Lentamente verso Copenhagen. Il dopo Bangkok

  • 11 Ottobre 2009

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A Bangkok qualche passo in avanti: le parti hanno iniziato a ripulire i vari testi negoziali, un lavoro che sarà completato a Barcellona dal 2 al 6 novembre. Poi a Copenhagen la decisione finale spetterà ai ministri. Un resoconto finale di Leonardo Massai presente ai lavori nella capitale thailandese.

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Il meeting di Bangkok appena concluso rappresenta un piccolo passo in avanti verso la conclusione di un accordo soddisfacente a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre 2009.
Il passo in avanti è rappresentato dal fatto che in molti casi le parti hanno iniziato a ripulire i vari testi negoziali dalle centinaia di parentesi, opzioni, punti di sospensione, modifiche da definire.

Tutto da vedere se la velocità e la tempestività di questo avanzamento sarà sufficienti a garantire il risultato finale. Tuttavia, in molti casi, sembra che le varie delegazioni siano arrivate ormai al limite del proprio mandato e l’unico conseguimento possibile prima di entrare nelle due settimane finali in Danimarca è appunto la semplificazione dei documenti negoziali per poi lasciare il campo alle decisioni finali dei ministri.
La riunione dei Barcellona, dal 2 al 6 novembre 2009, servirà a completare questo lavoro di rifinitura, ma è ormai evidente che il vero e proprio negoziato sui temi fondamentali (si intende quello paragrafo per paragrafo e parola per parola) si risolverà nella capitale danese nei 10 giorni cruciali per il futuro della lotta ai cambiamenti climatici.

L’altra nota positiva della riunione di Bangkok è legata agli innumerevoli incontri informali tra le varie delegazioni, spesso a livello bilaterale e fissati in orari non ufficiali. Incontri che sovente servono a chiarire posizioni che nei gruppi di lavoro non possono essere esplicitate ed approfondite, incontri che servono a limare le varie posizioni, incontri spesso alla base di alleanze strategiche disparate sulle varie questioni fondamentali per il proseguimento del negoziato.
Le note meno positive emergono dalle seguenti considerazioni riguardanti alcuni dei temi principali di negoziato.

Forma giuridica dell’accordo finale di Copenhagen
Ancora molta speculazione ruota intorno a questo tema fondamentale. Formalmente, la questione non è ancora in agenda – ma lo potrebbe essere a Copenhagen – e le parti non hanno ancora iniziato a discuterne, se non in un paio di incontri preliminari finalizzati per lo più a chiarire alcuni aspetti giuridici e formali di fondo.

Informalmente, numerosi sono gli incontri tra le parti anche, e soprattutto, al di fuori del percorso negoziale ufficiale. Ad oggi è molto difficile prevedere l’esito del negoziato sulla forma di accordo finale.
Varie opzioni rimangono sul tavolo: a) un emendamento al protocollo di Kyoto riguardante la parte sugli obblighi vincolanti di riduzione dei gas serra da parte dei paesi “Allegato I” con l’introduzione di nuovi numeri (posizione sostenta dai paesi emergenti) accompagnato da una serie di decisioni COP (convenzione) oppure CMP (protocollo di Kyoto) sulle questioni operative; b) un maxi emendamento che oltre alla modifica degli obblighi, includa anche alcune modifiche sostanziali al Protocollo come la riforma dei meccanismi flessibili; c) la decadenza del protocollo sostituito da un accordo (un altro protocollo?) fondato in gran parte sui punti principali del processo in ambito Convenzione (visione condivisa, obiettivo di lungo termine, adattamento, finanziamento, trasferimento tecnologico, mitigazione). Soluzione quest’ultima sostenuta dai maggiori paesi industrializzati (Allegato I) tra cui gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Ulteriori opzioni restano sul tavolo delle trattative.

