Rinnovabili italiane in caso di accordo sul clima

Se l'Europa alzerà i propri obiettivi al 2020 si avrà un'accelerazione sul fronte delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. L'Italia sarà in grado di reggere la sfida? Con quali politiche? Sarà comunque fondamentale spingere su offerta nazionale di tecnologie e ricerca.

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Se si raggiungerà entro il prossimo anno, come probabile, un accordo mondiale sul contenimento delle emissioni climalteranti, l’Europa alzerà il proprio obiettivo di riduzione al 2020, attualmente fissato al 20% rispetto ai livelli del 1990. Una revisione verso l’alto degli obiettivi al 2020 comporterebbe un’accelerazione delle politiche europee e nazionali sul versante dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, settori in grado nel prossimo decennio di offrire un contributo significativo al taglio delle emissioni.

Il problema che si pone è quindi l’identificazione della quota di energia verde da importare (entro fine anno), delle tecnologie su cui puntare e delle politiche che consentano di ottenere risultati ambiziosi con il minor costo complessivo per la collettività.
La percentuale che potrà essere importata sarà vincolata dalla capacità di trasmissione dell’elettricità, ma gli interventi nei Paesi limitrofi – in particolare nel Sud del Mediterraneo – potranno rappresentare un elemento interessante di cooperazione, considerando lo scenario di enorme crescita delle rinnovabili nei prossimi decenni.

Facendo riferimento al “position paper” presentato a Bruxelles dal Governo italiano nel 2007, si possono fare alcune riflessioni.
La prima riguarda l’incremento del contributo potenziale del settore termico e di quello elettrico. Dal documento emerge chiaramente che lo sforzo maggiore, sia in termini assoluti che in percentuale, dovrà venire dalle rinnovabili termiche, con un incremento di 9,3 Mtep contro i 4,7 Mtep di aumento del contributo dell’elettricità verde.
Se si considera però l’insieme delle politiche che si sono sviluppate nel corso degli ultimi 10-15 anni, risulta evidente la sproporzione tra l’attenzione dedicata alla produzione di elettricità da rinnovabili e quella rivolta al comparto termico.
Se si vogliono raggiungere questi obiettivi, o altri più ambiziosi, occorrerà dunque rafforzare notevolmente le politiche su questo versante che, oltretutto, può essere incentivato con costi inferiori. Per esempio, è totalmente assente un’azione di stimolo nei confronti delle applicazioni a media temperatura (dal calore di processo industriale alla climatizzazione estiva degli edifici), che invece rappresentano un grosso potenziale. Come pure andrebbe sostenuta maggiormente la diffusione delle pompe di calore geotermiche, da poco apparse nel nostro Paese, che possono portare un contributo significativo.

Sul versante elettrico, nel “position paper” i due contributi principali venivano identificati nell’eolico (con 12 GW) e nel solare (con 9,5 GW). In realtà entrambi questi valori sembrano sottodimensionati. Secondo Terna, ad esempio, già al 2013 potrebbero essere collegati alla rete 9 GW eolici. ANEV ritiene realizzabile un obiettivo alla fine del prossimo decennio di 16 GW con una produzione di 27 TWh. E per quanto riguarda il fotovoltaico, che nel 2010 potrebbe già toccare la soglia dei 2 GW, il raggiungimento della green parity entro il 2013-2015 nel Sud Italia estenderà notevolmente lo spazio di intervento. Sono state fatte molte valutazioni, da quelle iper ottimiste dello scenario “spinto” dell’EPIA (secondo cui nel 2020 nel nostro Paese potrebbero essere installati 55 GW fotovoltaici con una copertura della domanda elettrica che arriverebbe al 18%), allo studio di Arturo Lorenzoni dell’Università di Padova, nel quale si ipotizzano alla stessa data 15 GW fotovoltaici che garantirebbero il soddisfacimento del 5% dei consumi elettrici. La riduzione dei prezzi delle installazioni fotovoltaiche previste nei prossimi anni consentirà di ridurre notevolmente le incentivazioni il cui peso graverebbe, secondo lo studio, per l’1,64% sul prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso nel 2009 fino al 3,7% nel 2020, quindi un valore del tutto sopportabile.

Anche sul fronte delle biomasse le previsioni contenute nel documento sembrano sottostimate. Si parla di passare infatti da 1,2 GW a 2,4 GW alla fine del prossimo decennio, ma il potenziale di intervento è superiore e i nuovi incentivi per gli impianti sotto 1 MW stanno accelerando il numero di realizzazioni.
Decisivo per il raggiungimento della nuova potenza delle rinnovabili è però il rafforzamento delle reti, senza il quale l’obiettivo al 2020 naufragherebbe miseramente.

Ci sono poi due altri aspetti che meritano di essere approfonditi. Il primo riguarda il maggiore coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali, con la prossima emanazione del decreto sul “burden sharing“, grazie al quale ogni Regione saprà quale obiettivo dovrà raggiungere entro il 2020. Il secondo è legato al rafforzamento di un’industria nazionale delle rinnovabili e della ricerca in questo settore. Per quanto riguarda il primo aspetto è necessaria una seria capacità di governo in grado di gestire con equilibrio le migliaia di installazioni e di creare un’industria locale delle rinnovabili, consentendo di generare ricchezza. Tragicamente indietro la ricerca, priva di una regia unitaria che consenta di tenere il passo in un comparto dove la sfida si gioca sull’innovazione.

Gianni Silvestrini

 

 

 

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