Le centrali energetiche e il clima che cambia

Centrali idroelettriche a secco o dighe che esondano. Reattori nucleari fermi per il troppo caldo. Piattaforme petrolifere spazzate via da uragani sempre più frequenti. Che impatto avranno i cambiamenti climatici sulle infrastrutture energetiche?

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Il modo in cui produciamo energia – è cosa ormai acquisita – influenza il cambiamento climatico; poche volte però si pensa a come, viceversa, il riscaldamento globale peserà sul modo in cui produrremo energia in futuro. Ne parla un interessante articolo appena uscito su National Geographic e che ha per protagonista Cleo Paskal esperta di sicurezza ambientale che ha affrontato l’argomento nel suo ultimo libro “Global Warring“.

Dalle centrali idroelettriche alimentate dai ghiacciai sofferenti dell’Himalaya a quelle nucleari francesi messe a dura prova dalle ondate di calore, già ora il mondo dell’energia deve fare i conti con un clima in rapido cambiamento. Visto che impianti e infrastrutture energetiche sono costruiti per durare a lungo è dunque logico chiedersi come verranno impattati dall’innalzamento del livello del mare, dalle alluvioni, le siccità e gli altri fenomeni metereologici estremi che, come ci spiega la scienza, saranno sempre più frequenti nel clima dei decenni a venire.

La maggior delle infrastrutture per l’estrazione di gas e petrolio, come quelle in Nigeria o a Singapore, ad esempio, si trova a livello del mare. Metà della popolazione Usa, con le relative opere energetiche, si trova ad abitare lungo la costa. Con il livello del mare destinato a crescere, secondo l’ultimo assessment IPCC, dai 18 ai 59 centimetri è chiaro come i rischi aumentino: gran parte della rete elettrica di luoghi come New York o Washington, avverte Paskal, potrebbero finire sott’acqua.

Circa un quarto del petrolio e il 15% del gas naturale statunitense proviene poi da un’altra zona a rischio: quella affacciata sul Golfo del Messico, teatro di inondazioni e di fenomeni estremi sempre più frequenti come gli uragani. Un avvertimento di quel che in futuro potrebbe accadere sempre più spesso lo si è avuto con l’uragano Kathrina nel 2005: 450 condotte e 113 piattaforme petrolifere danneggiate e la produzione di greggio dal Golfo del Messico dimezzata con una conseguente spinta verso l’alto del prezzo del barile a livello mondiale.

Altre vittime illustri dei cambiamenti climatici? Le centrali nucleari, vulnerabili soprattutto per il loro grande fabbisogno d’acqua. Il fatto di essere costruite in riva al mare, lungo i fiumi o comunque sempre a ridosso di un corpo idrico – spiega Paskal – le espone a inondazioni e tempeste. Casi di allagamento di centrali negli Usa, in Francia e in India sono già avvenuti, mentre riguardo ai fenomeni meteorologici estremi la scienziata cita l’uragano Andrew del 1992 che ha causato grossi danni alla centrale nucleare di Turkey Point sulla baia di Biscayne Bay, in Florida.

Ma il problema più grande per le centrali nucleari restano le ondate di calore che secondo le previsioni saranno sempre più ricorrenti in Europa già nei prossimi decenni. Oltre alla riduzione della portata dei fiumi che si verificherà in queste situazioni, il problema è che l’acqua per il raffreddamento entrerebbe già calda nell’impianto e ne uscirà ad una temperatura più elevata di quel che avviene normalmente, con la possibilità concreta che si danneggino gli ecosistemi dei corpi d’acqua in cui si sversa.

In Francia, ad esempio, il limite legale di temperatura per le acque di raffreddamento in uscita è di 25°C, ma durante l’estate del 2003 lo si è dovuto innalzare temporaneamente a 30°C. Proprio l’ondata di calore del 2003 ha mostrato cosa una semplice estate torrida possa fare alla produzione di elettricità dall’atomo: 17 reattori fermati e un danno di circa 300 milioni di euro. E il problema del caldo, l’atomo francese lo ha rivissuto anche la scorsa stagione, quando si è fermato quasi un terzo del parco nucleare d’oltralpe e il paese è stato costretto a importare grossi quantitativi di elettricità.

L’idroelettrico, infine, come è facile capire, è un altro dei modi di produrre energia che sarà influenzato dai cambiamenti climatici. Lo scioglimento rapido dei ghiacciai e l’alterazione nella distribuzione delle precipitazioni possono scombinare il funzionamento degli impianti che spesso si trovano con troppa acqua e, a volte, con troppa poca. Quello che può succedere lo si è visto nel 2006 a Surat, in India quando piogge insolitamente violente hanno fatto traboccare una diga causando l’allagamento di parte della città e la morte di centinaia di persone. Per contrasto, negli anni 2008-2009 la produzione da idroelettrico indiana invece è calata del 9% proprio per le precipitazioni insolitamente scarse.

GM

1 marzo 2010

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