Il punto critico resta quello del coinvolgimento delle nuove potenze emergenti, essenziale per fermare il riscaldamento globale, oltre che per raggiungere un accordo a Copenhagen. E’ andata delusa la speranza di riuscire a far sottoscrivere anche ai paesi in via di sviluppo, l’impegno a tagliare del 50% emissioni globali entro il 2050. India, Cina e Brasile hanno chiarito di non voler prendere impegni prima di vedere i paesi ricchi darsi obiettivi più dettagliati; l’argomento è sempre lo stesso: quello della maggior responsabilità delle nazioni di prima industrializzazione per l’effetto serra. Altro punto importante: i paesi emergenti avrebbero voluto che al vertice si parlasse dell’ammontare del fondo internazionale per aiutare i paesi poveri nella lotta al global warming, cosa che non è stata fatta.
In merito al fondo per i Pvs, l’unico ad arrivare al G8 con una proposta concreta era stato Gordon Brown, che ipotizzava di stanziare 100 miliardi di dollari all’anno, e che comunque si è detto soddisfatto del risultato globale del vertice: “un passo storico con cui si sono messe le fondamenta per Copenhagen“. Meno contente le associazioni ambientaliste secondo le quali l’accordo sul contenimento entro i 2 gradi rischia di essere vanificato dalla mancanza di obiettivi intermedi: “se non stabiliscono un percorso per raggiungere l’obiettivo, l’impegno per stare entro i 2 gradi andrà ad unirsi alla lunga lista delle promesse non mantenute. C’è bisogno di un ambizioso impegno a medio termine per il 2020 da parte delle nazioni ricche”, commenta Kim Cartensen direttrice dell’iniziativa internazionale sul cambiamento climatico del WWF.
Le critiche sulla distanza dall’obiettivo dei grandi arrivano da diverse parti: “Rimandare gli obiettivi della riduzione delle emissioni al 2050 vuol dire solo non affrontare il problema”, commenta Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente. Per Roberto Della Seta senatore del Pd e capogruppo in commissione Ambiente anche se “la condivisione di obiettivi ambiziosi di riduzione della CO2 al 2050 è incoraggiante, servono obiettivi a più breve scadenza”. L’obiettivo del 50% al 2050, che il Ministro Franco Frattini ha definito ” estremamente ambizioso”, d’altra parte, oltre che troppo lontano nel tempo, per qualcuno sarebbe anche troppo modesto. È questa la posizione del giornalista Fred Pearce, esperto di clima, che in un articolo su New Scientist lo definisce frutto di “analfabetismo scientifico”.
GM
9 luglio 2009