Come è finito lo scandalo del pellet radioattivo

  • 12 Ottobre 2009

CATEGORIE:

La procura di Varese ha disposto il dissequestro del pellet bloccato a giugno dopo che in Val d'Aosta si erano trovate ceneri con valori di radioattività 40 volte oltre il limite legale. Sulle 10mila tonnellate ferme nei depositi le analisi rassicurano. AIEL bacchetta l'allarmismo di giugno dei media nazionali, ma lo scandalo a qualcosa è servito.

ADV
image_pdfimage_print
Il caso era scoppiato a giugno, quando in Val d’Aosta era stato trovato del pellet le cui ceneri contenevano Cesio 137, sostanza radioattiva, in concentrazioni di molto superiori ai limiti di legge. Erano seguiti sequestri di pellet in tutta Italia, con relative analisi (Qualenergia.it “Pellet radioattivo”).
Ora, con i primi freddi alle porte, arriva una notizia che tranquillizza produttori e consumatori di questo combustibile ecologico: gli esiti delle analisi condotte dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sono rassicuranti, al punto che la Procura di Varese, titolare dell’indagine a livello nazionale, ha ordinato il dissequestro su tutto il territorio nazionale delle oltre 10.000 tonnellate di pellet rimasto fermo nei depositi a scopo cautelativo.

Secondo l’ISPRA, le analisi evidenzierebbero la “non rilevanza radiologica dei valori riscontrati e, dunque, la non pericolosità per la salute pubblica.” Il pellet sequestrato preventivamente può essere venduto e bruciato, mentre restano aperte indagini sia alla Procura di Aosta che a quella di Varese nei confronti.del produttore lituano del pellet “Naturkraft” al centro dello scandalo. Nel materiale ancora da bruciare, d’altra parte, non erano mai stati rilevati valori di radioattività superiori ai limiti di legge; il problema era sorto con le ceneri dove erano stati trovati valori fino a 40 volte superiori ai 1000 Bequerel/kg del limite di legge.

AIEL, l’Associazione Italiana Energie Agroforestali, tira un sospiro di sollievo e bacchetta l’allarmismo con cui a giugno sarebbe stato trattato il caso: “La notizia aveva procurato allarme tra i consumatori di pellet, anche in seguito alle dichiarazioni di alcune emittenti nazionali che erano addirittura arrivate ad espressioni come “pellet killer”, creando panico e preoccupazione, e poi risultate del tutto infondate alla luce di questi nuovi fatti. La vicenda – spiega l’associazione – ha sicuramente creato un danno economico e di immagine ad un importante settore, che in Italia vanta un mercato di oltre 1 milione di tonnellate consumate all’anno e di oltre mezzo milione di stufe caratterizzate da buoni livelli di efficienza energetica.”

Dunque, pellet assolto. Possiamo stare tutti tranquilli? Solo in parte. Che il panico fosse fuori luogo nel caso del pellet raiodattivo su queste pagine lo avevamo scritto già a giugno. Anche per le concentrazioni più alte trovate finora nelle ceneri, spiega a Qualenergia.it, Mauro Magnoni dell’Arpa Piemonte – le conseguenze per la salute non sarebbero particolarmente preoccupanti: “chi maneggiasse quotidianamente una stufa con ceneri radioattive come quelle in questione assorbirebbe 0,00003 Sievert l’anno: relativamente poco considerando che in Italia il limite legale di esposizione sul posto di lavoro, è di 1 Sievert all’anno e che nel complesso siamo esposti annualmente in media a 3 Sievert” spiega l’esperto. Ma – scarsa pericolosità a parte – il caso ha messo in luce vari problemi legati alla filiera delle biomasse, spesso troppo lunga e poco trasparente (a proposito si veda su Qualenergia.it “Il pellet nella bufera” e “Per un pellet trasparente”).

“Un problema quello della trasparenza della filiera che su cui AIEL lavora ogni giorno”, sottolinea però il presidente Marino Berton. Intanto sul problema della radioattività tuttora la legge non prevede controlli preventivi e il limite di legge (che si applica al combustibile ancora da bruciare) sarebbe troppo alto: secondo Magnoni dell’Arpa Piemonte andrebbe “a scopo prudenziale” abbassato dai 1000 Bq/kg attuali a circa 500, per essere sicuri che anche nelle ceneri non vi siano concentrazioni potenzialmente pericolose. Lo scandalo – forse in parte ingiustificato – montato a giugno da questo punto di vista forse a qualcosa è servito: tra i controlli che AIEL effettua per assegnare al pellet il marchio di qualità “Pellet Gold” da qualche mese, infatti, c’è anche quello sulla radioattività. La soglia massima tollerata sul pellet con questa certificazione? “Oltre 150 volte più bassa di quanto previsto dalla legge, cioè 6 Bq/kg”, ci spiega Berton.

GM

13 ottobre 2009

Potrebbero interessarti
ADV
×