Per affrontare la questione, George Monbiot nella sua rubrica sul Guardian parte da un nuovo report sulle riserve di gas e petrolio britanniche. Il nuovo studio (pdf), pubblicato dall’associazione di categoria Oil & Gas UK spiega che se le riserve provate ed estraibili di petrolio e gas della Gran Bretagna sono in calo (da 6,1 miliardi di barili di petrolio equivalenti del 2008 a 5,25 mld boe), con investimenti e un prezzo del barile più alto la nazione potrebbe contare su circa il doppio della quantità. Le riserve totali, compreso cioè quel gas e quel petrolio più difficile da estrarre, sarebbero infatti pari a 11 miliardi di barili equivalenti: il declino sta procedendo meno rapidamente del previsto e al 2020 la Gran Bretagna potrebbe soddisfare ancora metà del suo fabbisogno con la produzione domestica.
I report delle associazioni di categoria – sottolinea Monbiot – vanno presi con le pinze: facile vedere dietro lo studio la loro sottointesa richiesta che, per garantire la sicurezza energetica del Paese, bisogna permettere all’industria di investire, magari alleggerendola con sgravi fiscali.
Il declino delle riserve convenzionali anziché spingere all’abbandono dei combustibili fossili fa puntare sui combustibili fossili finora lasciati riposare sotto terra perché più costosi da estrarre: dal gas e petrolio convenzionale dei giacimenti più difficili da raggiungere alle alternative, quali gli scisti e le sabbie bituminose, fino alla liquefazione del carbone. Soluzioni pessime in quanto ad emissioni: un barile di petrolio da sabbie bituminose, ad esempio, a causa dell’energia necessaria per l’estrazione, produce il triplo di CO2 rispetto a un barile da un giacimento convenzionale.
Quello che la scienza ci dice invece è che per avere la possibilità di fermare il riscaldamento globale entro i 2°C dobbiamo lasciare sotto terra non solo il petrolio non convenzionale e i giacimenti non ancora “stappati” dal sottosuolo, ma anche parte delle riserve esistenti.
E qui entra in gioco la schizofrenia della politica, combattuta tra desiderio di sicurezza energetica e lotta (sebbene contraddittoria) al global warming: “se i governi fossero seri nel combattere il riscaldamento globale anziché incoraggiare l’aumento delle riserve dovrebbero decidere già ora quale sarà quel 40% o più delle riserve da lasciare sotto terra”, sottolinea Monbiot. Cosa che il governo britannico, pur tra i più attivi nella battaglia per il clima, non sembra affatto intenzionato a fare.
GM