La strada per i 2 gradi è ancora lontana

  • 18 Dicembre 2009

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Alcuni studi valutano che gli attuali impegni al 2020 messi in campo dai paesi industrializzati e dalle economie emergenti siano comunque modesti per contenere la temperatura sotto i due gradi. Il punto di riferimento è 44 Gt di CO2e al 2020. Qual è allora il divario rispetto all'accordo che si sta delineando?

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Gli scenari di riduzione delle emissioni di gas serra basati sugli impegni dei paesi industrializzati e delle economie emergenti, così come sono stati presentati nella bozza del documento delle Nazioni Unite fatta trapelare da The Guardian, possono portare ad un aumento della temperatura anche superiore ai 3 °C (vedi articolo QE.it).
Questo è quanto indicherebbero anche alcuni studi elaborati e pubblicati nei giorni scorsi che comunque non si trovano completamente d’accordo sulla differenza di emissioni al 2020 che produrrebbero tali target rispetto al valore di 44 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti massime da emettere entro il 2020.
Questa quantità (44 Gt) di emissioni consentirebbe di stabilizzare la concentrazione sui 450 ppm, con una probabilità del 40-60% di contenere entro i due gradi la temperatura media della Terra rispetto ai livelli pre-industriali.

In uno scenario business as usual (BAU), anche alla luce della crisi economica, le emissioni arriverebbero a 58 mld t/CO2e: una quantità che porterebbe la concentrazione a 950 ppm e ad un aumento della temperatura di 5 °C, con danni climatici irreversibili. Pertanto si stima che lo “scenario 450 ppm” richieda una riduzione di almeno 14 mld di tonnellate di anidride carbonica equivalenti rispetto allo scenario BAU.

Uno studio di Nicholas Stern realizzato insieme all’Unep ritiene che gli attuali impegni sul tappeto porterebbero ad un differenziale di incremento delle emissioni al 2020 di circa 2 mld di t/CO2e. Altri studi, come quello di McKinsey per Project Catalyst (vedi allegato) e di Ecofys del Potsdam Institute, sono molto più pessimistici e valutano che il gap sia più considerevole e pari a circa 5 mld di t/CO2e.

Va ricordato che anche con concentrazione a 450 ppm ci sarebbe solo una probabilità su due che la temperatura non salga sopra i due gradi (un limite oramai considerato fisso in tutti gli atti ufficiali sul clima). Quindi, come dicono alcuni scienziati del clima e alcune associazioni ambientaliste internazionali, “ci troveremmo comunque sempre a giocare con una roulette russa con 3 pallottole in canna”.

Secondo lo studio Project Catalist (“Taking stock – the emission levels implied by the current proposal for Copenhagen”) se venisse considerata la riduzione più bassa della forchetta degli impegni attuali di riduzione, le emissioni si abbatterebbero solo di 4 mld di tonnellate di CO2, arrivando a 54 Gt al 2020, cioè 10 Gt di differenza rispetto a quanto sarebbe necessario.
Questo livello di emissioni è in linea con una traiettoria di 550 ppm e un aumento della temperatura di 3 o più gradi centigradi, con gravi rischi di danni climatici.

Il problema di uno scenario di questo tipo è che sarebbe poi molto complesso tornare ad una concentrazione di 450 ppm dopo il 2020. Servirebbe allora un taglio delle emissioni di 30 Gt al 2030 rispetto allo scenario BAU; un tale impiego di risorse che diventerebbe veramente gravoso per tutte le economie mondiali: abbandono di enormi quantitativi di stock di capitale (tecnologie ad alto contenuto di carbonio) che non è stato ancora ammortizzato e investimenti molto ingenti in tecnologie low carbon, oltre ai costi da sostenere per tutti gli impatti negativi dei cambiamenti climatici sull’ambiente che potranno diventare più marcati.

Vediamo allora come lo studio valuta lo scenario con un livello di impegni di riduzione di emissioni secondo il range più elevato oggi sul tappeto: per i paesi industrializzati in media è del -18%, con l’UE a -30% rispetto al 1990 e per i paesi in via di sviluppo è di -13% rispetto allo scenario tendenziale – BAU – al 2020. Anche in questo caso il differenziale resterebbe importante rispetto a quel punto di riferimento di 44 mld di tonnellate al 2020: cioè 49 Gt, quindi con 5 Gt in più.
Il terreno resterebbe minato e richiederebbe perciò un cambio di rotta rapido, tra il 2010 e il 2015, per riuscire a stabilizzare la concentrazione sui 450 ppm. Questa sarebbe la sola finestra utile ed economicamente fattibile per provare a mantenere la temperatura sotto i due gradi nei decenni a venire.

LB

18 dicembre 2009

 

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