Il freno europeo allo spreco da stand-by

  • 25 Ottobre 2009

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Il regolamento europeo approvato a fine anno stabilisce che dal 2011 gli elettrodomestici in modalità stand-by dovranno assorbire meno di 1 W. Ne parliamo con gli esperti dell'Efficiency Research Group del Politecnico di Milano

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È l’equivalente energetico del rubinetto che gocciola: l’esempio di come un’inefficienza minima se vista a livello del singolo caso, possa rivelarsi uno spreco enorme a livello complessivo. Il consumo degli elettrodomestici in stand-by nel solo 2005 in Europa è costato ben 47 TWh pari a 19 Mt di emissioni di CO2 in più. Tanto che l’Unione Europea ha deciso finalmente di fissare il rubinetto e fermare lo spreco: con un regolamento emanato a fine dicembre la Commissione ha stabilito limiti precisi per i consumi degli elettrodomestici in modalità spenta o standby.
Dal 2010, un anno dopo l’entrata in vigore del regolamento, che mette in pratica la direttiva 2005/32/CE , gli apparecchi venduti in Europa in modalità spenta o stand-by non potranno superare 1 W di potenza assorbita, 2 W se la modalità stand-by serve ad illuminare un display che dia informazioni. Nel 2013 i limiti saranno ulteriormente abbassati, dimezzando le soglie.
Di consumi in stand-by e del nuovo regolamento abbiamo parlato con l’ingegner Andrea Roscetti dell’energy Efficiency Research Group del Politecnico di Milano.

Ingegnere, quali sono le potenzialità di riduzione dei consumi del regolamento appena adottato?

È difficile da dire con precisione, perché i consumi per lo stand-by non incidono solo sul settore residenziale, ma molto anche sul terziario, settore in cui quantificare risulta più difficile. Non si sa cioè quanti Pc ci sono in stand-by negli uffci d’Europa; abbiamo fatto delle misurazioni ma sono molto più complesse perché, al contrario delle abitazioni per le quali il numero di apparecchi e il loro funzionamento è conosciuto e solitamente lo stesso, gli uffici sono molto diversi uno dall’altro. Inoltre la quantità di apparecchi che consumano quando sono “spenti” è in costante incremento (pensiamo ai decoder). Il consumo medio nelle case europee a causa dello stand-by, comunque dall’analisi dei dati svolta da Sintef nel progetto EIE-Remodece al momento risulta essere di 244 kWh all’anno, cioè il 9,1% dei consumi elettrici europei medi nel residenziale. A livello complessivo, invece, i dati del 2005 parlano del 20%.

Saranno istituti come il vostro ad avere il compito di monitorare che gli apprecchi prodotti dopo il 2010 adempiano agli obblighi del regolamento?
Le modalità di verifica verranno stabilite precisamente con l’implementazione della direttiva sul design dei prodotti. Per ora stiamo lavorando al tentativo di un primo meccanismo di verifica dei prodotti esistenti sul mercato, nell’ambito del progetto di ricerca EIE-Selina. In pratica stiamo misurando i consumi nelle varie modalità di stand-by dei vari apparecchi nei negozi. Non guardiamo solo a quanto consuma in stand-by un certo apparecchio, ma come i consumi dello stesso elettrodomestico variano nel tempo: gli schermi LCD, ma anche i consumi dei decoder, ad esempio, hanno andamenti particolari, ad esempio perché, a volte, finché sono in stand-by scaricano aggiornamenti del software. Sarà un lavoro molto lungo perché le apparecchiature che pensiamo dia esaminare sono oltre 6000.

Quali sono le tipologie di elettrodomestici più inefficienti in stand by?
Se guardiamo al consumo annuo in stand-by rispetto al consumo totale della singola apparecchiatura, quelli che consumano di più e i meno efficienti in media sono i lettori Dvd, gli Hi-Fi e i decoder, sia satellitari che per il digitale terrestre. Male anche forni a microonde che hanno l’orologio e alcuni tipi di caricabatterie. Dal punto di vista dei consumi totali annui assoluti, invece, a consumare mediamente di più in stand-by sono router, modem wireless e pc fissi.

E gli apparecchi che consumano più da spenti? È vero che i carica cellulare usano energia anche quando restano attaccati alla presa senza che il telefono sia in carica?
Questo è vero per quelli più vecchi e pesanti, non per quelli più recenti, quelli più elettronici, più piccoli e leggeri. Un problema sono invece i trasformatori per alcune lampade a basso voltaggio: consumano anche quando le lampade sono spente.

Quanto sono difficili da raggiungere per l’industria gli obiettivi del regolamento? C’è chi si è già adeguato?
Molti stanno già lanciando prodotti con consumi ben al di sotto dei limiti imposti. Dal punto di vista tecnico sono obiettivi piuttosto semplici da raggiungere, si tratta solo di una scelta di componentistica dai costi contenuti. Come abbiamo constatato per i carica cellulari e i carica batterie dei pc portatili, basta solo migliorare la qualità del circuito del trasformatore. Si parla di pochi centesimi a pezzo, cui vanno aggiunti, in alcuni casi, costi maggiori per eventuali modifiche al design e alle funzionalità dell’apparecchio. Non c’è differenza sostanziale di costi tra un televisore che ha lo stand-by e uno che non ce l’ha: non vedo perché tutti non debbano produrre solo televisori senza stand-by elevato; è solo una questione di progettazione.

Parlando invece di efficienza energetica degli elettrodomestici in generale, oltre al problema stand-by, con i progressi tecnici che si stanno raggiungendo si stabiliranno anche requisiti più severi in termini di etichetta energetica?

È terminata proprio in questo periodo la fase di consultazione per la revisione dell’etichetta energetica. A breve dovrebbe uscire la versione definitiva della nuova etichetta. Tutto verrà stabilito con la nuova direttiva sull’ecodesign. C’è un po’ di scontro tra associazioni dei consumatori e produttori sull’aspetto della futura etichetta. I produttori vorrebbero una scala numerica, con un numero più alto quanto più l’apparecchio è efficiente, i consumatori vorrebbero, invece, mantenere la scala attuale da A a G, rimodulando però i requisiti per accedere alle varie classi. Un’altra idea poi è di inserire altri requisiti nella classificazione, non solo i consumi cioè in fase di funzionamento, ma ad esempio anche la sostenibilità ambientale del prodotto nel suo complesso; ma di questo si parlerà sicuramente in una fase successiva.

GM

29 gennaio 2009
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