Intanto Cina e India hanno annunciato entrambi degli impegni, che si riferiscono all’intensità energetica e, dunque, non significano necessariamente una riduzione assoluta delle emissioni. Quello della Cina, come sappiamo, è di ridurre l’intensità energetica dal 40 al 45%. L’impegno di Nuova Delhi, annunciato ieri è comunque importante anche se non altrettanto sostanzioso: ridurrà dal 20 al 25% rispetto ai livelli del 2005 la propria intensità energetica, obiettivo che comunque potrebbe permettere (secondo le stime di PricewaterhouseCoopers LLP) alle emissioni di aumentare del 90-95% allo stesso anno.
Il balletto diplomatico insomma continua: mercoledì Cina, India, Brasile e Sud Africa (BASIC) hanno messo dei paletti ben precisi e rifiutato la proposta di accordo abbozzata dai padroni di casa, cioè dal governo danese. La bozza prevedeva l’impegno a dimezzare le emissioni globali entro il 2050, iniziando a farle scendere dal 2020: un punto inaccettabile per i paesi emergenti, come dichiara alla Reuter il capo dei negoziatori sudafricani Alf Wills: “Gli impegni dei paesi ricchi sono insufficienti e stabilire di tagliare del 50% al 2050 significa che la quota mancante di riduzioni dovrà venire dai paesi in via di sviluppo”.
Le nazioni BASIC infatti hanno chiarito già nei giorni scorsi che non intendono accettare obiettivi di riduzione dei gas serra vincolanti né controlli esterni, se non per progetti finanziati dall’estero (Qualenergia.it “Ultime indiscrezioni su Copenhagen”).
Allora quali speranze ci sono per un accordo legalmente vincolante o quantomeno di valore politico? Difficile dirlo, ma vale la pena ricordare quanto sottolineato oggi da Edo Ronchi alla conferenza stampa di Kyoto Club e Fondazione Sviluppo Sostenibile per presentare il position paper congiunto delle due associazioni (Qualenergia.it “Clima, un piano in cinque mosse per Copenhagen”): non bisogna perdere di vista l’obiettivo fondamentale della conferenza, che non è tanto raggiungere un generico accordo, ma riuscire a ridurre le emissioni abbastanza da mantenere sotto i 2°C il riscaldamento globale.
GM
4 dicembre 2009