La Francia contaminata

  • 29 Settembre 2009

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Almeno 300 milioni di tonnellate di detriti radioattivi dell'industria estrattiva dell'uranio sono stati abbandonati e utilizzati in Francia per realizzare terrapieni, strade e parcheggi. Senza alcun controllo e con gravi rischi per la salute. Come una filiera segreta e di Stato ha smaltito le sue scorie. Un'inchiesta di France 3, sconosciuta al grande pubblico italiano.

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Quanta radioattività c’è nei terreni, nei materiali utilizzati per le infrastrutture pubbliche, nei fiumi della Francia? Poche settimane fa è stata realizzata un’inchiesta televisiva di France 3 (vedi video in basso) che, riprendendo anche alcune passate inchieste giornalistiche, denuncia l’elevatissimo livello di radioattività di molte aree rurali e urbane (circa 80 siti) del paese transalpino a causa di massiccio utilizzo di materiali di scarto delle miniere di uranio per realizzare terrapieni, strade e parcheggi.

Una sorta di smaltimento a costo zero di materiali e detriti, definiti sterili (ma affatto innocui) che stanno procurando un danno sanitario che inizia ad assumere una notevole gravità. L’unico laboratorio francese indipendente che si occupa di ricerca e informazione sulla radioattività (CRIIRAD) lo ha denunciato da un paio di anni alle autorità e all’opinione pubblica. Sono state individuate infatti aree con una radioattività di 60-100 volte superiore a quella naturale. Nel marzo del 2007 il CRIIRAD ha pubblicato un primo rapporto in cui si stimava un totale di circa 225mila tonnellate di materiali di scarto dell’industria Cogema (Compagnia Generale delle materie radioattive) sotterrati nell’area dello stadio nella cittadina di Gueugnon con grande sorpresa ed inquietudine degli abitanti. Ma di queste sorte di discariche ne esistono moltissime in tutta la Francia e i cittadini fino a poco tempo fa erano tenuto all’oscuro sulla loro pericolosità. Insomma, dopo quasi tre decenni viene rivelato un segreto di Stato che sta procurando, e lo farà per molto tempo ancora, danni alla salute della popolazione coinvolta.

Un problema, quello dello smaltimento abusivo e criminale delle scorie, e in generali di rifiuti tossici, che in questi giorni è stato portato all’attenzione degli italiani, con il caso della nave dei veleni affondata a largo delle coste della Calabria. Un esempio che dimostra, se ne ce fosse ancora bisogno, come gli interessi economici passano sulle vite delle persone e sono la conseguenza di anni di connivenze tra multinazionali, politica e criminalità organizzata.
Ma lo scandalo francese della contaminazione di decine di siti , trascurato dalla stampa e Tv italiana, ci dimostra anche qualcosa di più, e cioè che in tema di nucleare nessuno deve disturbare il manovratore, cioè lo Stato.

In più di 25 dipartimenti della Francia sono state abbandonate circa 300 milioni di tonnellate di rifiuti radioattivi e senza alcun controllo. Tra il 1946 e il 2001 sul territorio francese sono state sfruttate a pieno regime circa 210 miniere di uranio per fornire materia prima alle centrali nucleari nazionali e alle bombe atomiche. Dal 1999, forse molto prima, è stata tralasciata ogni forma di controllo sulle scorie radioattive prodotte nella filiera nucleare, per non parlare dei controlli sanitari sui minatori, gran dei quali sono deceduti precocemente per malattie collegate all’estrazione e al contatto con i raggi gamma. Ma solo oggi si sta valutando il reale impatto sulla salute delle popolazioni.

La denuncia che emerge dall’inchiesta di France 3 è che nella realtà chi effettua i controlli dovrebbe essere invece il controllato. Gli scarti sono stati abbandonati principalmente dal CEA (Commissariato dell’energia atomica) e dalla Cogema, due aziende statali, che in questi decenni hanno potuto operare liberamente e senza alcun limite. La Cogema da tre anni è diventata Areva, il principale operatore nucleare francese, che, ad oggi, non sembra volersi assumere le responsabilità della situazione. Mentre alcune aree vengono misteriosamente recintate e non rese di pubblico accesso, altre vengono lasciate disponibili alle popolazioni. Inoltre, non si parla di ripulire, dove possibile, i siti più inquinati. Ma Areva nega soprattutto la pericolosità di queste aree, o prende tempo, oppure scarica le responsabilità sull’amministrazione pubblica in merito alle decisioni di recintare le zone a rischio o informare i cittadini. Così come non prende atto, e questo è chiaramente dimostrato dalle domande dell’intervistatrice ad un portavoce della compagnia, di uno studio dell’Istituto di Radioprotezione e sicurezza nucleare (IRSN) che afferma come prolungate esposizioni a basse dosi di radioattività possano creare nella popolazione problemi ai reni, di respirazione, di comportamento, di alimentazione e di riproduzione.

Questi detriti, scarti delle miniere d’uranio, sono stati smaltiti gratuitamente o a costi bassissimi, senza informare della loro pericolosità. Società statali, privati ed aziende li hanno utilizzati per 25 anni anche per costruirvi sopra edifici, ovviamente oggi non più commerciabili.

Imbarazzante è la posizione dell’ASN, l’organismo di Stato che è incaricato del controllo del nucleare, della protezione della popolazione e della loro informazione. Per il suo presidente, in carica da oltre 15 anni, non c’è alcun motivo di timore; al limite il caso dovrebbe essere esaminato con più preparazione e con più cura. Dopo 20 anni e più? Ma chi più dell’ASN potrebbe farlo? Anche qui non viene nemmeno preso in considerazione il cosiddetto principio di precauzione.

In questi anni la politica sapeva? Certamente sì, visto che 18 anni fa era stato realizzato un rapporto a cura del capo del consiglio per la sicurezza delle informazioni nucleari in cui, in un capitolo, veniva evidenziato che il problema scorie era stato ampiamente sottovalutato, in particolare la nocività dei cosiddetti “discendenti dell’uranio” (torio, radio 226, ecc.). Ma questo rapporto, e non sarà l’unico, verrà accantonato dai ministri di turno. Il nucleare è una questione riservata solo per le alte sfere dello Stato. E in cima c’è sempre Areva (azienda di stato con le sue differenti ragioni sociali nel tempo). L’industria nucleare non può avere alcun ostacolo, è un terreno coperto dal segreto e dagli interessi statali e delle grandi aziende energetiche. E se poi accade qualcosa di storto è solo un effetto collaterale.
La mancanza di trasparenza di questa pericolosa filiera deve far riflettere anche il nostro paese e i nostri cittadini. La responsabilità sociale di questo settore, è dimostrato, non esiste.

Uranium – Le scandale de la France contaminée (video con versione con sottotitoli in italiano)

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LB

29 settembre 2009

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