Le strade tortuose del gas di domani

  • 26 Luglio 2009

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Il Nabucco, gasdotto che l'Europa vorrebbe per liberarsi dal monopolio russo, procede ma incontra difficoltà: mentre la Turchia aquista più potere diventano determinanti Iran e Iraq. Intanto il progetto della nuova condotta Gazprom, il Southstrem, appoggiato da Eni, procede, e darebbe un grande potere alla Serbia. Le tensioni geopolitiche sono l'altro effetto collaterale delle fonti fossili.

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Nabucco o South Stream: per quale dei due gasdotti in fase di progettazione passerà il gas che scalderà gli inverni europei? E quali conseguenze avrà sugli equilibri politici la strada che prenderàquesto combustibile, il meno inquinante tra i fossili? Che le rotte del gas abbiano una grande importanza negli equilibri politici tra Stati è abbastanza chiaro: l’ultimo episodio che ce lo ricorda è la crisi del gennaio scorso, quando Mosca in seguito a tensioni con l’Ucraina ha chiuso i rubinetti, facendo tremare l’Europa intera.

La crisi del gas, d’altra parte, è diventata negli ultimi anni quasi una ricorrenza stagionale, con il Cremlino che non esita a usare i gasdotti come strumento di pressione politica, forte della dipendenza europea verso il gas russo. Dipendenza che l’Europa vorrebbe rompere aprendo una nuova via per fare arrivare il combustibile dalla zona caspica, sfuggendo al monopolio di Gazprom, che controlla quasi 150mila chilometri di gasdotti: è il Nabucco, la nuova condotta che dovrebbe trasportare 31 miliardi di metri cubi di gas del Caspio per 3.800 km attraverso lo stretto corridoio strategico tra Iran e Russia, passando per la Turchia e i Balcani.

Un progetto che ultimamente ha ricevuto una forte spinta con la firma di un accordo  tra Turchia, Bulgaria, Ungheria e Austria. Parallelamente però procede anche il disegno di un gasdotto “rivale”: il Southstream della russa Gazprom, che attraverserebbe il Mar Nero, e passerebbe per la Bulgaria: un progetto che, come si legge sul sito Gazprom “nasce per garantire la sicurezza energetica dell’Europa” e che ha tra i partner, assieme alle aziende di Serbia, Bulgaria e Grecia, la nostra Eni.

Due gasdotti la cui realizzazione – spiega Ian Barcroft sul Guardian – influirà non solo sull’indipendenza energetica del vecchio continente, ma anche sull’equilibrio politico dei Balcani e sul processo di allargamento dell’Ue. Il Nabucco, infatti, passando per la Turchia farebbe aquisire al paese un ruolo determinante, anzi usando le parole del premier Recep Tayyip Erdogan “eleverebbe la Turchia a una posizione determinante”, mentre per Manuel Barroso “inaugurerebbe una nuova era per le relazioni tra Turchia ed Europa”.

Insomma, il Nabucco avvicinerebbe la Turchia all’Europa, anche se, scrive Barcroft, “resta dubbio che la nuova importanza strategica sia sufficiente a vincere le resistenze di paesi come Cipro o la Francia a una sua eventuale entrata nell’Ue”. I primi disaccordi, d’alta parte sono già nati sia tra Turchia e Ue che tra Turchia e Azerbaijan, per la richiesta turca – non accolta – di avere il 15% del gas in transito a prezzi scontati. E gli ostacoli sulla via del Nabucco – che avevamo già raccontato quest’inverno – ora sembrano addirittura aumentati: da dove arriveranno i fondi e soprattutto il gas per riempirlo.

Due tra i fornitori principali del nuovo gasdotto “anti-russo”, infatti, dovrebbero essere Azerbaijan e Turkmenistan, ma il primo ha firmato a giugno un accordo per vendere gas alla Russia dal 2010 in poi, mentre il secondo ha appena siglato un contratto trentennale con la Cina. In questo modo diventano fondamentali le riserve di gas di Iran e Iraq.

Meno difficoltà invece sta incontrando il progetto del Southstream di Gazprom, con cui Eni il 15 giugno ha firmato un accordo in cui si stabilisce di aumentare la portata rispetto a quanto previsto inizialmente. L’inclusione della Serbia nel progetto le darà un ruolo fondamentale nei balcani: tramite un accordo tra la compagnia di stato serba Gaspromet, e la compagnia della Republika Srpska (la repubblica serba che comprende il 49% della Bosnia Herzegovina), la Serbia in pratica controllerà l’accesso al gas della Bosnia-Herzegovina.

C’è tanta geopolitica dietro alle due possibili strade che il gas seguirà. Caratteristica delle fonti fossili, d’altra parte, è quella di produrre tensioni per il controllo sull’acceso delle riserve. Superfluo fare altri esempi, come quello dell’invasione dell’Iraq. Un motivo in più per sperare in un mondo alimentato il più possibile a rinnovabili, disponibili in loco e virtualmente illimitate: zero emissioni e molte meno tensioni internazionali.

GM

27 luglio 2009

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