche un paese con notevoli risorse di vento come la Germania, ma con limitate potenzialità di stoccaggio, avrebbe grandi vantaggi se il suo sistema di produzione fosse integrato meglio, ad esempio, con quello scandinavo: maggiore è la cooperazione, minori sono i costi per questa transizione energetica, si è detto.

Infatti, connettere gli impianti solari termodinamici e fotovoltaici spagnoli con quelli geotermici italiani, l’eolico offshore del Regno Unito con l’idroelettrico svedese, che ricoprirebbe il ruolo di batteria energetica, creerebbe un sistema elettrico pulito al tempo stesso stabile e affidabile.
A questo proposito, la Vattenfall, l’utility svedese di proprietà statale ha appena annunciato la sua decisione di vendere la sua rete elettrica tedesca a un gruppo di investitori belgi e australiani. Per molti sembra quindi inevitabile che l’UE punti rapidamente a modernizzare la rete elettrica in funzione dell’aumento della quota di rinnovabili, magari con specifici finanziamenti e incentivi. Per i consulenti della società elettrica svedese una percentuale del 60-80% di rinnovabili sarebbe possibile proprio spingendo su questo aspetto.

“L’unione Europea è nata originariamente al fine di creare un mercato unico del carbone e dell’acciaio – ha detto la Schreyer – ma perché non creare un nuovo inizio puntando su una Unione Europea delle Rinnovabili: sarebbe la scintilla che potrebbe dare nuovo entusiasmo a questo progetto di comunità di Stati”.

LB

19 marzo 2010

 

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