L’Italia verso Copenhagen. E oltre.

  • 1 Ottobre 2009

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Si raggiungerà un accordo internazionale sul clima a Copenhagen? E questo cosa significherà per il nostro paese in termini di opportunità e impegni per la lotta alle emissioni? Se ne è parlato a ZeroEmission Rome in una delle conferenze d'apertura, " Countdown to Copenhagen. Verso un'economia a bassa emissione di carbonio".

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Cosa succederà a dicembre a Copenhagen? E il nostro paese, come si sta preparando alla sfida? L’incombente vertice internazionale che si aprirà tra poco più di due mesi sarà decisivo per il futuro del pianeta e le decisioni che vi si prenderanno avranno ricadute enormi sul mercato della CO2 e sul mondo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Logico, dunque, che a ZeroEmission Roma – l’evento internazionale dedicato all’energia pulita, sostenibilità e low-carbon, partito ieri e che si concluderà venerdì – l’argomento sia centrale in gran parte dei convegni in programma.

Si è partiti proprio parlando di Copenhagen anche all’appuntamento di ieri mattina “Countodwn to Copenhagen. Verso un’economia a bassa emissione di carbonio”, una delle conferenze di apertura dell’evento. Si arriverà a decisioni chiare e definite al vertice di dicembre? E che conseguenze avranno sulle politiche da adottare nel nostro paese? Domande a cui il chairman dell’incontro Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Qualenergia.it e del Kyoto Club, ha dato risposte cautamente ottimistiche. Ci sarebbe “un clima positivo” dato dalle le nuove posizioni di molti grandi a livello internazionale: dall’inversione a “U” della nuova amministrazione americana rispetto all’era Bush, alla recente apertura cinese, fino ai nuovi impegni annunciati da paesi come il Giappone e l’Australia. Ma l’accordo potrebbe non arrivare a dicembre: “Può essere che a Copenhagen si definisca solo una road map per una riduzione delle emissioni, la mia impressione è che un accordo si raggiungerà solo nel corso del 2010″.

Per il nostro paese – ha sottolineato Silvestrini – un accordo sul clima vorrà dire obiettivi più ambiziosi sulle emissioni e, dunque, la necessità di puntare ancora di più su rinnovabili ed efficienza. Campi nei quali si può fare molto: “il potenziale energetico dell’efficienza energetica in Italia è pari all’intera riserva di gas del paese”, mentre fonti rinnovabili come il fotovoltaico sono avviate a passo spedito verso la grid parity: “il Sud-Italia, assieme alla California, grazie all’ottima insolazione e ai costi alti dell’energia, è una delle due aree al mondo in cui il solare diventerà per primo competitivo con le fonti tradizionali”. Occorre però “creare un’industria nazionale, usando i finanziamenti europei, non solo per favorire le installazioni degli impianti a rinnovabili ma anche e soprattutto per far partire le imprese”.

Alla conferenza, tra i numeri forniti da ENEA e Autorità per l’Energia su potenzialità e costi di rinnovabili ed efficienza contro le emissioni, anche il vicepresidente di Confindustria, Antonio Costato, ha parlato della necessità di un “rinascimento verde”, nel quale l’associazione padronale vede anche il nucleare. Da notare comunque, nell’intervento di Confindustria, l’appello affinché si realizzino innanzitutto nuove infrastrutture per gestire l’energia già in produzione. Appello reso efficace da un esempio: ” In Calabria il prezzo medio dell’elettricità delle ultime due settimane è stato di 57 euro a megawattora, in Sicilia di 122. Abbiamo impianti efficienti fermi in Calabria e contemporaneamente un prezzo dell’energia altissimo in Sicilia. E questo semplicemente perché manca un collegamento per trasferire l’elettricità dal continente all’isola”.

Molto articolato, infine, l’intervento del direttore generale del ministero dell’Ambiente Corrado Clini. Parlando delle difficoltà del Senato Usa per far passare la legge sul clima, Clini non ha risparmiato critiche all’ Emission Trading Scheme europeo che obbligherebbe “il nostro paese ad acquistare quote da paesi che hanno saputo contrattare meglio in sede europea”. Anche nei negoziati internazionali secondo Clini “l’Europa ha espresso una posizione debole”. Più significativa sarebbe stata la proposta portata alla conferenza Onu da Sarkozy: “carbon tax, che esclude il nucleare e politiche fiscali che che penalizzino l’import da paesi che non accettino di tagliare la CO2” oppure la posizinoe brasiliana. di “esportare un’economia basata sui biocarburanti e per la quale occorre lavorare alla rimozione di certi ostacoli, come i dazi sulle importazioni dei biocarburanti”.

Sull’esito possibile di Copenhagen invece Clini pare disilluso: anche se si ottenessero impegni significativi – è il succo del suo discorso – senza pensare a come raggiungerli questi rischiano di restare sulla carta. Così a livello europeo “contano poco gli obiettivi in materia di rinnovabili, efficienza o emissioni se poi manca una strategia europea sull’energia e le politiche comunitarie sono in contraddizione con quelle degli Stati membri”. A fronte di scelte verso il cambiamento e le rinnovabili a livello europeo, fa notare il dirigente, “i paesi dell’Unione vogliono la continuità del sistema attuale”. Un nodo da sciogliere assolutamente.

GM

30 settembre 2009

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