La IEA mente sulle riserve petrolifere?

  • 11 Novembre 2009

CATEGORIE:

Mentre l'International Energy Agency presenta il suo report annuale, una fonte interna all'agenzia rivela al Guardian che le stime sulle riserve petrolifere  sarebbero deliberatamente gonfiate per paura di scatenare il panico sui mercati finanziari. In allegato la sintesi del World Energy Outlook 2009, che comunque chiede di passare urgentemente ad un'economia low carbon.

ADV
image_pdfimage_print
L’International Energy Agency (IEA) mente sulla quantità di petrolio che rimane e lo fa per paura di scatenare il panico nei mercati finanziari e la corsa agli acquisti. La rivelazione arriva dal Guardian proprio in concomitanza con la pubblicazione del World Energy Outlook 2009, il rapporto annuale sull’energia della IEA lanciato ieri (vedi sintesi allegata o acquista versione integrale).  Secondo una fonte interna all’agenzia i dati sull’esaurimento delle riserve esistenti e quelli sulla possibilità di scoprirne di nuove sarebbero stati deliberatamente edulcorati. Un’indiscrezione che mette seriamente in dubbio l’attendibilità di una delle raccolte di dati sull’energia più autorevoli, usata da vari governi nel mondo per decidere le proprie politiche energetiche.

A fare pressione sull’agenzia per “truccare” i dati sulla disponibilità di greggio, secondo il funzionario IEA sentito dal Guardian, e anonimo per timore di ritorsioni (senti audio), sarebbero stati in particolare gli Stati Uniti, preoccupati per le conseguenze geopolitiche che la consapevolezza della scarsità delle riserve potrebbe avere. Tra gli aspetti falsati la previsione – già messa in dubbio da vari critici esterni – che la produzione di greggio possa essere aumentata dagli 83 milioni di barili al giorno attuali a 105 milioni, previsione che si ritrova anche nell’edizione del World Energy Outlook diffusa ieri.

Che ci sia un problema di disponibilità di petrolio in realtà l’agenzia l’anno scorso aveva cominciato ad ammetterlo (Qualenergia.it “La cruda realtà dell’energia mondiale”), mentre negli anni passati le stime delle risorse erano ancora più tranquillizzanti. “Al 2005 la IEA prevedeva che la produzione da qui al 2030 poteva crescere fino a 120 milioni al giorno, poi è passata a prevedere che si poteva arrivare solo a 116, poi, l’anno scorso, a 105 – spiega al Guardian la fonte interna alla IEA. 

La previsione dei 120 milioni di barili è sempre stata infondata, ma anche la stima attuale è più elevata di quello che si può giustificare. Molti all’interno dell’organizzazione credono che sia impossibile mantenere la produzione anche a soli 90-95 milioni di barili al giorno, ma c’è la paura che se queste stime venissero diffuse possano scatenare il panico nei mercati finanziari.” E una seconda fonte anonima interna alla IEA (ma ora in pensione) conferma al quotidiano inglese: “siamo già entrati nella zona del picco. Vedo molto male la situazione.”

Non è la prima volta che le stime della IEA sul petrolio vengono criticate perché troppo ottimistiche. Diversi studi pubblicati anche recentemente mettono in guardia sul fatto che il petrolio non possa bastare già tra qualche anno (Qualenergia.it “Un petrolio sempre più scarso”). Alle accuse del Guardian, la IEA ha risposto oggi, definendole “infondate” e spiegando che i 105 milioni di barili al 2030 si riferiscono comunque ad uno scenario verso il quale non non bisogna arrivare per evitare una catastrofe climatica. “Le riserve energetiche del mondo sono adeguate a soddisfare l’incremento della domanda previsto per il 2030 e oltre. Ma le tendenze dello Scenario di Riferimento hanno conseguenze pesanti per la protezione dell’ambiente, la sicurezza energetica e lo sviluppo economico”, si legge nel report.

Il messaggio principale del World Energy Outlook di quest’anno – stime dubbie sul petrolio a parte – infatti è che il mondo, per la propria sicurezza energetica oltre che ambientale, deve svoltare verso il low-carbon: investendo tantissimo in efficienza, producendo almeno il 60% dell’elettrcità da fonti a basse emissioni (37% da rinnovabili, 18% da nucleare e 5% da centrali termiche che catturino la CO2), e arrivando al 60% dei veicoli in circolazione ibridi o elettrici contro l’1% attuale.

GM

11 novembre 2009

Potrebbero interessarti
ADV
×