Nove le zone previste dal piano di eolico off-shore inglese, principalmente nelle acque del Mare del Nord. Vi verranno realizzati parchi di dimensioni mai viste prima: basti pensare che il più grande, quello che si vorrebbe impiantare a Dogger Bank, 100 km al largo della costa a nord-est, conterebbe 10 GW installati, cioè 10 volte la potenza da eolico off-shore installata attualmente in tutto il mondo.
Ma quella proposta in questi giorni è un’impresa veramente titanica che secondo l’associazione dell’eolico britannico, BWEA, dovrebbe portare 60mila posti di lavoro, anche se – a differenza di quanto previsto da altri piani nazionali, come quello cinese – in quello britannico nell’assegnare le concessioni non è prevista la clausola che si usi una certa quota di componenti prodotte in patria. Si tratta di un progetto che non sarà semplice da realizzare: l’eolico offshore è una fonte con grandissime potenzialità (per Europa si parla di 150 GW al 2030, Qualenergia.it “Il vento oltre Copenhagen”), ma anche con costi e difficoltà tecniche molto rilevanti: dalle problematiche nell’installazione e nella manutenzione alle infrastrutture necessarie per connettere gli impianti alla terraferma.
Così, se l’inizio dei lavori per i parchi britannici è stimato per il 2015, sono molti i dubbi che si completino, come da programma, entro il 2020. La storia recente dell’eolico off-shore abbonda infatti di progetti rimandati di anni per difficoltà a reperire i finanziamenti. L’ultimo caso il parco del London Array che ha visto di recente ritirarsi diversi investitori. Non a caso la lobby dell’eolico inglese si sta già adoperando affinché i generosi sussidi previsti dal governo di Londra per i parchi off-shore in funzione entro il 2014 vengano estesi anche a quelli che saranno pronti diversi anni dopo.
Altra obiezione all’ambizioso piano è quella sull’opportunità di puntare su una fonte aleatoria e discontinua come l’eolico. Una scommessa che acquista però più senso se inquadrata nella visione energetica che l’Europa e, in particolare, i paesi del Mare del Nord hanno per il futuro prossimo: quella di una rete elettrica intelligente transazionale che permetta di coordinare la produzione ottimizzando le fonti rinnovabili del continente. Un’infrastruttura che permetterebbe ad esempio di trasmettere l’energia eolica in eccesso prodotta in Scozia nei giorni ventosi fino alle industrie tedesche o addirittura usarla per pompare in salita acqua nei bacini idroelettrici scandinavi, che così diventerebbero una sorta di batteria continentale (l’accumulo di potenza è stimato in 30 GW).
Un passo avanti verso questa rete si farà questo mese con un primo accordo tra 9 paesi del Mare del Nord: oltre a Regno Unito e Irlanda, anche Germania, Francia, Belgio, Olanda, Francia, Lussemburgo, Svezia e Danimarca. Entro il prossimo autunno il piano verrà definito per arrivare all’inizio dei lavori entro il decennio.