Misura della riduzione delle emissioni dei gas serra aggregata ed individuale
I numeri attuali messi sul tavolo dai paesi industrializzati fino ad oggi appaiono insufficienti a fronteggiare in modo serio la sfida dei cambiamenti climatici così come richiesto dalla quasi totalità della comunità scientifica.
Da ricordare che secondo l’IPCC una riduzione in aggregato dal 25 al 40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990 da parte dei paesi “Allegato I” sarebbe necessaria per garantire una probabilità abbastanza alta di non superare il limite dei 2 gradi centigradi di aumento della temperatura al 2100.
La somma degli obiettivi di riduzione unilaterali proposti dai paesi “Allegato I” (escluso gli Stati Uniti) varia dall’11 al 18%. Sarà forse anche per questo che l’annuncio della Norvegia nell’ultimo giorno del meeting di Bangkok di aumentare la misura dello sforzo unilaterale di riduzione dal 30 al 40% ha suscitato uno degli applausi più fragorosi tra le delegazioni presenti.
La lista degli obiettivi unilaterali dei paesi industrializzati è stata compilata e distribuita dal gruppo regionale AOSIS sulla base della normativa già adottata o in alcuni casi di dichiarazioni politiche ufficiali (vedi tabella pdf).

Ovviamente ancora incerto è il destino di molti di questi numeri, soprattutto perché in molti casi non è chiaro l’impatto degli “sconti” previsti dal Protocollo di Kyoto: meccanismi flessibili, attività di forestazione, nuovi meccanismi come quello che dovrebbe premiare le attività di riduzione della deforestazione e della degradazione forestale (REDD).

Saranno quindi gli ultimi giorni in Danimarca o, con maggiore probabilità, le ultime ore a svelare al mondo intero se lo sforzo della comunità internazionale finalizzato alla riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra sarà più vicino alle istanze dei paesi in via di sviluppo, in particolare dei paesi più vulnerabili agli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, e alle più recenti scoperte scientifiche; oppure più vicino alle richieste dei paesi industrializzati che fino ad oggi hanno messo sul tavolo obiettivi di riduzione unilaterali che in aggregato ammontano ad una variazione che va tra l’11 al 18% al 2020 rispetto al 1990. La differenza appare evidente.

Meccanismi flessibili
A Bangkok le parti hanno iniziato a parlare della riforma di CDM e JI con l’obiettivo di snellire l’iter procedurale, aumentare la diffusione in tutto il mondo di tali progetti e introdurre nuove categorie di progetto. In particolare le parti hanno analizzato i punti seguenti:
• Miglioramento delle possibilità di accesso al CDM da parte di specifici paesi
• Sviluppo di baseline standardizzate e multi-progetto
• Riconoscimento dei co-benefici al fine di facilitare il riconoscimento dell’addizionalità
• Introduzione dei fattori moltiplicativi e di sconto
• Identificazione di tipologie di progetto specifiche con iter di approvazione semplificato

Altre questioni come la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, le foreste nel CDM, il nucleare e la destinazione di parte dei profitti, non sono state considerate in quanto troppo delicate. Sarà il vertice di Copenhagen a fornire una risposta.

Attivita di forestazione, uso del suolo e cambio uso del suolo (LULUCF)
Il tema del LULUCF è uno degli aspetti principali del negoziato. Si tratta infatti di un insieme di regole che nell’ambito del protocollo di Kyoto hanno portato molti vantaggi, in particolare ad alcuni paesi. L’intenzione di molte nazioni è quella di cambiare le regole in nome della salvaguardia dell’integrità ambientale del Protocollo.
In pratica, la soluzione non è così facile. Sul tavolo sono rimaste due opzioni: la prima corrisponde all’introduzione di alcune modifiche alle regole vigenti, la seconda prevede un radicale cambiamento del sistema.
I paesi “Allegato I” vogliono definire le regole sul LULUCF in parallelo con la decisione sull’entità degli obblighi di riduzione. I paesi emergenti temono che questo lasci spazio ancora una volta all’ambiguità e vogliono chiarezza prima sugli impegni di riduzione e poi sulle regole del LULUCF.
A Barcellona i paesi “Allegato I” dovrebbe fornire i numeri relativi all’impatto del LULUCF sugli obblighi di riduzione attuali e futuri. Non è forse un po’ tardi?

La sessione plenaria delle due settimane di Bangkok si è chiusa con la denuncia unanime dei paesi in via di sviluppo in merito alla esplicita volontà di alcuni paesi di seppellire il Protocollo di Kyoto con un nuovo strumento globale che preveda, oltre al coinvolgimento degli Stati Uniti, anche le prime azioni concrete da parte dei paesi emergenti con il tasso di crescita più elevato. Un rifiuto chiaro e netto che chiude la porta ad ogni trattativa per il periodo post-Kyoto. Almeno a parole.

Leonardo Massai
[email protected]

 

Vedi anche: Giorni di negoziato a Copenhagen: meno 10 di Leonardo Massai

12 ottobre 2009

 

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