G8 clima, quegli obiettivi così lontani

  • 9 Luglio 2009

CATEGORIE:

Gli "Otto grandi" si accordano per un impegno di riduzione delle emissioni dell'80% al 2050, ma non riescono a coinvolgere i paesi emergenti sull'obiettivo globale del meno 50%. Tutti concordi invece sulla necessità di restare sotto i due gradi di temperatura media. Suscita però perplessità la mancanza di obiettivi a breve e medio termine, cioè al 2020.

ADV
image_pdfimage_print
Un obiettivo lontano nel tempo, senza traguardi a medio termine e non condiviso da paesi importanti come le grandi potenze asiatiche. Pare deludere in parte le speranze iniziali l’accordo sul clima delineato ieri alla riunione dei G8+5 (India, Cina, Messico, Brasile e Sud Africa) e che oggi verrà ratificato dalla riunione dei paesi più inquinatori al mondo, i 17 del Major Economies Forum. L’elemento positivo è che per la prima volta gli 8 grandi si sono impegnati a ridurre le emissioni dell’80% entro il 2050, anche se con un punto di riferimento vago: “dai livelli del 1990 o anni successivi”. L’altro importante passo avanti è che per la prima volta tutti i paesi riuniti a L’Aquila, e per la prima volta anche gli Stati Uniti, hanno riconosciuto la necessità di mantenere il riscaldamento del pianeta entro i due gradi, la soglia massima secondo l’IPCC per evitare le conseguenze peggiori.

Il punto critico resta quello del coinvolgimento delle nuove potenze emergenti, essenziale per fermare il riscaldamento globale, oltre che per raggiungere un accordo a Copenhagen. E’ andata delusa la speranza di riuscire a far sottoscrivere anche ai paesi in via di sviluppo, l’impegno a tagliare del 50% emissioni globali entro il 2050. India, Cina e Brasile hanno chiarito di non voler prendere impegni prima di vedere i paesi ricchi darsi obiettivi più dettagliati; l’argomento è sempre lo stesso: quello della maggior responsabilità delle nazioni di prima industrializzazione per l’effetto serra. Altro punto importante: i paesi emergenti avrebbero voluto che al vertice si parlasse dell’ammontare del fondo internazionale per aiutare i paesi poveri nella lotta al global warming, cosa che non è stata fatta.

In merito al fondo per i Pvs, l’unico ad arrivare al G8 con una proposta concreta era stato Gordon Brown, che ipotizzava di stanziare 100 miliardi di dollari all’anno, e che comunque si è detto soddisfatto del risultato globale del vertice: “un passo storico con cui si sono messe le fondamenta per Copenhagen“. Meno contente le associazioni ambientaliste secondo le quali l’accordo sul contenimento entro i 2 gradi rischia di essere vanificato dalla mancanza di obiettivi intermedi: “se non stabiliscono un percorso per raggiungere l’obiettivo, l’impegno per stare entro i 2 gradi andrà ad unirsi alla lunga lista delle promesse non mantenute. C’è bisogno di un ambizioso impegno a medio termine per il 2020 da parte delle nazioni ricche”, commenta Kim Cartensen direttrice dell’iniziativa internazionale sul cambiamento climatico del WWF.

Le critiche sulla distanza dall’obiettivo dei grandi arrivano da diverse parti: “Rimandare gli obiettivi della riduzione delle emissioni al 2050 vuol dire solo non affrontare il problema”, commenta Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente. Per Roberto Della Seta senatore del Pd e capogruppo in commissione Ambiente anche se “la condivisione di obiettivi ambiziosi di riduzione della CO2 al 2050 è incoraggiante, servono obiettivi a più breve scadenza”. L’obiettivo del 50% al 2050, che il Ministro Franco Frattini ha definito ” estremamente ambizioso”, d’altra parte, oltre che troppo lontano nel tempo, per qualcuno sarebbe anche troppo modesto. È questa la posizione del giornalista Fred Pearce, esperto di clima,  che in un articolo su New Scientist lo definisce frutto di “analfabetismo scientifico”.

Negli ultimi anni, scrive Pearce, la scienza ha ripetutamente rivisto al ribasso la concentrazione massima di CO2 in atmosfera necessaria per far restare la temperatura sotto i due gradi: 10 anni fa si parlava di 550 parti per milione, 5 anni fa la soglia è stata abbassata a 450 ppm, ora in molti sono convinti che per evitare che il termometro salga di oltre 2 gradi bisogna stare sotto alle 350 ppm. Al momento abbiamo una concentrazione attorno alle 390 ppm. Occorrerebbe un taglio delle emissioni di tutto il pianeta, non del 50%, ma dell’80% se non del 100%. Purtroppo la politica è molto più lenta della scienza nel capire i problemi  e, come il vertice in corso sta dimostrando, ancora più lenta ed esitante nel disporre i rimedi.

GM

9 luglio 2009

Potrebbero interessarti
ADV
×