Verso una carbon tax europea?

  • 6 Ottobre 2009

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Trapelata la bozza di una direttiva per instituire una tassa europea sulla CO2, da imporre ai settori esclusi dall'ETS. Una misura già adottata da alcuni Stati e che sta per partire anche in Francia, mentre il Regno Unito preferisce un sistema basato sullo scambio dei permessi. Intanto la tassa è valutata dalla Cina, che vi vede un modo per difendersi dal "protezionismo climatico".

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In questi giorni si sotto traccia di ridurre le emissioni tassando direttamente i combustibili fossili  nei settori esclusi dall’Emission Trading Scheme comunitario, che copre grosso modo solo la metà delle emissioni del vecchio continente. L’eventualità che una carbon tax venga adottata a livello europeo appare più vicina? New Energy Finance pubblica, a questo proposito, una bozza di direttiva in materia, fatta trapelare da fonti comunitarie. La nuova tassa sulla CO2, secondo il documento, entrerebbe in vigore dal primo gennaio 2013 e andrebbe a pesare, in proporzioni differenziate, sulle varie fonti fossili nei settori non coperti dall’ETS. La benzina, ad esempio, sarebbe gravata di un’addizionale di 30 euro per tonnellata di CO2, mentre il gasolio per riscaldamento di 10 €/tonnellata. Eccezioni “transitorie” sarebbero previste nel primo periodo, come ad esempio l’esenzione dalla tassa per le aziende che investano in tecnologie a bassa intensità di CO2.

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La proposta, logicamente, dovrà essere perfezionata, ma – sottolineano le fonti di New Energy Finance – è perfettamente in linea con i principi del Libro Verde Ue del 2007 sugli strumenti di mercato per l’ambiente. In ogni caso difficilmente sarà presentata prima dell’anno prossimo e dovrà scontrarsi con opposizioni determinate, come quella della Gran Bretagna, il cui governo ritiene più efficaci della tassa  meccanismi basati sul mercato delle emissioni, come il Carbon Reduction Commitment, che partirà nel 2010 e che in pratica istituisce (a livello nazionale) un sistema di permessi a emettere scambiabili, anche le attività più energivore (ad esempio per ospedali e centri commerciali),escluse dall’ETS europeo.

Convinto assertore della carbon tax è invece il presidente di turno Ue, lo svedese Fredrik Reinfeldt, come pure il commissario per l’ambiente Stavros Dimas. In Svezia la tassa sulla CO2 è in vigore dal 1991 e in questi anni è salita da 27 euro a tonnellata a 114, tanto da essere ritenuta tra i principali motivi della grande diffusione nel paese dell’uso di biomassa (che ne è esentata) . Quest’anno all’elenco degli Stati che hanno scelto la carbon tax si è poi aggiunta la Francia (vedi Qualenergia.it “In Francia rispunta la carbon tax”), che, previa approvazione del Parlamento, adotterà la misura dall’anno prossimo.

Oltralpe sia i privati che le aziende (escluse quelle coinvolte nell’ETS europeo) pagheranno sulle fonti fossili una tassa pari a 17 euro a tonnellata di CO2. Un prelievo che sarà compensato da riduzioni su altre forme di tassazione, come quella sul lavoro, in modo da non aumentare la pressione fiscale, ma che sta raccogliendo critiche da entrambi i fronti: quello di chi teme che comprometta la competitività delle aziende e quello di chi giudica l’importo insufficiente per ridurre realmente le emissioni.

Tra gli Stati europei i cui governi hanno espresso un interesse generico per la carbon tax, la Spagna di Zapatero e l’Irlanda. Mentre rilevante è il fatto che l’ipotesi cominci ad essere ventilata anche in Cina. La notizia viene dalle dichiarazioni ai media dell’economista del Comitato per le politiche monetarie cinese, Fang Gang. La proposta sarebbe quella di imporre a partire dal 2013 una tassa – inizialmente di 10 yuan (circa 1 euro) per tonnellata di CO2 da innalzare fino a 400 yuan (circa 40 euro) a tonnellata – che vada a gravare sui combustibili fossili usati per la produzione di elettricità e nelle industrie più energivore.

Una soluzione che permetterebbe al gigante asiatico di difendersi da eventuali politiche protezionistiche adottate da altri paesi nell’ambito della lotta alle emissioni. Prima fra tutte la possibilità, contenuta nel Climate Bill americano, che negli Usa si tassino le importazioni da paesi che non mettano in atto politiche di riduzione dei gas serra. Il WTO, l’organizzazione mondiale per il commercio, infatti permette che si mettano tasse sull’import legate alle emissioni, ma vieta di tassare due volte lo stesso prodotto per lo stesso motivo: se la Cina adottasse una carbon tax in casa, nessun’altro Stato potrebbe imporre dazi alle sue esportazioni giustificandoli con la lotta al global warming.

GM

25 settembre 2009

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