Le condizioni per un boom del solare indiano, d’altra parte, sono ideali: con una insolazione ottima, il paese ha un gran bisogno di elettricità: c’è un deficit del 10-15% del fabbisogno elettrico e poco meno del 40% della popolazione, cioè circa 450 milioni di persone (dati Iea 2009), è ancora senza corrente; nelle città i black out sono la norma e molte zone rurali sono ancora senza rete elettrica. Da questi presupposti partiva la “Jawaharlal Nehru National Solar Mission”, l’ambizioso piano rivelato a giugno (Qualenergia.it – “La missione solare indiana”) e annunciato ufficialmente la settimana scorsa.
Solare termico, fotovoltaico off-grid per dare energia dove la rete non arriva e centrali e impianti domestici connessi sono le tre direzioni previste dalla “missione”.
Gli strumenti che verranno messi in campo per raggiungere l’obiettivo sono quelli già visti in altre parti del mondo: ci sarà un sistema paragonabile ai nostri certificati verdi con le utility, che dovranno ottenere dal sole almeno lo 0,25% dell’elettricità al 2013 e il 3% al 2022 e sarà attiva una tariffa feed-in (simile al nostro conto energia) con incentivi garantiti per 25 anni (nel 2010 la tariffa incentivante sarà di 18 rupie per chilowattora: cioè poco più di 28 centesimi di euro). Previsti poi vari obblighi di installazione per il solare termico negli edifici, sgravi fiscali e altri incentivi per gli impianti FV off-grid.
La strada imboccata fa prevedere un mercato potenzialmente enorme: i 20 GW al 2020 significano più di tre quarti della capacità installata nel mondo intero a quella data, secondo le previsioni Iea (che non tengono conto del piano indiano e parlano di 27 GW in totale). Già ora i progetti di grandi impianti fotovoltaici iniziano ad essere numerosi e alcune grandi aziende hanno espresso interesse ad impiantare nel paese la produzione di celle e moduli.
Il maggiore è quello legato alle risorse economiche e finanziarie necessarie: il piano prevede incentivi per circa 19 miliardi di dollari, ma per ora New Delhi si è impegnata a garantire solo 900 milioni per la prima fase; per le risorse mancanti si fa molto affidamento sul fondo internazionale per la mitigazione nei paesi in via di sviluppo dell’UNFCCC, cosa che rende piuttosto incerta la prospettiva del programma sul lungo termine. Anche il finanziamento dei vari progetti potrebbe non essere così semplice perché le banche indiane non hanno ancora familiarità con il settore; infine c’è l’ostacolo di procedure autorizzative kafkiane (una testimonianza sul Wall Street Journal parla di 152 passaggi per autorizzare un impianto!) e non sempre trasparenti.
Resta il fatto che il futuro più roseo delle rinnovabili sarà probabilmente in Asia. Non solo l’India della “missione”, ma andando a guardare l’ultimo rapporto di Frost & Sullivan su Asia e Oceania che prevede un boom per il 2010 (sintetizzato qui da Business Green) si scopre un gran fermento nell’area: la Corea del Sud, sappiamo, che ha il pacchetto stimolo più verde al mondo, la Malesia ha appena approvato una tariffa feed-in, il Giappone (obiettivo di arrivare al 20% dell’elettricità da rinnovabili al 2020) prevede prestiti a tasso zero per i progetti sulle rinnovabili, l’Indonesia ha adottato un piano nazionale per la geotermia. Insomma, il settore delle rinnovabili farebbe bene a guardare con grande interesse in direzione est-sud-est.
GM
21 gennaio 2009